RENDE «Il consiglio comunale è ostaggio di pochi. Quello che è accaduto nello scorso consiglio ne è la prova più evidente». Così “Rende per Rende” in una nota a firma di Massimiliano De Rose, Enrico Monaco, Michele Morrone. «Non è difficile capire chi siano a Rende coloro i quali hanno interesse che non si discuta della situazione politico amministrativa conseguente alle note indagini giudiziarie che hanno portato la Commissione prefettizia in municipio. Da questa premessa – sostiene “Rende per Rende” – si può comprendere come quanto accaduto nella seduta del 20 dicembre scorso, renda palese il fatto che “qualcuno” abbia chiesto al Presidente di adoperarsi affinché non si dibattesse in consiglio della situazione rendese e, soprattutto, non si arrivasse a votare la proposta di dimissioni rivolta dalle minoranze all’intero consiglio comunale. Infatti, indipendentemente dalla discussione sul punto all’ordine del giorno, in ogni caso il consiglio del 20 poteva concludersi solo dopo la votazione “per alzata di mano” sulla proposta dei 10 consiglieri di minoranza di dare corso alle dimissioni collettive ex art. 141 (per le quali occorrono almeno 13 consiglieri rispetto ai dieci firmatari attuali). È tutta qui la questione che spiega l’accaduto.
Rimaniamo basiti da narrazioni travisanti e pretestuose di alcuni, restiamo perplessi innanzi all’irresponsabilita’ di chi, nel consiglio comunale, ancora si rifiuta di cogliere la gravità del momento e alimenta conflitti da tifoseria pur di distrarre e confondere la cittadinanza, il tutto sulla pelle di Rende. Bastava che ciascun consigliere di maggioranza esprimesse innanzi al Consiglio comunale, ed alla città, le proprie ragioni e il perché non intendesse aderire alla proposta di dimissioni collettive ex art. 141 Tuel formalizzata con il documento prodotto dalle minoranze. Del resto mentre è fin troppo evidente che le minoranze non avessero altro da aggiungere a quanto avevano già espresso per iscritto nel documento depositato (e letto dallo stesso presidente del consiglio in apertura dei lavori), altrettanto evidente è che sarebbe stata la maggioranza eventualmente a dover replicare per dissentire dalla proposta delle minoranze con la discussione in consiglio. Che alla presentazione del documento delle minoranze seguisse o meno la discussione, in ogni caso, il presidente Morrone – anche in assenza di interventi – mai avrebbe potuto chiudere i lavori del Consiglio senza prima aver sottoposto al voto dell’aula la proposta contenuta nel documento. Evidentemente per “qualcuno” non era poi così scontato o troppo rischioso consentire che tutti i consiglieri (anche quelli di maggioranza) si esprimessero sulla proposta di dimissione collettive attraverso il voto». “Rende per Rende” aggiunge: «Non che ci aspettassimo di raggiungere (con l’adesione di altri 3 consiglieri) i 13 occorrenti per concretizzare la procedura di scioglimento da noi proposta, ma neppure potevamo immaginare che a Rende si fosse al punto di arrivare ad impedire il confronto democratico in Consiglio comunale, evitando più che la discussione (solo eventuale) assai più gravemente, il necessario e insopprimibile diritto voto sul documento oggetto del Consiglio. L’intento era evidentemente quello di liquidare la seduta con ogni pretesto e il presidente Morrone, in mancanza di interventi, anziché passare alle operazioni di voto sul documento (come previsto da regolamento), ha maldestramente ceduto al “colpo di scena” di chiudere i lavori del Consiglio, affrettandosi ad abbandonare l’aula nell’ incredulità di “quasi” tutti i presenti. Basta questo a dare la misura dello scadimento, anche istituzionale, che ancor più aggrava la situazione in cui rimane costretta Rende. E allora occorre che i rendesi si pongano soltanto due domande. Chi non vuole che in Consiglio comunale si parli della grave situazione venutasi a creare a Rende? Chi ha interesse ad impedire che ciascun singolo consigliere (di maggioranza) esprima una posizione ed un voto sulla proposta delle minoranze di procedere a dimissioni collettive ex art.141 Tuel? Dopo il Consiglio comunale del 20 dicembre è più chiaro a tutti di chi e di quali interessi sia ostaggio non solo il Consiglio comunale, ma l’intera comunità di Rende».
x
x