COSENZA Due mesi di lavoro in un’azienda «con tante criticità», soprattutto nel settore dell’emergenza-urgenza. Poi le complicazioni dovute al Covid e la vecchia (e spigolosa) questione dei disavanzi in bilancio. Per Antonello Graziano, commissario dell’Asp di Cosenza, l’emergenza è quotidianità. Non per questo bisogna perdere la speranza. Per questo, nell’intervista di Corriere Suem si rivolge (anche) ai cittadini: «Noi ci siamo e non vi lasceremo soli».
Come ha trovato l’Asp di Cosenza? Quali sono i problemi nell’azienda?
Mi sono insediato due mesi fa. Ho trovato un’azienda con tante criticità. L’Asp di Cosenza è forse la più difficile da gestire, per le dimensioni, per la geografia del territorio, per il numero di abitanti e di dipendenti, per i suoi tanti ospedali e per i disavanzi di bilancio. Chi mi ha preceduto ha lavorato bene, ma io mi sono imposto un taglio diverso. Ho puntato molto sugli interventi strutturali, evitando di creare aspettative e mantenendo la gestione in una cornice di legalità, per quanto riguarda il personale. Mi sono occupato di due vertenze, intanto della clinica Santa Lucia, in cui c’erano dipendenti che aspettavano di conoscere il loro destino. La clinica era ferma e ho risolto il problema grazie alla collaborazione del dipartimento Tutela della salute. Altra vertenza ha riguardato i lavoratori della mensa, cui abbiamo dato sicurezza e certezza, anche a beneficio dei pazienti. Sull’aspetto delle stabilizzazioni, ho dato la possibilità a tanti medici che erano della Medicina dei servizi, indispensabili durante i due anni di pandemia, di avere il passaggio a tempo pieno. Lo stesso abbiamo fatto con gli ausiliari, passati da tre a sei ore al giorno.
Nel campo dell’emergenza/urgenza ho trovato le criticità maggiori. Abbiamo provveduto con le prestazioni aggiuntive, ma ciò non è bastato. Pertanto ho richiamato medici in pensione e a condizioni economiche di tutto rispetto. Ho poi stabilito un rapporto con una cooperativa di servizi, che ci ha consentito di coprire alcuni turni nel settore dell’emergenza/urgenza, nell’Anestesia e nella Pediatria. Abbiamo evitato la chiusura dei Pronto soccorso, sostenendo i medici e rendendoli partecipi di una mission aziendale.
Quali difficoltà si sono presentate con il ritorno del Covid?
Abbiamo attraversato un periodo complicato, a causa del virus. Nonostante tutto, recandomi personalmente nei luoghi e interloquendo con i medici, ho ottenuto un impegno ancora maggiore del personale in servizio. Avevamo chiuso il reparto Covid di Cetraro, per via delle evidenze epidemiologiche del passato. Lì abbiamo riattivato 25 posti letto. A Rossano eravamo scesi da 36 posti letto Covid a 10, quindi abbiamo ripristinato la dotazione originaria. Sono stato anche a San Giovanni in Fiore, dando ascolto e sostegno ai sanitari del presidio ospedaliero. Devo ringraziare il presidente Occhiuto che ci ha dato ampio mandato per fornire servizi di qualità, anche per umanizzare le cure. Sulla scorta delle sue direttive, stiamo lavorando tanto, seppure in condizioni pesanti a causa della carenza e della mancanza di medici. Finora, siamo riusciti a dare risposte.
I bilanci dell’Asp di Cosenza restano un peso enorme?
Ce ne stiamo occupando. C’è una vecchia questione di disavanzi, per cui abbiamo fatto un continuo lavoro di interazione con i fornitori, anche evitando nuovi contenziosi. Ci stiamo muovendo a 360 gradi: dalla clinica alla prevenzione, dai rapporti umani a quelli con le ditte.
La cronaca ha registrato tensioni fra sanitari dell’Asp di Cosenza. Come state affrontando il problema in direzione generale?
