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‘Ndrangheta, il potere dei Bonavota tra Piemonte e Liguria. «Comandano tutta la Calabria e Torino»

Nelle motivazioni della sentenza “Carminus”, le ingerenze della cosca di Sant’Onofrio tra Genova e Torino e il timore degli imprenditori

Pubblicato il: 15/01/2023 – 7:52
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta, il potere dei Bonavota tra Piemonte e Liguria. «Comandano tutta la Calabria e Torino»

VIBO VALENTIA I segnali della presenza della potente cosca di ‘ndrangheta dei Bonavota in Liguria ci sono da moltissimo tempo. Già nel 2008 l’allora latitante Domenico Bonavota, figlio del defunto boss dell’omonimo clan di Sant’Onofrio e fratello del super latitante Pasquale, era stato arrestato insieme al suo fedelissimo Antonio Patania a Genova. Dalle risultanze investigative, riportante poi nell’inchiesta “Maglio”, era emerso che a favorire la loro latitanza fosse stato Onofrio Garcea non solo adoperandosi nei loro confronti, ma anche mettendo loro a disposizione un’abitazione. Il 72enne originario di Pizzo ma residente a Genova, noto anche come “Mezzalingua”, parente della famiglia Bonavota, è stato condannato, a novembre del 2020, a 7 anni e 9 mesi di carcere perché accusato di aver avuto un ruolo fondamentale per la formazione del locale di ‘ndrangheta nel capoluogo ligure.

Il processo “Fenice-Carminius”

È questo uno dei passaggi chiave emersi dal processo nato dall’inchiesta “Fenice-Carminius” condotta dalla Dda di Torino. La sentenza, emessa il 10 giugno del 2022, ha dimostrato, nonostante qualche assoluzione, che esisteva un gruppo di ‘ndrangheta, operante a Carmagnola e nella zona Sud di Torino, capace di intimorire la cittadinanza, stringere legami con segmenti della politica e dell’imprenditoria ed assoggettare il territorio. Altri soggetti considerati dagli inquirenti «strettamente legati alla cosca Bonavota» e avvistati in “trasferta” tra Genova e Torino sono poi Francesco Salvatore Fortuna, cl. ’80 ed esponente di spicco della cosca di ‘ndrangheta Bonavota di Sant’Onofrio, e Gaetano Loschiavo, cl. ’88, entrambi coinvolti nel processo “Rinascita-Scott” attualmente in corso in aula bunker a Lamezia Terme. Durante le indagini, peraltro, Salvatore Francesco Fortuna era stato arrestato con l’accusa di aver partecipato all’omicidio di Domenico Di Leo. Gli incontri tra Fortuna, Loschiavo e Garcea risultavano essere continuativi nel tempo in quanto erano stati accertati già dai Carabinieri del ROS di Genova che aveva già investigato nell’indagine “Maglio”.

I viaggi dalla Calabria verso Torino e Genova

Dalle fine del 2014, come è stato confermato nel corso del dibattimento, Fortuna e Loschiavo avevano iniziato ad effettuare numerosi viaggi dalla Calabria al nord Italia, recandosi a Genova e a Torino per incontrare, rispettivamente, Davide Garcea – figlio di Onofrio – e i fratelli Raffaele Serratore (già condannato in abbreviato dal gup di Torino Elena Rocci) e Antonio, considerati «punti di riferimento della cosca Bonavota». In quel periodo Onofrio Garcea era in carcere, a Genova, insieme a Salvatore Carpino. Quest’ultimo aveva prospettato a Garcea un possibile affare nelle costruzioni insieme al nipote, Vincenzo Colosimo. Successivamente Davide Garcea, figlio di Onofrio, aveva preso contatti con Vincenzo Colosimo, il quale a sua volta si era interfacciato con Carmelo Griffo, di fatto il reale titolare dell’impresa di costruzioni, per il riciclaggio di denaro all’interno della stessa società, imprenditore di origini calabresi e considerato, dagli inquirenti, contiguo alle famiglie di ‘ndrangheta calabrese.

