LAMEZIA TERME Un’accoglienza calorosa, da star, di quelle che si riservano ai leader che mirano a guidare il popolo prima verso la liberazione, poi la libertà. Si potrebbe descrivere così l’arrivo, a Lamezia Terme, di Gianluigi Paragone, senatore uscente e leader di Italexit, pronto a guidare i candidati scelti in Calabria alla tornata elettorale del prossimo 25 settembre. In palio, di fatto, c’è molto: dalla credibilità del movimento, a quella di Paragone che passerà da un confronto elettorale che, con ogni probabilità, sarà comunque solo un tassello nel lungo cammino futuro di un movimento che, al di là del risultato elettorale, ha il pregio di esprimere con chiarezza la propria identità senza nascondersi, nonostante gli attacchi esterni.
Ed è soprattutto quella identità da “antisistema” che, ai microfoni del Corriere della Calabria, Paragone rivendica con decisione. «Noi siamo antisistema, quindi non è un’accusa, è una è una rivendicazione, una carta d’identità. Il sistema è, di fatto, quel meccanismo che detta l’agenda a tutti, centrodestra e centrosinistra. Poi c’è Conte, quello che dà dato ancora i soldi ai Benetton e non ha revocato la concessione autostradale, Conte quello che ha dato i soldi a FC Auto per le mascherine da distribuire nelle scuole».
Ma, forti delle basi gettate in questi ultimi due anni, opponendosi a qualunque soluzione adottata dai diversi governi che si sono susseguiti in piena pandemia da Covid-19, Italexit e a maggior ragione Paragone, guidato a Lamezia dal coordinatore regionale Massimo Cristiano (anche lui candidato), non hanno risparmiato critiche a tutti gli schieramenti: dal centrodestra al centrosinistra, rivendicando un’anima sovranista a difesa della Nazione più genuina e forte rispetto a quella di Lega e Fratelli d’Italia, oltre ad un forte vicinanza agli interessi del popolo e del Paese, maggiore rispetto al Movimento 5 Stelle di Conte. «È chiaro – dice Paragone – che il governo ormai sta facendo il gioco degli speculatori perché, nel momento in cui non riesce a frenare gli speculatori, non riesce a dire a Eni che è una partecipata di Stato che non può fare un utile di 7 miliardi e che quest’ultimo dovrebbe essere reinvestito sul paese reale, allora vuol dire che è fortemente distratto rispetto ai temi della socialità».
Sui piani futuri che riguardano la Calabria, Paragone non ha dubbi: «Propongo di tornare a parlare di lavoro come priorità, il lavoro che serve alle imprese e serve all’Italia perché senza un lavoro, senza contratti veri, senza aziende che assumono e che producono non si sviluppa una domanda interna e quindi non si sviluppa ricchezza. Oggi, invece, ci troviamo di fronte ad un totale abbandono sia del lavoro e sia del tema dell’impresa, già di per sé soffocata dal fisco e dalle banche, e dall’Agenzia delle Entrate». Ed è per questo che Paragone, in Calabria e dai calabresi, si aspetta – dice – un vero «scatto d’orgoglio, come sempre ha saputo fare perché – non è la Calabria che tradisce, sono coloro che sono venuti qua a prendere i voti dei calabresi a tradire il sogno dei calabresi». (redazione@corrierecal.it)
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