L’autoritarismo russo e quello cinese piacciono all’Occidente. Un’invidia furente attraversa i governi delle democrazie europee. Russia e Cina sono divenuti oggetti del desiderio. La ragione è semplice: i governi di quei paesi possono fare quel che gli pare senza che nessuno, al loro interno, riesca ad opporsi in modo efficace. E questo accade proprio grazie ai sistemi autoritari che essi, con le dovute differenze, sono riusciti ad instaurare. Si decide di chiudere tutti a casa durante la pandemia? In Cina incarcerano o giustiziano sul posto chiunque trasgredisca. Non si vogliono i missili Nato sul confine? In Russia schierano l’esercito e invadono lo stato confinante. Questo, e molto altro, quei governi possono farlo con una facilità impressionante. Grazie all’imposizione dell’autorità.
Cosa accade invece, nelle democrazie occidentali? Qualunque cosa faccia un governo, c’è sempre un’opposizione che sbraita, una stampa che critica, una satira che morde, un’informazione che contro-informa, una magistratura che smonta l’azione delle pubbliche amministrazioni.
Già. Ma è stato così solo sino ad un paio di anni fa. Dacché il virus ha messo in discussione il delirio di onnipotenza dell’Homo sapiens, le democrazie occidentali, per coprire le disfunzioni del loro sistema economico e sanitario (entrambi colpevolmente inadeguati a questo genere di stress test), hanno virato verso forme autoritarie, meno gravi di quelle cinesi e russe ma più subdole. Non vuoi stare in casa? Ecco la sanzione per chi corre in un parco. Non vuoi immunizzarti? Ecco il pass obbligatorio. Sei contrario alle politiche sanitarie governative? Vieni bollato come complottista, terrapiattista, no-vax, anche se sei immunizzato. Poi, a strettissimo giro è giunta – con finta sorpresa di tutti – la guerra in Ucraina. E nell’occasione sono subito proseguiti i sistemi già adottati durante la pandemia. Vuoi sostenere che la responsabilità della guerra è anche della Nato, che il conflitto poteva essere evitato, che Zelensky è una fantoccio degli USA? Vieni tacciato di essere un giustificazionista delle atrocità di Putin. Esprimi opinioni dissonanti sui media? Vieni bloccato, scacciato da Facebook e You-tube, assalito da giornalisti idrofobi nei talk televisivi. Nel complesso, i grandi organi di informazione ricevono ed applicano i diktat dei governi ed i partiti sono chiamati ad un sostanziale allineamento fra maggioranza ed opposizione in nome dell’emergenza. Non era mai accaduto in Occidente dalla fine della seconda guerra mondiale. Da qui l’invidia per Russia e Cina, dove l’autoritarismo è ordinaria amministrazione, risolve i problemi in radice.
La prova di quanto passa nella testa della nostra classe dirigente sta in una sintomatica quanto sincera dichiarazione che Mario Monti fece nel corso della puntata del 27.11.2021 di “In onda” su La7. Dinanzi agli ilari conduttori, De Gregorio e Parenzo, Monti dichiarò testualmente: “Il modo in cui è organizzato il nostro mondo è desueto, non serve più […]. Occorre una politica di comunicazione adatta alla guerra […] Occorrerà trovare un sistema che dosi dall’alto l’informazione […] un dosaggio dell’informazione […] trovare delle modalità meno democratiche di somministrazione dell’informazione.” Bontà sua, l’uomo di Stato, senatore a vita, ex commissario europeo, “commissario liquidatore” della sovranità italiana quando fu capo del governo, vorrebbe “somministraci” l’informazione (notare il lessico farmacologico) come se fossimo tutti dei poveri matti ai quali si dà la pillolina del neurolettico per farli stare zitti e buoni. Stai sereno, Mario, non c’è bisogno di ipocrisie: basta prendere esempio da Russia e Cina.
Eppure due grandi uomini di cultura, il giornalista uruguaiano Edoardo Galeano ed il letterato bosniaco Pedrag Matvejevic, avevano intuito, ancor prima della pandemia e della guerra, che le democrazie occidentali sono spesso portatrici, in sé stesse, di elementi contraddittori. Tant’è che le definivano “democrature” (vocabolo ormai entrato a pieno titolo nei dizionari), ossia un fritto misto di elementi libertari e di imposizioni autoritarie, democrazie a bassa intensità, vuote, illiberali, pseudo-democrazie insomma.
Ora, il più importante elemento contraddittorio di una democratura è il voto, divenuto “sostanzialmente inutile”. Già, perché i governi delle democrature occidentali – Italia in primis – possono distinguersi, a seconda del colore politico o del nome delle coalizioni, per qualche preferenza concreta (tipo i diritti dei gay o lo jus soli), ma non certo per impostazioni di fondo, per sistemi di riferimento, per grandi riforme. Da qui la sostanziale omologazione politica, la sensazione, sempre più diffusa fra la gente, che votare sia inutile. E da qui anche l’aggravarsi dell’astensionismo elettorale.
Tutto questo lo aveva ben compreso, in tempi non sospetti, lo storico Tony Judt nel suo libro “Guasto è il mondo”, del 2010 (edito in Italia da Laterza). “In America del Nord e in Europa occidentale – scriveva Judt – ci culliamo nell’idea che democrazia, diritti, liberalismo e progresso economico siano inestricabilmente legati fra loro. Ma per la maggior parte delle persone, la legittimità e la credibilità di un sistema politico poggiano non tanto sulle pratiche liberali o sulle forme democratiche, bensì sull’ordine e sulla prevedibilità. Un regime autoritario stabile, per la maggioranza dei cittadini, è molto più desiderabile di uno stato democratico allo sbando. […] Con il crescere delle minacce globali, crescerà inevitabilmente anche il desiderio di ordine”. Ora, forse, è più chiaro perché l’ineffabile Mario Monti ed i mediocri governanti dell’Occidente – al di là delle condanne di facciata – hanno tanta, malcelata invidia per l’autoritarismo di Russia e Cina.
*Avvocato e scrittore
x
x