Il racconto di un rapporto tossico alla polizia di Cosenza. «Se non obbedivo mi picchiavano»
La confessione della vittima agli agenti della Questura. «Mi percuoteva con il crick di un’auto e un palo in ferro»

COSENZA «Voglio raccontare la mia storia in questa sede». E’ il 7 maggio 2022, quando un 40enne brasiliano, ma residente nella città dei bruzi, raggiunge la Questura di Cosenza. Una vita dolorosa, vissuta tra l’adozione a 7 anni da parte di una famiglia cosentina, la morte della mamma che lo ha cresciuto e un presente segnato da amicizie sbagliate e anni vissuti da «schiavo» di una relazione di sudditanza nei confronti di tre persone finite ai domiciliari nell’ambito di una operazione conclusa dalla Squadra mobile della Questura di Cosenza e coordinata dalla procura di Cosenza.
La confessione
Il 40enne trova forza e coraggio per raccontare agli agenti di Polizia come coloro che riteneva amici si siano in realtà dimostrati poco interessati alla sua vita. L’obiettivo era spingerlo nel baratro e approfittare della sua condizione di disperazione. «In un primo momento sono stati gentili con me ma col passare del tempo il rapporto tra di noi è divenuto in un certo senso “tossico”, in quanto ogni qual volta io non obbedivo ai loro desideri», uno degli indagati «mi percuoteva sia con le mani che anche con bastoni e quant‘altro».
Diversi gli episodi denunciati. «Mi picchiò con il crick di un’autovettura, tanto da rompermi una vertebra cervicale». Le botte si registravano «con cadenza quotidiana» ogni volta che non assecondava i suoi voleri, anche con «un palo in ferro». I mesi passano e il 40enne incontra l’ennesima persona sbagliata. Che «nel giugno del 2021, mi propose di partecipare a una frode assicurativa, nella quale io dichiarai falsamente di essere stato a bordo di un furgone che avrebbe avuto una collisione contro un ‘altra autovettura, in Saporito di Rende». Oltre a quanto raccontato, «mi capitò nella primavera del 2021, che un soggetto mi proponesse un trasporto di gomme in quel di Pescara, per un compenso pari a 150 euro per il singolo viaggio. Seppi però sin da subito che oltre agli pneumatici stavamo trasportando anche sostanza stupefacente in polvere, stipata e nascosta in un vano posto sotto il serbatoio del carburante, dove era stato ricavato uno spazio alla bisogna. Una volta giunti in quel di Pescara, mi lasciò presso un bar e poi, dopo circa un ‘ora, mi venne a prendere confidandomi poi che nel frattempo aveva effettuato la consegna».
Il prestito e la minaccia
La vittima aveva ottenuto il reddito di cittadinanza, ma dopo aver denunciato lo smarrimento della carta «originariamente in possesso» dei due coniugi indagati fu costretta a cedere anche la seconda carta rilasciata al terzo indagato «in quanto avevo ottenuto da quest’ultimo e dal cugino un prestito pari a 500 euro. I due pretesero da me il pagamento su base trimestrale, in ragione di tale prestito, di una somma pari a euro 1.500. Ove io non avessi ottemperato entro i tre mesi, la somma sarebbe lievitata fino a giungere a 3.000 euro, ragione questa per cui i due trattenevano a garanzia del loro credito la mia carta del reddito di cittadinanza».
La pressione e il tentativo di fuga
Vivere quotidianamente sotto minaccia di ritorsioni fisiche e psicologiche diventa difficile. Il 40enne brasiliano racconta agli investigatori di un tentativo di fuga. «Cercai asilo presso una conoscente a Pedrengo», ma i coniugi riuscirono «a sapere che io ero lì e iniziarono a tartassare quella donna di telefonate e contatti, tanto che la stessa ha fatto in modo di dirmi che era opportuno che io tornassi a casa, circostanza effettivamente avvenuta». Lo sfogo del brasiliano avviene anche con una donna, raggiunta telefonicamente. Il 30 aprile 2022, dopo incessanti ricerche, uno degli indagati
riesce a contattare la vittima. «Dimmi dove sei, dove ti trovi», «non te lo dirò mai…» risponde il 40enne. La chiosa ad un inferno durato mesi. (f.benincasa@corrierecal.it)