Ultimo aggiornamento alle 22:34
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 5 minuti
Cambia colore:
 

la requisitoria

Tentata estorsione da parte di due sacerdoti, chiesti sette anni per don Maccarone

Il pm ha invocato l’assoluzione per don De Luca. Il segretario dell’ex vescovo di Mileto avrebbe vantato parentele con i Mancuso

Pubblicato il: 20/06/2022 – 15:31
di Alessia Truzzolillo
Tentata estorsione da parte di due sacerdoti, chiesti sette anni per don Maccarone

VIBO VALENTIA Una condanna a sette anni e sei mesi di reclusione è stata invocata dal sostituto procuratore di Catanzaro Irene Crea nei confronti di don Graziano Maccarone, già segretario particolare dell’ex vescovo di Mileto, accusato di tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose nei confronti di Roberto Mazzocca, un imprenditore che si trovava in un momento di difficoltà.
Chiesta dall’accusa l’assoluzione nei confronti di don Nicola De Luca, ex reggente della chiesa della Madonna del Rosario di Tropea, che avrebbe consumato il reato in  concorso con Maccarone. Il pm ha ritenuto il comportamento di De Luca moderato sotto il profilo della rilevanza penale ritenendo che l’imputato si sia trovato inserito in un meccanismo del quale non aveva controllo.
Oggi hanno discusso anche gli avvocati di parte civile, Michele Gigliotti e Daniela Scarfone, i quali hanno chiesto il riconoscimento del danno per le persone offese: 100mila euro ciascuno per Roberto Mazzocca e le figlie Francesca e Daniela. Le parti civili hanno chiesto ai giudici del Tribunale di Vibo Valentia, presidente Tiziana Macrì, la condanna di entrambi i sacerdoti.

La vicenda

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, nel 2012 Roberto Mazzocca si era rivolto ai due sacerdoti perché lo aiutassero economicamente per evitare l’espropriazione dei beni pignorati alla figlia Francesca a causa di un debito contratto con una terza persona. Don De Luca avrebbe consegnato la somma di 2.050 euro direttamente al debitore che l’avrebbe poi data al creditore con il quale la figlia era in debito. Don Maccarone, invece, a ottobre 2012 avrebbe erogato 6.700 euro direttamente al creditore e in presenza dell’avvocato di questi. Graziano Maccarone avrebbe concordato con il debitore che non fosse necessario restituire l’intera somma data in prestito e che in ogni caso la restituzione sarebbe avvenuta in diverse rate, non appena il debitore avesse avuto la disponibilità di denaro e comunque a partire da Pasqua 2013. In quello stesso periodo il segretario particolare del vescovo di Mileto avrebbe iniziato a inviare messaggi a sfondo sessuale a un’altra figlia del debitore, Danila, una giovane affetta da epilessia parziale in trattamento, con crisi plurisettimanali e dichiarata invalida al 100%. Nell’arco di tre mesi gli investigatori, coordinati dal procuratore Nicola Gratteri e dalla pm Annamaria Frustaci (oggi in aula l’accusa è rappresentata dal pm Irene Crea), hanno registrato 3000 contatti telefonici tra don Graziano e la giovane: per lo più sms, qualche telefonata, e foto compromettenti che il sacerdote si faceva inviare dalla ragazza. Non solo. Tramite conoscenti don Maccarone si sarebbe fatto mandare anche indumenti intimi (cosa che la giovane acconsentiva a fare) e l’avrebbe invitata anche ad avere un incontro in un albergo di Pizzo Calabro. Incontro che tuttavia non ha mai avuto luogo.

La pennetta hard

Nonostante la rassicurazione a pagare da Pasqua 2013, a rate, e così via, a dicembre 2012 don Graziano muta atteggiamento – ricostruisce l’accusa – e chiede al debitore l’immediata restituzione delle somme di denaro, per sé e per don De Luca. Dato che l’uomo non aveva pagato entro il termine stabilito del 31 gennaio 2013, i due sacerdoti pretendono di incontrarlo «per chiarire quanto accaduto» con la figlia con la quale il sacerdote aveva avuto lo scambio di messaggi, foto e indumenti intimi. «Vieni con tuo padre – dice don Maccarone alla ragazza – perché io ho bisogno di dimostrare tutto… e vi dico tutto». Il sacerdote afferma di avere allontanato la ragazza mesi prima, da skype e infine di avere troncato anche con i messaggi. «Allora voglio che tuo padre sappia che anche io ho dei messaggi da parte tua…». Tutto lo scambio avvenuto in quei mesi, avverte don Maccarone, era stato archiviato in una pennetta usb, e lui vuole che anche il padre sappia. Visto che, nonostante tutto, i due prelati non riuscivano a ottenere il denaro richiesto, secondo l’accusa avrebbero deciso di percorrere due strade parallele chiedendo il doppio dell’importo preteso dal debitore. In più avrebbero proferito delle minacce al debitore avvisandolo di stare attento che avrebbe fatto «una brutta fine». Poi don Maccarone si sarebbe rivolto direttamente ai suoi cugini di Nicotera Marina. Se fosse stato per lui, avrebbe detto il segretario del vescovo a don De Luca, avrebbe mandato i parenti a picchiare il debitore ma le persone alle quali si era rivolto gli avrebbero detto che «non è il momento… perché ora il fuoco è troppo alto e ci bruciamo tutti». Poi lo avrebbe invitato a cercare «un compromesso per temporeggiare… e poi interveniamo».

La parentela coi Mancuso

«Il cugino mio… Luigi è quello che è uscito adesso a luglio il capo dei capi». Con queste parole don Graziano Maccarone si rivolgeva Mazzocca che doveva a lui e a don Nicola De Luca, reggente della chiesa della Madonna del Rosario di Tropea, circa 9000 mila euro, esattamente 6.700 euro a Maccarone e 2.050 euro a De Luca. Nel corso di un incontro tra i due sacerdoti e la vittima, a febbraio 2013, don Maccarone mette subito avanti la carta della sua parentela con i Mancuso, dicendo che i soldi che aveva prestato gli erano stati consegnati «dai cugini di Nicotera Marina… non vi dico il cognome… già lo avete capito… sono cugini miei». A testimonianza della propria parentela chiama De Luca: «Digli tu chi sono i miei cugini… così capisce… adesso ci capiamo tutti e due… diglielo». E don De Luca pronto: «I Mancuso». E dato che i Mancuso sono tanti e ognuno appartiene a un capostipite, don Graziano Maccarone diventa più chiaro: «Parenti di Luigi… Eh… siamo nella combriccola… Il cugino mio… Luigi è quello che è uscito adesso a luglio il capo dei capi… no Luni… Luni ormai è quello che era… ma Luigi…». La prossima udienza è stata fissata per il 29 giugno per la discussione dei legali della difesa, l’avvocato Giovanni Vecchio per don De Luca e l’avvocato Fortunata Iannello per don Maccarone. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano | Privacy
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x