Devo dirle che con chiarezza che ci sono molti contrasti e conflitti tra nostri dipendenti. In proposito stiamo facendo capire loro che esiste una mission aziendale, che occorre salvaguardare il senso di appartenenza ed evitare che utenti e pazienti debbano pagare le conseguenze di frizioni all’interno del personale. Stiamo facendo un lavoro certosino, metodico, per dare buone risposte ai cittadini.
A proposito della diffusione del Covid, che cosa si aspetta per l’autunno e quali sono le iniziative che l’azienda sanitaria immagina di mettere in campo?
Pare che l’ultima variante del Covid stia perdendo quota, ma non sappiamo che cosa succederà. Abbiamo redatto un Piano pandemico sulle emergenze infettivologiche e siamo pronti a riattrezzarci per le vaccinazioni di massa. Inoltre, stiamo somministrando le quarte dosi anche con l’aiuto dell’esercito, che ci sta dando piena disponibilità. Puntiamo a potenziare i sistemi di prevenzione e soprattutto a curare i pazienti a domicilio. In quanto ai medici ex Usca, non potevano più mantenere per legge lo status di prima. Avevano un contratto con un incentivo economico consistente, che poi non ha potuto trovare riscontro in alcuna norma. Ora utilizziamo questi medici per il monitoraggio dei pazienti, specie a casa. Peraltro, stanno collaborando anche per gli screening. Ho predisposto un avviso pubblico dopo averli incontrati. Sono riuscito a tenerli in azienda, anche con la possibilità di una crescita professionale. Inoltre, per questi medici ci sarà un incentivo economico della Regione. Pensi, ne ho tirati dentro 45 su 60, che ci aiuteranno a gestire il paziente a casa propria.
Che cosa state facendo per la diagnostica?
Grazie ai fondi del Pnrr, stiamo comprando ecografi multidisciplinari di ultima generazione, che ci aiuteranno nelle attività. Al di là del Covid, noi garantiamo le prestazioni. Ripeto, mancano medici. Potremo compensare, con progetti già in essere e finanziati, che ci consentiranno di avvicinarci alle popolazioni lontane dai centri urbani, in modo da gestire i casi in remoto grazie a cardiologi e radiologi. Ci stiamo muovendo perché l’Asp possa seguire questi pazienti con servizi di qualità, approfittando delle nuove tecnologie e delle risorse umane disponibili.
Quanto ha inciso la recrudescenza del Covid nel recupero delle prestazioni non erogate a causa della pandemia?
A causa della malattia, siamo stati fermi in particolare nel 2020. Soprattutto nel campo degli screening, non abbiamo potuto garantire la diagnosi precoce di patologie oncologiche, che salva vite umane. Ciò ha prodotto conseguenze nelle casse dell’ente. La perdita di vite umane è stato un danno tremendo, inestimabile. Anche l’Asp ha subito effetti a causa del Covid, intanto sul piano economico. Tenga conto che i pazienti oncologici sono persone che dobbiamo curare all’avanguardia. C’è stato un lungo blocco delle prestazioni, ma nel merito abbiamo guadagnato terreno. Le liste di attesa sono state quasi integralmente recuperate. In quanto agli screening, abbiamo messo in campo una macchina organizzativa per ottenere lo stesso risultato. Ci auguriamo che ci sia un calo della curva epidemiologica, in modo da ultimare il lavoro intrapreso.
Che cosa si aspetta dalla riorganizzazione dell’assistenza territoriale con le risorse del Pnrr?