Il tentativo di acquisire i cantieri

Così come è emerso nel corso del processo, gli incontri si intensificano a partire da gennaio del 2015. Un costante via vai tra la Calabria, il Piemonte e la Liguria. C’è una prima trasferta – dal 12 al 16 gennaio 2015 – preceduta da un colloquio in carcere tra Onofrio e Davide Garcea e da uno tra Salvatore Carpino e la moglie. La seconda trasferta, invece, è stata registrata dagli inquirenti dal 19 al 21 gennaio 2015. Fortuna e Loschiavo partono da Sant’Onofrio, arrivano a Roma e incontrano Pasquale Bonavota a Roma, poi a Burago di Molgora e a Genova, dove incontrano Davide Garcea. «Compa’ – dice Garcea a Colosimo – tu portami tutto quello che puoi avere, non portarne uno, ce ne hai tre progetti, uno differente dall’altro, me li porti tutti e tre, belli, uno pinzato in un modo, uno nell’altro, quelli… capito? In modo che magari uno non interessi, interessa l’altro. Però intanto se c ’è che a loro gli interessa ti dicono a noi ci interessa, perché possiamo farlo questo lavoro qua, se loro sono interessati io ti contatto». Davide Garcea, dunque, aveva chiesto a Vincenzo Colosimo di fargli avere la documentazione richiesta entro il martedì successivo per poterla far visionare al padre durante il colloquio in carcere.

«Chi ca**o li conosce questi qua»

I dialoghi, gli incontri e le trattative sono serrati. Da una parte gli esponenti dei Bonavota cercano di inserirsi nell’azienda di Colosimo per poterlo estromettere del tutto dai cantieri, liquidandoli con 15mila euro, dall’altra c’è la preoccupazione di Griffo, convinto che tutto l’affare sia una trappola tesa nei suoi confronti perché aveva diversi nemici in Calabria, i quali potevano sfruttare la situazione per vendicarsi di lui. «Guarda – spiega Griffo a Colosimo in una conversazione – che le cose, per dire, non è che sono tanto aggiustate là sotto, capisci, io ho anche nemici, non è che si gioca» «lo sai tu se sono amici dei miei nemici, che cazzo li conosce a questi qua!». Significativo, poi, un altro dialogo intercettato tra Colosimo e Griffo mentre si trovavano al casello di Chiavari in attesa degli interlocutori Fortuna, Loschiavo e Garcea. «(…) si accollano il mutuo e prendono dei prestanome, impestano tutta Milano, Torino, Genova, hanno la piazza. Non penso che questi decidano, poi decidono i grandi, questi li hanno mandati per vedere qua e per parlare con te, poi stasera se ne vanno e tac».

«Questi comandano tutta la Calabria»

Il 22 febbraio 2015 c’è un’altra trasferta (la sesta registrata dagli inquirenti) quando Fortuna e Loschiavo partono nuovamente dalla Calabria per recarsi a Burago di Molgora. L’incontro con Vincenzo Colosimo è fissato per il 25. Una volta terminato, mentre è in auto con il padre Giuseppe, Vincenzo spiega al genitore la situazione, rappresentandogli che i suoi interlocutori erano soggetti potenti e pericolosi. «Loro sono due o tre, sono. Si nascondono. Sono pericolosi questi, ma veramente questi (…) comandano tutta la Calabria e tutto Torino». E, a bassa voce, sottolinea: «Comandano, papà!». Carmelo Griffo contatta il primo marzo 2015 Colosimo chiedendogli aggiornamenti sull’andamento della trattativa e quest’ultimo gli aveva confermato che le condizioni a loro proposte non erano modificabili e pertanto l’operazione volta all’acquisizione dei cantieri era sfumata. (g.curcio@corrierecal.it)

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