Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 22:51
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 3 minuti
Cambia colore:
 

giustizia

Di Matteo: «L’abolizione dell’ergastolo interessa da sempre le mafie. Lo Stato non può cedere» – VIDEO

Il consigliere del Csm sui provvedimenti a magistrati del distretto di Catanzaro: «Si deve poter pensare che siano indipendenti da ogni potere»

Pubblicato il: 02/12/2022 – 17:14
di Alessia Truzzolillo
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
Di Matteo: «L’abolizione dell’ergastolo interessa da sempre le mafie. Lo Stato non può cedere» – VIDEO

CATANZARO «Il Consiglio superiore della magistratura deve essere molto attento, sempre, in ogni caso, non soltanto a Catanzaro ma ovunque a cercare di garantire non soltanto l’indipendenza e l’imparzialità della magistratura ma anche l’apparenza dell’indipendenza e dell’imparzialità della magistratura. I cittadini hanno diritto, nel momento in cui si rapportano alla magistratura, di poter pensare che i magistrati siano autonomi e indipendenti rispetto a ogni altro potere, istituzionale ma anche illegale». Il consigliere del Csm Antonino Di Matteo non si è molto sbilanciato sulla domanda circa lo stato di salute della magistratura nel distretto di Catanzaro dopo le recenti decisioni del Plenum, come il trasferimento di due giudici della Corte d’Appello di Catanzaro – Pietro Scuteri e Giuseppe Perri – e la sanzione della censura da parte del Csm all’ex procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla.

«L’abolizione dell’ergastolo un tema sempre stato a cuore delle mafie»

Il magistrato siciliano è intervenuto all’università Magna Graecia di Catanzaro al convegno sull’”Ergastolo ostativo – Il problema e le implicazioni costituzionali”, organizzato dal dipartimento di Giurisprudenza, Economia e Sociologia, dal centro di ricerca Rapporti privatistici della Pubblica Amministrazione, dalla scuola di Alta formazione dell’Università e dalla struttura di formazione decentrata presso la Corte d’Appello di Catanzaro. «Il tema dell’abolizione dell’ergastolo, inteso come fine pena mai, è un tema che è stato sempre a cuore alle mafie, ai vertici di Cosa Nostra e non solo di Cosa Nostra fin dai tempi in cui una riforma in tal senso costituiva uno degli obbiettivi della campagna stragista tra il 1992 e il 1994 – ha detto Di Matteo. Oggi il paradosso è che proprio uno di quelli che sono stati condannati per avere organizzato ed eseguito quegli attentati, potrebbero accedere ai benefici e uscire dal carcere. A distanza di 30 anni da quelle stragi potrebbero essere liberati proprio coloro i quali sono stati condannati per le stragi. Da questo punto di vista credo che il decreto legge sia un segnale di attenzione importante».

«La mafia si aspetta che la politica ridimensioni i poteri del pubblico ministero»

«È comunque – ha osservato il componente Del Csm – un tema molto delicato, nel senso che le aspettative delle mafie su questa vicenda sono tante, e certamente lo Stato in tutte le sue componenti dovrà dimostrare di non sottostare a eventuali ricatti mafiosi che possono essere ancora in atto proprio, tra gli altri temi, sul tema dell’ergastolo. La mafia ancora si aspetta dalla politica il raggiungimento di obiettivi precisi: uno di questi è l’abolizione dell’ergastolo, l’attenuazione del regime del 41 bis, ma si aspetta anche che la politica in qualche modo ridimensioni i poteri di indagini del pubblico ministero, renda più difficili le inchieste, le intercettazioni e tutto quello che può mettere in luce eventuali contatti e rapporti tra le mafie e altri poteri». Secondo Di Matteo, inoltre, «oggi stiamo assistendo al paradosso per cui collaborare con la giustizia non conviene più o comunque non è così conveniente dal punto di vista delle conseguenze processuali e penitenziarie rispetto a quanto lo fosse prima. La proposta del senatore Scarpinato può essere una ulteriore base per una modifica, per miglioramento del decreto legge in sede di conversione anche perché – ha concluso il componente del Csm – non credo che possa passare l’idea che lo Stato non è in grado di proteggere un collaboratore di giustizia».

Argomenti
Categorie collegate

x

x