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l’inchiesta

La ‘ndrangheta di Rivoli è un cubo di Rubik. E si nasconde nelle visure camerali

Il Monopoli del commercialista sorvegliato speciale. Gli “scontri” con la Calabria e l’ascesa dei fratelli Crea. «Abbiamo Torino in mano»

Pubblicato il: 13/04/2023 – 6:45
di Paride Leporace
La ‘ndrangheta di Rivoli è un cubo di Rubik. E si nasconde nelle visure camerali

Rocco Barbaro, comico e cabarettista, deve il suo successo soprattutto alla Calabria. E’ nato a Rivoli, figlio di emigrati, e racconta luoghi comuni contaminati delle sue due patrie. E’ cittadino onorario di Rivoli invece Pino Masciari, testimone di giustizia calabrese che al Nord ha preso da tempo la scena pubblica contro la ‘ndrangheta.
Due volti calabresi legati a Rivoli, cittadina di 50mila abitanti, estensione periferica di Torino. Un satellite della metropoli. Masse di proletariato meridionale, in prevalenza calabrese, l’hanno popolata ai tempi del boom economico. E Rivoli si è allargata fino a toccarla, Torino.
La ‘ndrangheta a Rivoli è una sorta di cubo di Rubik. Ricomporne mappe, organigrammi, testi e contesti non è impresa semplice.
A leggere le ultime relazioni della Dia qui comanda la consorteria di Cirella di Platì, famiglia Fabiano, appartenente alla “corona” aristocratica mafiosa della Jonica reggina, e i Romeo di San Luca. Cognomi che si susseguono nei Piani di trasparenza come burocratica annotazione di una ombrosa presenza criminale che ha modificato antropologia e comportamenti nel corso del tempo.

Il Monopoli di Giuseppe Pontoriero

Il sequestro della “Cascina Scola” a opera della Dia

Giuseppe Pontoriero, 75 anni, è nato a Ricadi, paradiso turistico calabrese. E’ un colletto bianco, un commercialista. Un emigrato. E’ stato assolto dall’accusa di essere il contabile “locale” dei malamente calabresi. La Cassazione comunque lo definisce «socialmente pericoloso» e lo ha sottoposto a 4 anni di sorveglianza speciale sequestrando un tesoro di beni e denari niente male. Immobili, denaro, quote societarie e l’agriturismo di Rivoli “Cascina Scola”. Un perito agrario pensava di aver fatto un buon affare nell’intestarsi il bene sequestrato, poi da un articolo di giornale per caso ha scoperto chi era l’imprenditore. Pontoriero, nel 2012 arrestato nell’operazione Pioneer, due anni dopo patteggia un anno e dieci mesi per aver riciclato un milione di soldi sporchi. In Appello tutto cambia e viene assolto perché “il fatto non sussiste”. Ma la Dia non lo molla. C’è sproporzione tra quanto dichiara il commercialista e i beni che possiede. E’ un maestro nel plasmare finanza creativa. Nell’ordine di sequestro 36 immobili che vede la penisola italiana come un Monopoli che disloca case e terreni tra Lecce, Vibo, Torino, Aosta e Savona.

Mauro Esposito

L’architetto che avrebbe preferito girarsi dall’altra parte

Stefano Ugo Visentin, 49 anni, incensurato, di Rivoli, a maggio del 2022 è stato arrestato per aver brigato per conto di Giuseppe Ursino, il nipote di Rocco Lo Presti, che dal carcere tentava di riprendersi con le minacce il ristorante “Lettera 22” in Val Susa sequestrato dalla magistratura. La ‘ndrangheta è storia di roba economica.
Devi stare attento con chi fai affari. Mauro Esposito, architetto, studio di ingegneria affermato, grisaglia borghese e cadenza in italiano. Accetta una commessa dalla società Edilrivoli. Poi appare un riservista, un subappaltatore. Le varianti cambiano le cifre. Il contenzioso diventa complicato. Qualche minaccia. Esposito si trova con il contratto rescisso e perde i soldi investiti. Denuncia ai carabinieri. Cerca di essere risarcito come vittima di ‘ndrangheta. L’amministrazione pubblica lo ignora. Una attività economica distrutta e ora tra Iene e denunce pubbliche il suo consiglio è «Se mi fossi girato dall’altra parte senza denunciare la ‘ndrangheta sarebbe stato meglio».

