MODENA A Maranello i beni immobili confiscati alla cosca Arena di Isola Capo Rizzuto diventano un “Room and Breakfast”, che sarà gestito da due donne di origini albanesi e vittime di violenza: Aurela e Jessica. Si tratta di 750 metri quadri che sono stati sottratti alla criminalità organizzata per dare la possibilità di riscatto lavorativo a donne con un vissuto difficile e a soggetti fragili. La struttura ricettiva, che è stata inaugurata con un openday, comprende tre camere con bagno per i visitatori, cucina e piscina termale nel piano inferiore. L’immobile, ha ricordato il sindaco di Maranello Luigi Zironi sentito dal Resto del Carlino, «era stato sequestrato nell’ambito dell’indagine ‘Point Break’, condotta dai carabinieri di Modena dal 26 luglio 2006, giorno dell’attentato esplosivo all’Agenzia delle Entrate di Sassuolo. Furono arrestate 7 persone accusate di reimpiego di denaro della cosca di ’ndrangheta Arena di Isola di Capo Rizzuto, mediante società del modenese». E tra i beni sequestrati figurava anche la villa di Fogliano, della famiglia Pelaggi. «Dopo la sentenza della Cassazione del 2014, la villa è stata definitivamente confiscata ed è divenuta di proprietà del Comune». Subito dopo i sigilli ai beni della ‘ndrangheta è partita la proposta del Comune di Maranello con un progetto cofinanziato dalla Regione per riutilizzare quelli spazi investendo 391mila euro – nell’ambito di ‘Orme di legalità: sui passi delle donne coraggiose’ – più la somma aggiunta dal Comune di 134mila, per una spesa totale di oltre 520mila euro. Per gestire la struttura, le donne coinvolte hanno partecipato a un percorso di formazione: dalla comunicazione alla ricezione alberghiera, dall’housekeeping alla somministrazione di colazioni e aperitivi. Dopo che l’associazione MondoDonna si è aggiudicata il bando delle dieci ragazze partecipanti sono state selezionate Aurela e Jessica con contratto part-time, che cominceranno a lavorare da maggio e da luglio accoglieranno i turisti nella nuova struttura. Sono entrambe di nazionalità albanese e hanno una storia di violenza alle spalle: familiare per Aurela e sul posto di lavoro per Jessica. «Abito a Sassuolo – racconta Aurela – mi ero rivolta al centro anti-violenza del distretto due anni fa e i Servizi sociali mi avevano proposto la possibilità di entrare in questo progetto». Aurela ha accettato subito: «In quel momento ero senza far niente, non avevo alcuna idea di quale potesse essere il mio futuro». Comincia il corso e conosce altre nove donne vittime di violenza: «Io e Jessica ci sentiamo orgogliose di far partire di questo progetto e di questa regione. Non ci sentiamo mai sole».
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