ROMA Il Sant’Anna Hospital era regolarmente accreditato anche nel 2020 con l’Asp di Catanzaro. Lo conferma la sentenza odierna del Consiglio di Stato che respinge un appello proposto dall’Asp di Catanzaro e condanna l’Azienda sanitaria provinciale a pagare le spese legali. Si chiude in favore della clinica Sant’Anna, difesa dall’avvocato Alfredo Gualtieri, un nuovo capitolo sulla vicenda relativa alle sorti dell’accreditamento e della contrattualizzazione della struttura sanitaria rispetto all’Asp di Catanzaro che aveva disposto che la casa di cura non potesse più erogare prestazioni sanitarie con oneri a carico del servizio sanitario regionale, in quanto – per l’appunto – priva di accreditamento.
I giudici della terza sezione del Consiglio di Stato si rifanno alla sentenza emessa dallo stesso organo nel 2021 la quale, scrivono, «spazza via ogni dubbio in ordine alla sussistenza di tutti i requisiti per l’accreditamento, anche nell’anno 2020 e, nonostante l’aperto dissenso manifestato dall’Azienda anche in quel giudizio, ha accertato incontestabilmente che gli aspetti dedotti dall’appellante in questa sede – l’inoperatività dell’Utic (unità di terapia intensiva cardiologica, ndr), la pendenza del procedimento penale – come del resto anche in questa sede, con l’appello in esame, sono stati espressamente esaminati dal Dca (decreto del commissario ad acta, ndr) numero 43 del 2021, il quale ha concluso, invece, per la sussistenza dei requisiti per l’accreditamento, sicché “il dissenso su questo (unico) punto dell’Asp di Catanzaro, che per il resto ha espresso parere favorevole, non può evidentemente tradursi, a valle, nell’esercizio di un potere che non le è proprio, vale a dire nel diniego di contrattualizzazione per una ragione rappresentata in sede procedimentale e ritenuta non decisiva dal titolare del potere di concedere o meno l’accreditamento”».
Per quanto riguarda la vicenda penale – l’inchiesta denominata “Cuore matto” della Procura di Catanzaro – che ha investito la clinica, i giudici ricordano che «questo Consiglio di Stato, sempre nella citata sentenza n. 2773 del 2021, ha rilevato che, a far data dal 1° ottobre 2019, la sospensione dell’Utic è stata ufficializzata dalla casa di cura e tale vicenda è confluita nel procedimento di rinnovo dell’accreditamento, ove è stata oggetto di verifiche e prescrizioni, di cui si è successivamente accertato l’adempimento.
«L’emergere di fatti di rilevanza penale è stato dunque seguito, giova ribadirlo ancora una volta in questa sede, da un’attività amministrativa tendente a superare le criticità, positivamente riscontrata dalla stessa Azienda, oltre che da interventi di self cleaning».
Sulla base di queste premesse il Consiglio di Stato, terza sezione ha giudicato le ragioni dell’Asp «infondate e vanno tutte respinte» poiché «dirette a rimettere surrettiziamente in discussione, con argomenti già ampiamente esaminati e confutati da questo Consiglio di Stato, l’autorità di questo giudicato».
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