La Camera di compensazione negata dal “Mastru”

Più che nelle copiate la ‘ndrangheta di Rivoli la trovi nelle visure camerali. Un nome pulito apre un’impresa edile. Subappalti, opere pubbliche private. Il movimento terra ormai è diventato rischioso. Ti occupi di carpenteria per esempio. Gli operai pagati in nero pagati con il provento della droga. Le Olimpiadi a Torino sono andate anche così.
E il bene si confonde con il male.
Nel 2010 la Giustizia ha messo a soqquadro la ‘ndrangheta piemontese. Peppe Catalano, capo del locale di Torino, ha il suo rompicapo a tenere alla stanga altri nove capizona. Vorrebbe una Camera di compensazione come quella della Lombardia e della Liguria. Le guerre intestine sono pericolose. I capi del locale di Rivoli dell’epoca, Adolfo e Cosimo Crea, sono stati arrestati e condannati a dieci anni. Ci sono 40 picciotti senza guida. Salvatore De Masi, capo del locale di San Mauro Torinese, ha messo gli occhi su quello di Rivoli. Anche perché vive in quella città dove ufficialmente fa l’imprenditore edile. Nelle informative diversi incontri con politici e personaggi particolari. Il suo armiere sarebbe Francesco D’Onofrio, originario di Vibo Valentia, residente a Nichelino. Un passato nella lotta armata nei Colp, una derivazione di Prima Linea. Ha sempre respinto le accuse dei pentiti ma condanne ne ha avute.
Peppe Catalano chiama in Calabria. Il referente è Giuseppe Commisso detto “U Mastru”. L’intercettazione parla chiaro: «Ma pure… Mastro, questo fatto della camera di controllo che hanno sia la Lombardia che la Liguria, perché a Torino non gli spetta? Che ce l’hanno la Lombardia e la Liguria, giusto?… siamo nove locali…». Nulla da fare. I Crea sono della fibbia di Pazzano, non si può fare. C’è l’opposizione del capo crimine di San Luca, Giuseppe Pelle detto “Gambazza” che non ha in simpatia De Masi. Rivoli era stata promessa anche a Pasquale Cufari, ma in diverse relazioni del tempo la Dia indica il locale come sede vacante.

L’intercettazione “sbagliata”: «Abbiamo Torino in mano a noi»

I fratelli Crea vengono da una generazione di ‘ndrangheta militare di composizione strettamente familiare. Sono di Stilo e oscurano i natali del filosofo Tommaso Campanella. Hanno una ditta che vende calcestruzzo. Ma nella Locride il ciclo del cemento appartiene ai Gullace-Novella. Finisce male. Adolfo e Cosimo scampano a due tentati omicidi. Sono perdenti. Arriva la ritirata. Mezza famiglia espatria a Roma, i due fratelli puntano Torino e si accasano a Rivoli.
La Giustizia punta i loro nomi quando va in fiamme un container di una società edilizia. Loro puntano su videopoker nei bar e sulle estorsioni.
Un loro picciotto fornisce l’intercettazione sbagliata vantandosi con la fidanzata: «Abbiamo Torino in mano a noi! …Chi ha Torino in mano è uno della mia età, mio compare». Per gli inquirenti è Adolfo Crea. Ufficialmente è titolare di una ditta di trasporti. Si muove coperto con una Panda e non usa il telefono. E’ scaltro. Ha al suo servizio un ispettore di polizia e un informatore dei Servizi. Si fa dare uno scanner per bonificare l’ufficio dalle cimici. Nel tempo diventerà “dipendente” di una ditta che lavora negli appalti pubblici. Titolare è un incensurato sardo. Messo sotto torchio dalle indagini non parla.
Crea temuti, altolocati, mal sopportati da altre famiglie. Giuseppe Giuffrè, boss vecchia guardia di Settimo Torinese disse al telefono: «Che stiano alla larga dove ci sono, se questo rompe i c… davvero ci saranno brutte discussioni. Questo zingaro di m… (Adolfo Crea) che è scappato da casa sua… e viene qua… e comanda qua sopra». Giuffrè è stato ammazzato a Bovalino il 28 dicembre 2008. I Crea non sono mai stati indagati per questo omicidio.

Adolfo Crea

Dissociazioni parallele a Rivoli

Dagli elementi in campo si ricava che i fratelli Crea perdenti in Calabria, al tramonto dei Belfiore, diventano i capi emergenti in Piemonte, riconosciuti dal Crimine di San Luca. Da Rivoli guidano l’organizzazione.
Nel maggio del 2021, Adolfo Crea ha lasciato il regime del 41 bis, grazie alla lotteria delle sentenze e degli sconti di pena. Oggi è uomo libero. Nel 2016 il fratello Aldo Cosimo in un processo aveva dichiarato: «Chiedo scusa. Ho sbagliato, ho commesso tanti reati, ma per me finisce qui». Una dissociazione. Si vedrà.
A Rivoli anche l’antimafia militante è cambiata. Nel giugno 2021 Libera e Legambiente hanno abbandonato L’osservatorio antimafia del Comune non condividendo la modifica del regolamento decisa dal centrodestra con astensione del Pd sull’indirizzo alla legalità. Una dissociazione anche questa.
Diceva Rocco Barbaro nativo di Rivoli, originario di Reggio Calabria: «Io me ne fotto del prossimo. Figurati del primo». (redazione@corrierecal.it)

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