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Gli affari dei “Banana”. I favori ai «Cassanesi» e il rispetto per il «Crimine di Cirò»

Il pentito Celestino Abbruzzese racconta del patto siglato per proteggere un criminale reggino. «Un medico compiacente l’aveva fatto ricoverare all’ospedale di Cosenza»

Pubblicato il: 14/11/2022 – 17:30
di Fabio Benincasa
Gli affari dei “Banana”. I favori ai «Cassanesi» e il rispetto per il «Crimine di Cirò»

COSENZA La collaborazione tra gli “Zingari” cosentini e quelli di Cassano allo Ionio è talmente assidua da favorire episodi di mutua assistenza reciproca. La sinergia stretta in nome degli affari non riguarda solo la commistione di business illeciti, ma anche il sostegno in alcune questioni delicate.

L’agguato ad Antonio Caia e l’aiuto ai cassanesi

E’ il collaboratore di giustizia Celestino Abbruzzese a ricordare un episodio del 2007. Il fratello Antonio lo contatta e propone di effettuare una sorta di “tutela” al capezzale di un criminale di Reggio Calabria, tale Antonio Caia vittima di un agguato mafioso che «con la compiacenza di un medico di Cosenza era stato ricoverato presso il locale Ospedale Civico, dove andava guardato a vista per scongiurare ulteriori attentati». Il soggetto in questione, secondo chi indaga, sarebbe il boss di Seminara, che nel 2007 sfuggì ad un attentato a colpi di lupara. Latitante dal 2009, Caia – a seguito dell’operazione “Artemisia” – venne arrestato dai carabinieri di Reggio Calabria il 13 gennaio 2013 quando era già inserito nell’elenco dei latitanti più pericolosi. Durante l’agguato, il boss reggino si trovava in compagnia di un altro soggetto a bordo di uno scooter. I due furono gravemente feriti ma se la cavarono.

Celestino Abbruzzese alias “Micetto”

Su Caia, Abbruzzese riferirà in un verbale finito nell’inchiesta “Reset”. «Questi era un intimo amico di Franco Abbruzzese, alias “Dentuzzo”. Antonio Caia aveva subito un agguato e “Dentuzzo”, per il tramite di un suo amico dottore lo aveva fatto ricoverare a Cosenza e noi avremmo dovuto fare una sorta di guardia armata a tutela. In ospedale ricordo la presenza, oltre che di mio fratello Antonio, di Luigi Abbruzzese e di Francesco Abbruzzese figlio di Nicola, i quali non so se erano armati. Mio fratello comunque dopo pochi minuti dal mio arrivo mi disse di allontanarmi perché sarebbero sopraggiunte persone di Cassano, che avrebbero vigilato Caia».

Il Crimine di Cirò

Cassano allo Ionio dista da Crotone circa 130 chilometri. Un lungo tragitto tra strade puntellate da autovelox. Non un problema per il clan “Banana”, deciso a mantenere forti i rapporti con i clan del crotonese. E’ sempre il pentito Celestino Abbruzzese a raccontare «della subordinazione gerarchica del proprio gruppo familiare e di quello di Cassano rispetto alla ‘ndrangheta di Cirò». Che – come emerso in vicende giudiziarie pregresse – «in qualità di Crimine, estende la propria influenza in una vasta area di territorio nelle province di Crotone e Cosenza». Secondo il racconto del collaboratore di giustizia, a seguito dell’acquisto di una partita di eroina non pagata del valore di circa 100.000-130.000 euro, effettuato tra la fine del 2017 ed i primi mesi del 2018, da suo fratello Marco Abbruzzese, suo cugino Luigi Bevilacqua detto “Gino” ed il figlio Cosimo Bevilacqua, i fornitori dello stupefacente, provenienti da Cerignola (in provincia di Foggia), si erano rivolti a non meglio specificati soggetti di Cirò per ottenere quanto loro dovuto. I cirotani si erano rivolti a Nicola Abbruzzese detto “Semiasse” affinché si occupasse della vicenda richiamando all’ordine i propri parenti. Detto, fatto.
“Semiasse” convoca una riunione di famiglia a Cassano allo Ionio, richiedendo la presenza dei fratelli Marco Abbruzzese “Lo Struzzo” e Luigi, intimandogli di saldare il debito e richiamandoli ad un comportamento più corretto. Il diktat imposto viene rispettato e le disposizioni giunte da Cirò spingono gli “Zingari” cosentini a saldare il debito, con il pagamento di quanto dovuto. Marco Abbruzzese «oltre ad una somma in contanti di 18.000 euro», cederà persino la propria autovettura mentre i Bevilacqua «provvidero alla quota rimanente».

Le armi acquistate a Lamezia Terme

Oltre alla provincia crotonese, il gruppo criminale cosentino mantiene costanti i rapporti con esponenti della ‘ndrangheta lametina. Il collaboratore di giustizia Carmine Crisitini riferisce che, intorno al 2006, «era stato incaricato da Romeo Calvano all’acquisto di armi presso due fratelli di Lamezia Terme, riconducibili alla cosca Giampà. All’epoca dei fatti, la cosca era egemone su quei territori. I fratelli Gino e Pasquale Strangis avevano una grande disponibilità di armi e – secondo quanto sostenuto dal pentito – cedettero a Crisitini, «in occasioni diverse, due pistole ed un fucile mitragliatore Kalashnikov». Lo stesso pentito continua il racconto: «Calvano ci disse di procurarci le armi e per questo mi aveva dato circa 2.200 euro per la pistola calibro 38 che ho acquistato dai fratelli Strangis di Lamezia Terme. Tale arma mi è stata recapitata da Pasquale Strangis, mentre il fucile mitragliatore l’abbiamo reperito a Lamezia in contrada Acquadauzano, nelle adiacenze della casa del padre degli Strangis. Il prezzo pattuito era di 1.500 Euro. Lo stesso Gino Strangis mi ha rivelato di essere in possesso di altri fucili mitragliatori e giubboni antiproiettili. Una volta reperite le armi, abbiamo mostrato le due pistole calibro 38 a Romeo Calvano al quale abbiamo riferito della disponibilit del fucile mitragliatore, fucile che lo stesso tempo dopo ha maneggiato…».

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