Riceviamo e pubblichiamo l’intervento di Massimo Tigani Sava in merito all’articolo pubblicato questa mattina e, a seguire, la controreplica di Paride Leporace.
«Reggio, Catanzaro, Cosenza. Greca la prima, bizantina la seconda, bruzia la terza. Io credo nei fenomeni storici di lunga durata individuati dalla storiografia francese, senza però, com’è ovvio, semplificare o banalizzare. Concordo quindi con l’amico e collega Sergio Dragone, cui mi accomunarono in passato una militanza socialista e collaborazioni professionali, sull’impossibilità storico-culturale e strutturale di Catanzaro di intraprendere battaglie che possano lontanamente somigliare ai moti di Reggio. La nobilissima e antichissima Città dello Stretto, ripeto, è greca, come la vicina Sicilia. Lo è nella genialità artistica e nel carattere, nell’indomito orgoglio dell’indipendenza, nella dimensione tragica tutta ellenica. Io amo immensamente Reggio anche perché mia madre è originaria di Armo, piccolo abitato sopra Gallina, con la sua vallata profumata da bergamotti. Un reggino doc considera già la Costa Viola all’estero. Figurarsi Catanzaro o la silana Cosenza. Reggio non sopportò l’arroganza della potente Siracusa e in quello scontro epocale ci rimise le penne a favore di Locri. Un reggino non si piega, se ci riesci puoi solo spezzarlo. Reggio è indomabile e ribelle, colta e aristocratica. La Catanzaro in cui vivo nasce e diventa importante con i Bizantini. Catanzaro ha visto crescere se stessa gestendo funzioni pubbliche primarie: militari, giudiziarie, di governo. Catanzaro è serena, educata, sorridente, talora cerimoniosa, è abituata alla mediazione, ha consuetudine ultrasecolare con la gestione dei poteri. La Città dei Tre Colli sa che il potente dell’oggi va rispettato fino al giorno prima del crollo, facendosi quindi trovare pronta a gestire una seconda fase a sua volta preparatoria della terza: cauto scetticismo e senso del divenire. Catanzaro è anche burocrazia esperta, quella che non tramonta mai, competenza giuridica, attitudine a gestire lo stress. Errori di qualche decennio fa e anche recenti, però, hanno indebolito il ruolo politico di Catanzaro in Calabria e in Italia, il livello medio generale dei protagonisti della vita civile si è abbassato, anche per una sorta di sindrome sibarita: troppo benessere, troppi interessi delocalizzati, troppa propensione a trasferire fuori regione le nuove generazioni, troppe menti hanno fatto passi indietro cercando percorsi individuali, spirito civico declinante, più opportunismo e meno valutazioni strategiche. I risultati non ottimali si sono visti: da troppo tempo Catanzaro conta poco o nulla. A Nicola Fiorita è andato il merito di aver risvegliato un sano orgoglio cittadino troppo assopito. Roberto Occhiuto l’ha capito ed è intervenuto. Nello stesso giorno in cui si teneva il Consiglio comunale aperto il presidente ha diffuso la notizia del “parere” ministeriale (era proprio necessario questo passaggio romano?). Roberto Occhiuto è tra i pochi politici meridionali che sia riuscito a contare anche nella Capitale, ed attualmente in Calabria è lui che dà le carte, sfruttando abilmente sia la debolezza politica dell’opposizione di centrosinistra sia dei suoi alleati. Da osservatore ormai di lungo corso gli consiglio di stare attento ai sentimenti più profondi dell’opinione pubblica oltre che, ma lui lo sa meglio di me, di continuare a costruire argini contro le mai bonificate paludi di un territorio in cui ‘ndrangheta, massomafia e burocrazia corrotta continuano ad andare a braccetto o a camminare lungo le strade parallele del malaffare, così come tante inchieste della magistratura mettono in luce. Occhiuto è potente, ma io non temo di sottolineare che la sua ultima nota di risposta alla Città di Catanzaro non è stata limata al meglio: traspariva un po’ di nervosismo politico che, di fatto, ha dato ragione a Nicola Fiorita e ne ha accresciuto