CATANZARO Tra le vicende contemplate nel processo Robin Hood viene contestata dall’accusa un’estorsione aggravata dal metodo mafioso avvenuta a maggio 2014 che vede coinvolti Nazzareno Salerno, Gianfranco Ferrante, e Vincenzo Spasari. Secondo l’accusa, l’ex assessore regionale al Lavoro Nazzareno Salerno, insieme a Spasari e Ferrante, due soggetti del tutto estranei ai contesti della pubblica amministrazione, avrebbe incontrato il dirigente regionale Bruno Calvetta all’interno del vivaio Santacroce di Pizzo, e mediante minaccia evocata attraverso la presenza di due persone ritenute contigue alla ‘ndrangheta vibonese – appunto Spasari (imputato in Rinascita-Scott, ritenuto vicino ai Mancuso e al boss Luigi Mancuso in particolare) e Ferrante (imputato in Rinascita-Scott, ritenuto vicino ai Mancuso e ad altri clan) –, avrebbero costretto Calvetta ad affidare la responsabilità del progetto Credito Sociale a un dirigente vicino a Salerno.
Nel corso dell’udienza, Calvetta – rispondendo alle domande del pm Graziella Viscomi – ha affermato di avere conosciuto Spasari a cavallo degli anni ’99-2000 «in un villaggio dove andavo a fare le vacanze con la famiglia, in quel momento mi pare che gestisse delle moto d’acqua». Del suo rapporto con Spasari ha detto che «era un rapporto naturalmente tra due persone che non si erano mai viste, io vengo da Serra San Bruno, questo signore veniva da Nicotera Limbadi, quindi due mondi per alcuni aspetti opposti, sia per cultura e sia per clima e sia per personalità che girano, e quindi io ho instaurato un rapporto molto piacevole, amichevole, avevamo una passione in comune che era il cantare, quindi sono stato con lui una o due volte, non ricordo quante volte, convivialmente con le famiglie e con amici che lui portava». Rispondendo alle domande dell’avvocato Spasari, difensore dell’omonimo imputato, Calvetta ha affermato di avere partecipato nel 2013 a una festa organizzata sul Monte Poro in una abitazione di Spasari. Lo ricorda perché il giorno dopo morì il fratello di Vincenzo Spasari.
Nel corso del controesame dell’avvocato Naccari, Calvetta ha spiegato che il suo rapporto con Spasari era «di conoscenza affettuosa, ma di amicizia vera e propria no, per conoscenza affettuosa intendo dire che non tutti i giorni ci sentivamo, ma ogni qual qualvolta lui aveva necessità di cose relative alla mia possibilità di, non so, fare la telefonata per ricoverare la persona…». In particolare Vincenzo Spasari avrebbe chiesto un favore per una persona quando Calvetta è stato direttore dell’istituto dei tumori di Milano. Un incarico, si scopre dal controesame dell’avvocato Francesco Sabatino, che ha ricoperto per nemmeno un anno prima di dimettersi «per motivi personali».
«Ma veniva anche a trovarla, l’ha incontrato anche a Milano quando lei viveva a Milano?», chiede l’avvocato Naccari.
«Certo, sì, diciamo che lui seguiva l’evolvere degli incarichi che mi venivano dati e di volta in volta veniva a trovarmi per dirmi: complimenti, qua e là, ho bisogno di questo, ho bisogno di quello. Ma era un rapporto sporadico. Un giorno mi presentò Claudio Isola e me lo presentò proprio a Milano». Calvetta ammette di essere stato a un compleanno della figlia di Spasari mentre con Claudio Isola si instaurò un rapporto di amicizia più profondo visto che quest’ultimo aveva trovato lavoro a Milano grazie a un suggerimento di Calvetta. «… Era con me tutti i giorni, posso dire io mi dimenticavo il pin della carta di credito e lui lo sapeva insomma, per dirvi il rapporto che c’era», ha riferito il teste Calvetta in aula. E quando i due tornarono in Calabria e Isola diventò l’autista di Calvetta: «Era più che il mio autista, io praticamente chiunque volesse avere un rapporto con me, considerata la molteplicità delle persone, io gli davo il numero di Claudio, “chiamate Claudio”, questo era il mio dire, su tutto».
Per quanto riguarda la conoscenza di Spasari con Salerno, il racconto di Calvetta si è risultato più incerto. È partito con un «non lo so, sinceramente non le so dire, penso che l’avesse conosciuto per questi motivi elettorali, quando l’ha conosciuto o tramite chi l’ha conosciuto non glielo so dire» a un «può essere pure che qualche volta ci saremo trovati o gliel’ho presentato io o gliel’ha presentato il mio autista, il mio autista mi riferisco a Claudio Isola, può essere che sia stato lui a presentarglielo».
