CATANZARO Tre operazioni antimafia contro le cosche del crotonese, in ordine cronologico “Jonny”, “Thomas” e “Farmabusiness” e due ispezioni da parte di Banca d’Italia, nel 2016 e nel 2020, avevano portato chiari indizi sull’andazzo nella Bcc del Crotonese: clienti impastati con le cosche, non ultimi la figlia del boss Nicolino Grande Aracri, Elisabetta, e Gaetano Le Rose, entrambi tratti in arresto nel corso dell’operazione “Farmabusiness”. L’operazione Thomas aveva fatto emergere la figura dell’ex presidente (deceduto a settembre 2021) Ottavio Rizzuto (indagato per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa). I riflettori della Guardia di finanza di Crotone si accendono anche sull’ex presidente del collegio sindacale della Bcc del Crotonese, Vincenzo Mungo, per il quale emergono «rapporti di parentela con il figlio del capo della cosca di ‘ndrangheta Arena – essendo cognato (tramite la sorella della moglie) di Pasquale Arena, figlio del defunto Francesco Arena – nonché i compensi da quello percepiti per la propria attività (servizi contabili e fiscali da ragionieri e periti commerciali) da numerose imprese legate ai Giordano o Arena (indagati nell’inchiesta Jonny)».
I giudici annotano: «Ciononostante, il Mungo non ha mai comunicato all’organo di vigilanza, nonostante espressa richiesta in tal senso, i propri legami con la cosca degli Arena».
Quando con l’operazione Farmabusiness viene fuori che Elisabetta Grande Aracri e Gaetano Le Rose «figuravano come clienti della Bcc sia come persone fisiche che come persone giuridiche, mediante le loro attività economiche», gli inquirenti registrano i commenti tra il presidente del consiglio di amministrazione Pierfilippo Verzaro e l’ex responsabile dell’antiriciclaggio Pierpaolo Caligiuri. Il rischio antiriciclaggio della figlia del boss era “irrilevante”.
«Ma come è possibile una cosa del genere?», chiede Verzano. Caligiuri promette di alzare subito il rischio: «… è scappata presidé… me ne sono accorto l’altro giorno e infatti l’ho alzato subito». Verzano è preoccupato: «si cioè, ma veramente questi so, questi so buchi ancora… cioè… in Banca d’Italia sta roba, secondo me ci pigliano a calci nei culo…».
Ma secondo i giudici Tribunale di Catanzaro, misure di prevenzione, che hanno decretato che la Bcc venga governata dagli amministratori giudiziari, dalle indagini eseguite dalla Dda di Catanzaro «emerge in maniera chiara ed inequivocabile il legame parentale tra Elisabetta Grande Aracri ed il padre Nicolino, nonché il ruolo di primissimo piano assunto dalla donna quale referente del padre nella gestione e risoluzione delle controversie sorte con, la famiglia Nicoscia per la gestione del condominio Porto Kaleo (e qui emerge un’altra inchiesta antimafia: “Malapianta”, ndr)».
Quando Banca d’Italia chiede in segnale di “discontinuità col passato”, avviene qualche cambio al vertice ma – scrivono i giudici nel decreto che dispone l’amministrazione giudiziaria – si tratta di «una operazione di facciata, finalizzata a dare sfogo alle richieste della Banca d’Italia» che aveva chiesto la rimozione di Pierpaolo Caligiuri («già uomo di fiducia del Rizzuto») quale responsabile Aml (Anti money laundering, in due parole l’antiriciclaggio). Caligiuri viene sostituto con Luigi Aceto ma quest’ultimo «appare come una figura non in grado di svolgere i compiti che la funzione dal medesimo ricoperta richiede e, di fatto, manovrata dal Caligiuri, con la consapevolezza dell’attuale presidente del cda Pierfilippo Verzaro, il quale, ancorché cerchi di allontanare da sé l’attenzione, non appare esente da responsabilità, avendo, tra l’altro, avallato la “riassegnazione”» dei compiti dell’antiriciclaggio all’ex titolare dell’incarico, Pierpaolo Caligiuri.
Lo testimonierebbero le stesse intercettazioni dei protagonisti della vicenda. Il 28 giugno 2020 ci sono le elezioni per il rinnovo delle ’ cariche aziendali. Viene eletto Verzaro nuovo presidente del consiglio di amministrazione. Il 16 settembre si tiene una seduta alla quale partecipano anche Caligiuri e Aceto. Dopo la seduta, Caligiuri critica l’intervento del presidente «il quale gli avrebbe assegnato un incarico operativo sebbene non svolga più il ruolo di responsabile della funzione antiriciclaggio: “poi il presidente è un figlio di puttana… hai visto che ha detto?… ha detto “no fatelo fare a Pierpaolo… Pierpaolo che è abbastanza bravo”». Secondo i giudici «La circostanza che Pierpaolo Caligiuri continui a svolgere la funzione di responsabile Aml “di fatto” de la Bcc del Crotonese – anche a distanza di mesi dal suo avvicendamento – è testimoniata» da conversazioni nella quali emerge, addirittura, «l’utilizzo improprio da parte del Caligiuri delle credenziali di Luigi Aceto di accesso ai sistemi informatici della banca con la consapevole connivenza di quest’ultimo».
La vicenda viene sintetizzata dallo stesso Caligiuri a un collega: «Mi hanno detto ti dobbiamo togliere ma rimani». Insomma, a detta dello stesso Caligiuri, l’Iccrea – (Istituto Centrale del Credito Cooperativo), ovvero l’istituto al vertice delle Bcc, che le dirige e le coordina – lo ha trattato bene. «l’Iccrea a me mi ha difeso compà, te lo posso assicurare. A me l’Iccrea m’ha lasciato la responsabilità di Montepaone e m’ha detto… “Pierpà tu rimani qui in banca, metto Luigi come prestanome, ma la fatica la devi fare tu, perché Luigi non è cazzo suo”», queste le parole che avrebbe detto a Caligiuri Giancarlo Varola, (Chief Aml officer di Iccrea).
Secondo i giudici il presidio antiriciclaggio era «totalmente fuori controllo» a causa di un atteggiamento «di asservimento e costante passività compiacente» che ha portato la Bcc a omettere di intervenire «per sanare le innumerevoli patologie, lasciando che le stesse si protraessero nel tempo». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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