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Fida Stinchi, l’orgogliosa maestra cosentina che fu la madre di Aldo Moro

Ad Acri la presentazione del libro del nipote dello statista, Renato Moro. «Quando nonna Fida replicò ai giornaloni sulla rivolta di Verbicaro»

Pubblicato il: 28/01/2023 – 17:11
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Fida Stinchi, l’orgogliosa maestra cosentina che fu la madre di Aldo Moro

ACRI Storia di una maestra del Sud che fu la madre di Aldo Moro, questo il titolo del libro edito da Bompiani e scritto da Renato Moro, professore ordinario di Storia contemporanea, figlio di Alfredo Carlo Moro e nipote dello statista democristiano Aldo Moro. Nelle pagine, scritte con rigore scientifico ma anche con la sollecitudine del familiare, i dettagli inediti e il percorso sconosciuto ai più di quella che è, a tutti gli effetti, una storia che ha dato tantissimo al Paese. 
Al centro della narrazione la figura della mamma di Aldo Moro, Fida Stinchi, nata a Cosenza e donna straordinariamente sorprendente per il profilo di impegno culturale, professionale, civico e politico ma anche per l’intensità di scelte maturate ed affermate in una famiglia dei primi decenni del ‘900. 

Fida Stinchi, di cui l’autore del libro cerca ancora la casa natale in via San Francesco a Cosenza, è stata infatti paladina dell’emancipazione femminile, maestra, conferenziera e pensatrice. Fida e Renato sono espressione del  mondo piccolo borghese di inizio Novecento, entrambi  figli di maestri del Sud dell’Italia e unitisi in una storia d’amore e di vita legata da “afflato ideale di bene umanitario”. 
Il libro è stato presentato, alla presenza di Renato Moro, nell’incantevole Palazzo San Severino di Acri grazie all’inziativa assunta dall’associazione Culturale il “Faro- Pietro Fusaro”. Presente anche il sindaco di Acri Pino Capalbo.
«Per noi – ha sottolineato il presidente del sodalizio Giorgio Sposato – è motivo di grande orgoglio aver avuto la possibilità di discutere ed approfondire i temi di questo libro, una grande storia italiana nella quale troviamo elementi che – ancora oggi – sono significativi. Penso al valore della famiglia, all’impegno professionale, alla scuola intesa come strumento di formazione e di affermazione personale». 
Significativo il contributo offerto alla discussione da Giuseppe Scaramuzza, già presidente di quella Fuci, Federazione Universitaria Cattolica Italiana, nella quale la famiglia Moro ha scritto pagine importanti «per me – ha sottolineato Scaramuzza – il libro è stato una scoperta coinvolgente ed emozionante, Fida Stinchi era uno spirito libero, tutto nella sua vita e nel suo rapporto con Renato Moro è riassumibile attorno al valore della coscienza. I suoi passi sono stati illuminati da una fede pensante, era infatti critica verso una forma di religiosità ingessata, formale e senza conseguenze concrete nella quotidianità».

Coinvolgente il racconto offerto al pubblico dall’autore Renato Moro: «Questo libro vuole raccontare una storia di vita, mi sono letteralmente imbattuto nelle carte di famiglia, nelle centinaia di lettere che i miei nonni si sono scambiati e ho pensato che una storia così intensa e poco conosciuta era meritevole di attenzione. D’altro canto le parole di mio padre ed anche di zio Aldo raccontavano di questa nonna e della sua sconfinata devozione alla famiglia, ma sono sempre rimasti in ombra tutti gli altri elementi che caratterizzavano una personalità forte, autonoma, indipendente. Nonna Fida – ha sottolineato ancora l’autore – era una donna del Sud, determinata e consapevole delle proprie qualità, femminista, giornalista e meridionalista. Mi piace citare l’articolo con il quale replicò, dopo i drammatici fatti di Verbicaro e la rivolta che li si consumò, alle grandi firme dei giornali del Nord che qualificavano i contadini come zotici e pericolosi. In quell’articolo Fida Stinchi puntò il dito contro il Nord del Paese e, più correttamente, contro le politiche e le scelte che lasciavano il Sud in una condizione di estremo bisogno e marginalità. Ma ci tengo anche a ricordare il profilo e la consapevolezza di una donna e di una maestra che pensava fermamente che l’emancipazione delle masse popolari dovesse e potesse avvenire proprio attraverso la scuola. Rinunciò poi in parte alla propria carriera dedicandosi alla famiglia ma, in fin dei conti, la sua opera più importante è consistita  nell’eredità spirituale che trasmise ai figli. E di questa personalità, della sua eredità spirituale vi è traccia visibile anche nell’ultima drammatica lettera scritta da zio Aldo».

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