Anche Claudio Isola è imputato nel processo Robin Hood con l’accusa di abuso d’ufficio in concorso con altre persone ed estorsione in concorso con Vincenzo Spasari perché avrebbe costretto Calvetta ad accelerare le procedure per la stipula dei contratti di Saverio Antonio Spasari (figlio di Vincenzo Spasari) e Damiano Zinnato (fratello della moglie del boss Luigi Mancuso). In aula Calvetta ha raccontato di avere ricevuto i curricula di Spasari e Zinnato Da Claudio Isola: «… non ricordo bene, ma se qualcuno mi ha dato un curriculum, l’unico che me li poteva dare era Claudio Isola perché era la persona più vicina a me e con l’affetto che io avevo nei suoi confronti l’ho fatta questa segnalazione, l’ho fatta e l’ho subito spenta nel momento in cui mi è stato fatto capire a chi appartenesse la persona, con grande contrasto con la mia volontà, però non ho insistito più perché ho capito che poteva dare danno alla mia immagine, alla mia persona e alla mia responsabilità. Nel momento in cui mi si dice: è una persona che è cognato di, io sinceramente questo l’ho dichiarato per cui…». L’ex dg ha poi affermato di ricordare di avere dato il curriculum a «Pasqualino Ruberto per segnalare che queste due persone avevano chiesto al sottoscritto, e non so a chi altri, per essere assunti in uno dei progetti che la Fondazione aveva in corso. Poi quest’iter è partito mi pare dal mese di aprile – maggio ed è culminato ad ottobre…».
Fu Vincenzo Spasari, ha detto Calvetta, a chiedergli di incontrare Nazzareno Salerno. Secondo il teste, Spasari poteva essere a conoscenza dei dissidi tra Calvetta e Salerno grazie a Claudio Isola. All’inizio Calvetta disse di no a quella proposta di incontro. Calvetta definisce Salerno «un tipo piuttosto irascibile, forte, un tipo…, come posso dire? Duro, tra virgolette, uno deciso sulle sue cose…».
«Quando dice irascibile, le risulta che fosse anche violento?», ha chiesto il pm.
«Ma in qualche vicenda occorsa a Serra San Bruno sì», ha risposto il teste il quale ha riferito di alcuni episodi «che io sinceramente, siccome avendo vissuto a Serra San Bruno li ho vissuti per averli sentiti, però penso che ci siano pure delle tracce». Calvetta dice di fare riferimento a «scontri non solo verbali ma anche fisici» tra l’assessore e più di una persona di Serra San Bruno.
Alla fine Calvetta cede alle insistenze di Spasari e ai «miliardi di lettere dell’assessore» e, pur di chiarire i rapporti con l’ex assessore decide di andare all’incontro. Allo stesso tempo, Bruno Calvetta ha raccontato che non credeva che Salerno si sarebbe presentato all’incontro «perché, ripeto, conosco l’assessore, lo conoscevo e quindi sapevo che è molto determinato nelle sue cose, l’assessore non avrà interesse a chiarire, quindi sicuramente può essere che non viene. Tant’è che mi faccio accompagnare, come tutte le mattine, da una delle mie collaboratrici, mai e poi mai mi sarei fatto accompagnare da una delle mie collaboratrici sapendo che dovevo andare a sostenere questo tipo di incontro. Fatto sta che mi chiamano, io esco, o quantomeno…, ora non ricordo però quando mi ha chiamato Spasari, per cui su questo…, però esco dall’autostrada e trovo una macchina all’uscita dell’autostrada dove a bordo c’era Vincenzo Spasari e Gianfranco Ferrante».
Calvetta racconta che conosceva Ferrante di vista, lo definisce «gelataio» perché «gestiva il bar Cin Cin Bar dove io andavo spesso per prendere il gelato». Comunque entra in macchina con Spasari e Ferrante e «ho iniziato a chiedere: Gianfranco come mai qua? Questi discorsi che si fanno pure per spezzare un po’ la tensione no? Poi arrivammo al vivaio, lui intanto mi spiegò che Salerno è una persona perbene, che l’aveva sempre aiutato, mi parlò di segnalazioni a livello medico, piuttosto che di altro, ma non mi ricordo di che cosa altro, e disse che era una persona perbene, che si metteva a disposizione e che comunque era opportuno che io e lui andassimo d’accordo».
Arrivati al vivaio, Calvetta ha raccontato che Nazzareno Salerno gli ha dato «due diktat»: Fincalabra e Caserta. Ovvero: revocare il decreto col quale aveva portato i fondi del credito sociale a Fincalabra, cosa che Calvetta avrebbe rifiutato di fare, e «poi si parlò di Caserta: “ma perché non glieli hai dati a Caserta?”, e io gli dissi: “okay, su questo posso…”, ma glielo dissi con un senso quasi di liberazione, come per dire: “prendi atto che io non lo farò mai questo, se tu vuoi che lo facciano altri, cerco il mezzo e lo strumento più legittimo per farlo e quindi faccio una forzatura e do la responsabilità dell’operazione a Caserta”». Calvetta definisce la nomina di Caserta «un atto di impulso, un atto che non mi ha consentito di ponderarlo».
Una settimana dopo l’incontro al vivaio Santacroce, Calvetta ha avuto un provvedimento giudiziario per concorso in truffa aggravata. «… sono stato accusato da una o due dipendenti, non ricordo quante, di averle spinte su una attività, loro sono state arrestate e io no», ha spiegato Calvetta in sede di controesame. Calvetta è stato raggiunto da un’ordinanza di sospensione per due mesi. Poi c’è stata l’ordinanza di revoca della interdizione ed è tornato in servizio. Nelle more, ha raccontato Calvetta, «ho nominato come mio sostituto, su richiesta dell’assessore, il dottore Vincenzo Caserta, che era l’allora dirigente nel settore politiche sociali». (2. Fine) (ale. tru.)
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