«L’irruzione dei fratelli Bianchi sulla scena di una disputa sino ad allora solo verbale, e comunque in fase di spontanea risoluzione, fungeva da detonatore di una cieca furia». È quanto scrivono i giudici della Corte d’Assise di Frosinone nelle motivazioni della sentenza con cui hanno disposto l’ergastolo per i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, Francesco Belleggia e Mario Pincarelli, accusati della morte di Willy Monteiro Duarte. Per i giudici «l’azione violenta, invero già in atto in quanto i due fratelli si erano fatti largo fra la folla a spintoni e manate, a quel punto otteneva ulteriore impulso. I quattro si compattavano a falange ed avanzavano in modo sincrono, impattando contro il corpo del povero Willy che si era appena intromesso per capire cosa stesse accadendo». Secondo i magistrati «è proprio in quel momento che egli veniva colpito da Gabriele Bianchi con un violentissimo calcio frontale al petto portato con tecnica da arti marziali che lo sbatteva contro un’auto in sosta. Ed il tentativo del povero ragazzo di rialzarsi veniva respinto dapprima con un pugno del medesimo Gabriele Bianchi mentre il fratello con un calcio neutralizzava il tentativo del Cenciarelli di correre in aiuto di Willy e, poi, da calci e pugni inferti da tutti e quattro gli imputati, finanche mentre il ragazzo era inerme a terra; il tutto nel brevissimo volgere di pochi secondi. Quindi i quattro correvano via e salivano in auto dandosi a fuga precipitosa». «Il calcio frontale al petto, inferto da Gabriele Bianchi ricorrendo a tecniche da arti marziali che consentono di caricare il colpo anche sfruttando come leva un cartello della segnaletica stradale, è inequivocabilmente indicativo del dolo omicidiario», scrivono i giudici. Nelle oltre 70 pagine di motivazioni i giudici, ricostruendo le varie fasi di quanto avvenuto il 6 settembre del 2020 a Colleferro, affermano che Gabriele Bianchi «sapeva di sferrare contro il povero Willy un colpo che, in quanto vietato, era potenzialmente mortale. E, nonostante tale consapevolezza, egli lo sferrava con estrema violenza, posto che tutti hanno descritto quel calcio come potentissimo. In definitiva l’azione delittuosa principiava con un calcio frontale, portato con tecnica ad opera di un esperto di arti marziali, molto robusto, diretto contro un punto vitale del corpo umano con estrema violenza. E per di più contro un ragazzo esile come il povero Willy».
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