ROMA «Nel complesso, la criminalità organizzata italiana si conferma tra i maggiori protagonisti globali che, evidenziando una chiara vocazione economico-imprenditoriale, si è dotata di una struttura organizzativa flessibile, senza recidere l’indissolubile legame storico con il territorio d’origine. Questa vocazione transnazionale è maggiormente evidente per la ‘ndrangheta, la quale, proprio in virtù delle relazioni privilegiate instaurate con i produttori di sostanze stupefacenti in America Latina, si è ritagliata un ruolo di “leadership” mondiale nell’ambito del narcotraffico, divenendo una vera e propria “holding” criminale di rilevantissimo spessore internazionale». A evidenziarlo è la Relazione al Parlamento della Direzione investigativa antimafia relativa al primo semestre 2021. «Analizzando le attività dei clan mafiosi oltre frontiera, è emerso come i sodalizi, pur mantenendo l’antico stereotipo di struttura criminale verticistica basata sul vincolo familiare, hanno profondamente innovato le proprie regole organizzative, riuscendo a cogliere in maniera rapida i vantaggi offerti dal sistema economico internazionale. I vari sodalizi, quando decidono di radicarsi sul territorio estero – rileva la Dia – preferiscono ricorrere alla corruzione piuttosto che ricorrere alla violenza proprio per cercare di non attirare troppo su di sé l’attenzione dell’opinione pubblica. Questa strategia è fondamentale per poter agire in maniera indisturbata, infiltrandosi in profondità nel tessuto economico-sociale e riciclando i capitali ottenuti dai proventi delle attività illecite».
«La criminalità organizzata nostrana, per sua natura particolarmente flessibile e versatile, è in grado di diversificare i settori di operatività con un’accentuata tendenza all’infiltrazione nel tessuto economico internazionale approfittando della disomogeneità normativa nelle varie nazioni», sottolinea la relazione.
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