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La riflessione

«Caro energia: storie di crisi e possibili soluzioni»

Dopo la pandemia un’altra piaga si sta abbattendo su imprese e famiglie, già ampiamente provate da mesi difficili. Il riferimento ovviamente è al caro energia.Secondo l’Osservatorio Confcommercio …

Pubblicato il: 23/06/2022 – 12:37
di Domenico Lo Duca
«Caro energia: storie di crisi e possibili soluzioni»

Dopo la pandemia un’altra piaga si sta abbattendo su imprese e famiglie, già ampiamente provate da mesi difficili. Il riferimento ovviamente è al caro energia.
Secondo l’Osservatorio Confcommercio Energia, quella del prezzo dell’energia è una crescita senza sosta: si stima infatti che tra gennaio e aprile 2022 il prezzo delle offerte elettriche è salito in media del 61%, mentre il prezzo delle offerte gas è aumentato del 21%. Su base annua, invece, emerge che tra aprile 2021 e aprile 2022, gli aumenti della spesa annuale di elettricità e gas sono ancora maggiori raggiungendo un range che va da +110% a +140%. Nel 2022 la spesa in carburante per gli autotrasportatori si dovrebbe collocare sui 37 miliardi di euro, 7 in più rispetto ai 30 miliardi di euro del 2021.
Una vera e propria escalation che sembra vanificare qualsiasi tipo di intervento attuato dallo Stato. Nonostante il taglio delle accise (più volte prorogato) infatti, il prezzo al consumo dei carburanti è risalito sopra quota 2€. C’è chi grida alla speculazione, chi al complotto internazionale, altri che lo ritengono una naturale conseguenza legata alla guerra Russa-Ucraina.
Di certo è che ancora una volta sta venendo a galla tutta la difficoltà del bel Paese legata all’essere un importatore di materie prime energetiche e non un produttore primario.
Il nostro sistema energetico, infatti, è basato principalmente sul gas naturale, impiegato nel riscaldamento e nella produzione di energia elettrica, e copre circa il 48% del mix energetico. In meno di vent’anni, la produzione nazionale è passata dai 20 mld di m³ registrati nel 1994 agli attuali 3-4 mld. Pertanto, la produzione nazionale riesce a soddisfare solo il 5-6% dei consumi totali, mentre la restante parte viene compensata dalle importazioni, per un totale complessivo che nel 2021 ammonta a 76.1 mld di m³.
Fino a poco tempo fa, la Russia copriva circa il 40% del fabbisogno di gas naturale italiano, ma a seguito dell’invasione dell’Ucraina e di conseguenza della decisione di sganciarsi dal gas russo, l’Italia ha dovuto correre ai ripari e trovare nuovi paesi fornitori (Algeria, Qatar, Congo, Angola). Secondo quanto dichiarato dal ministro Cingolani, questo cambio di forniture richiederà dai 24 ai 30 mesi per consentire al nostro Paese di diventare indipendente dalle importazioni russe. Un tempo enorme se si pensa alla galoppante crescita dei costi energetici, che potrebbe essere troppo lungo, per evitare un vero e proprio tracollo.
Possibile che non siano soluzioni alternative a quelle di dipendere da altri paesi? Possibile che solo di fronte alle crisi ci si accorga di quanto il nostro paese sia debole sotto il punto di vista energetico?
I Governi che negli anni si sono succeduti hanno sempre trattato il problema marginalmente. Forse è arrivato davvero il momento di pensare ad una strategia alternativa.
Le soluzioni ci sono. Si potrebbe pensare ad esempio a sviluppare la linea del biometano il cui mercato è ancora limitato ma con ottime prospettive di crescita. Il biometano viene prodotto sfruttando gli scarti agricoli o la frazione organica dei rifiuti solidi urbani, il che lo rende una fonte rinnovabile e quindi più vantaggioso rispetto al gas naturale estratto dal sottosuolo. Ad oggi in Italia sono presenti una trentina di siti produttivi che immettono biometano nella rete nazionale, e molti degli impianti che oggi producono biogas potrebbero essere facilmente riconvertiti. Così come si potrebbe puntare con maggior forza sulle energie rinnovabili (eolico e solare).
Sicuramente, quello della transizione energetica è un processo necessario ma tuttavia ambizioso che deve fare i conti con alcune criticità. Per alcuni Paesi, tra cui l’Italia, come detto in precedenza il disimpegno dal gas naturale nel breve periodo è un’ipotesi del tutto irrealistica. Ciò è confermato anche dal fatto che la Commissione europea nel RePower Eu, il piano per affrontare la crisi energetica e la necessità di rendere il continente indipendente dalle fonti russe, ha inserito anche il gas naturale. In particolare, il piano oltre alla diversificazione degli approvvigionamenti, punta a costruire un sistema di stoccaggio e di acquisto comune del gas naturale, incentivando anche lo sviluppo del biometano. Quindi, per l’Europa, il gas naturale continuerà ad essere protagonista della produzione energetica.
Una cosa quindi è certa, i provvedimenti dello Stato di aiuto ad imprese e famiglie sono utili a breve termine, ma rischiano di diventare economicamente insostenibili nel lungo periodo. Serve quindi una marcia in più, una progettazione lungimirante a 360 gradi, che ponga fine alla questione in modo quasi definitivo.

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