Il Pnrr è uno strumento meraviglioso, grazie al quale una criticità imprevedibile è stata trasformata in opportunità. La pandemia ha fatto capire ai politici che il Fondo sanitario nazionale era esiguo e andava rimpinguato; che bisognava rivedere le specializzazioni. La pandemia ha fatto capire che si doveva puntare sulla medicina di prossimità, sulla riorganizzazione dell’assistenza territoriale, anche umanizzando le cure, attraverso la telemedicina, la telecardiologia e l’ammodernamento del parco tecnologico. Alludo ad apparecchi di risonanza magnetica e a Tac più sofisticate. Si sta andando verso un sistema concentrico che modificherà le cure, anche grazie alle strutture e agli infermieri di comunità. Come Asp di Cosenza, stiamo assumendo molti infermieri in questo periodo. Da qui a breve, ogni ambulanza sarà dotata di un infermiere, posto che parte delle ambulanze finora non hanno avuto né medico né infermiere. Avevamo le risorse economiche per farlo. Abbiamo dotato di infermieri i reparti di emergenza/urgenza. Ancora, da qui a poco ogni Assistenza domiciliare avrà infermieri dedicati. È previsto anche nel Pnrr l’incremento degli infermieri, ma noi anticipato il Piano utilizzando le graduatorie aperte. Tecnologia, strutture e risorse umane fanno del territorio non più la cenerentola dei convegni ma la base di una nuova sanità, a misura d’uomo.
Mi consenta di lanciare un segnale di speranza ai cittadini. Noi ci siamo e non li lasceremo soli. I bisogni di salute verranno garantiti. Come le ho detto, ho aperto più cantieri.
Pensa che sulle sorti della sanità calabrese incida un atteggiamento di sfiducia generalizzata?
Sì. Il nostro presidente Occhiuto ci dice sempre di rendere la nostra sanità attrattiva, il che serve a ridurre la mobilità passiva. Ci sono ottime risorse in questa Calabria, c’è grande voglia di fare. Anche in questo momento difficile, c’è tanta buona volontà, ci sono ottime professionalità. A volte gli operatori della stampa non fanno un buon servizio, esaltano le criticità ma non parlano delle iniziative belle che facciamo e delle potenzialità del sistema. Soprattutto, non esaltano le eccellenze. La Cardiologia dell’Asp di Cosenza, per esempio, è un’eccellenza. Di recente è stato impiantato un dispositivo, nell’ospedale di Castrovillari, che si usa nei centri più qualificati d’Europa. Siamo a livello europeo. Si tratta di un apparecchio che consente di sostenere i cuori con problemi di scompenso. Abbiamo pure altre eccellenze, per esempio l’Ortopedia.
Sì, ma non pensa che vada ricostruito il sistema?
In Calabria non abbiamo una sanità perfetta. Ma non è perfetta neppure la sanità della Toscana. Lì molte Guardie mediche stanno avviando le chiusure. La perfezione non c’è nemmeno in Lombardia o in Emilia Romagna. Nessuno può essere autoreferenziale, sia chiaro. Dico, però, che la gente ogni giorno legge ingigantite le criticità esistenti in Calabria, senza visualizzare che ci sono pure delle eccellenze. Per questo viene immediato andare fuori regione, anche per un banale intervento. Ho detto ai miei collaboratori che la comunicazione è essenziale. Bisogna comunicare tutto ciò che si fa e chiedere scusa ai cittadini quando c’è qualcosa che non va.
Non pensa che ci sia ancora qualche debolezza sul fronte della comunicazione?
Assolutamente sì. Due o tre giorni fa è uscito un articolo sul Pronto soccorso di Rossano che sembrava apocalittico. Ho chiamato il responsabile del Pronto soccorso, il quale mi ha inviato una relazione da cui è emersa una realtà diversa. In sostanza, in appena 20 minuti è stata fatta la diagnosi e il paziente è stato mandato a casa, al contrario di quanto riportato nell’articolo in questione. Spesso si preferisce esagerare, nelle cronache. I giornalisti e la stampa dovrebbero darci invece una mano. Chiedo ai cittadini di avere fiducia nei nostri servizi. Se ci sono problemi, ci indichino le criticità. Il cittadino non è mai soggetto passivo, inerte, ma è parte fondamentale del Servizio sanitario. Purché in buona fede, ci dia consigli che noi possiamo recepire. Quando noi sbagliamo, dobbiamo avere la capacità di chiedere scusa. Così si dà un segnale e si stabilisce un rapporto diverso, posto che ci vuole sempre rispetto per il lavoro che svolgiamo. (redazione@corrierecal.it)
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