l’importanza. Gli stessi editoriali dei colleghi Paride Leporace e Filippo Veltri testimoniano, per noi che con la testa e la penna ci viviamo, che a Catanzaro è nato un leader e si chiama Nicola Fiorita. Un leader che muove i suoi primi passi e che, non avendo avuto il timore di difendere la propria comunità, e con essa la speranza di una Calabria non più costretta a tirare da un lato e dall’altro una coperta troppo risicata, potrebbe avere un futuro. Fiorita avrà terreni da arare se deciderà di essere tutto d’un pezzo, se delegherà le scivolose noie del potere ad altri, se farà politica con la “P” maiuscola, se si proporrà come paladino della Calabria democratica, progressista e del cambiamento. Con il collega e amico Filippo Veltri ho appena avviato una nuova collana di libri di Local Genius proprio per tentare di aprire ragionamenti alti. Ci proviamo. Glielo dico sempre, a Filippo, che ha caratteri bruzi. I Bruzi furono combattivi e ardimentosi. Li stimava tanto Annibale. Si schierarono contro la Repubblica Romana e pagarono un prezzo pesantissimo. Dei Bruzi salvo lo spirito battagliero e l’anelito libertario, ma io ho più affinità con la Cosenza di Bernardino Telesio e dell’Accademia. Bernardino, a detta del filosofo francese Francesco Bacone, fu “il primo degli uomini nuovi”. Lo capì per primo lo stilese Tommaso Campanella, la cui incorruttibile tenacia mi richiama quella di Nicola Gratteri. L’Unical, fiore all’occhiello di un Mezzogiorno moderno, dovrà continuare a ricollegarsi al genio innovativo di Telesio, proponendosi come riferimento avanzato, anche morale, di un Mezzogiorno da rigenerare prima ancora che di una Calabria da trainare verso orizzonti migliori. A Paride Leporace chiedo se l’intera vicenda della duplicazione di Medicina in Calabria non dovesse essere presentata e gestita in modo diverso, più arioso e armonioso, non imposta ma spiegata, anche perché collegata a un mondo della sanità che, tra diverse eccellenze, non è solo un ridente giardino. A noi intellettuali, se ci riteniamo tali, il compito di richiamarci alle radici cassiodoree, gioachimite, telesiane, campanelliane delle Calabrie piuttosto che alle manifestazioni di poteri che, a mio modesto avviso, proprio nella comunicazione strategica dovrebbero essere più attenti e lungimiranti. Sergio Dragone, Filippo Veltri e Paride Leporace, pur su posizioni diverse, lo hanno capito come me: in questa partita politica di “Medicina” Roberto Occhiuto ha saputo ribadire che lui è il baricentro, che conta tanto, ma Nicola Fiorita è cresciuto molto difendendo princìpi giusti con parole e argomenti corretti. Partita finita, Paride, o partita appena iniziata? Cassiodoro avrà sorriso, Telesio starà ragionando, e comunque tutti attenti a non svegliare Campanella!».
Massimo Tigani Sava
Replico per cortese confronto e non per avere l’ultima parola a Tigani Sava che ringrazio per la sua dotta dissertazione. Sul buon Fiorita osservo che i due ricorsi al Tar su azienda unica e facoltà di Medicina all’Unical non sono stati presentati. Tanto rumore per nulla? C’era bisogno di tanto trambusto per discutere pianificazione e presunte distorsioni nel miglioramento della sanità calabrese? Mi si permetta anche di difendere il ruolo di Sibari, città da dolce vita prima di Fellini e metropoli della Storia antica che non mi dispiacerebbe fosse buon mito delle nostre città abbastanza malmesse. Osservo, infine, con mite pacatezza che Massimo Tigani Sava è tornato ad un alveo più consono alle sue aspirazioni da Tommaso Campanella. Il fatto che due anni fa egli avesse accettato ruoli di responsabilità politica nella Lega di Matteo Salvini mi aveva molto prostrato. Il tradimento dei chierici meridionali a favore di chi ci ha insultato (basta solo quello ) non è stata vicenda da poco. Mi fa piacere il ravvedimento a favore del progetto di Fiorita.
Paride Leporace
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