LOCRI «Non abbiamo problemi professore, qui facciamo che vogliamo». Ne era convinto il primario del reparto di psichiatria dell’ospedale di Locri, Antonio Bombara, mentre nel suo studio riceveva un uomo che gli chiedeva una falsa certificazione medica per conto di una terza persona, peraltro in quel momento assente. «La diagnosi va bene questa?», chiede il professionista, «abdicando – scrivono qui inquirenti – alla propria discrezionalità tecnico-professionale». «Avoglia – risponde l’altro – perché c’è più forte di questa?» «No no – lo rassicura Bombara – marcato disturbo depressivo cronicizzato con componente fobico ossessiva», è la diagnosi che il professionista fa senza aver visitato la paziente o chiesto eventuali sintomi, come avverrà anche con altri. Dello stesso tenore sono infatti le altre conversazioni captate dagli investigatori e finite nelle carte dell’inchiesta “Sua Sanità” che questa mattina ha portato a misure cautelari per 11 persone e un totale di 90 indagati. È proprio il dottor Antonio Bombara (finito agli arresti domiciliari), insieme al collega Filippo Lascala, anche lui medico nel reparto di psichiatria, (finito invece in carcere) al centro dell’operazione della Guardia di Finanza con il coordinamento della Procura di Locri che ha dimostrato come i due non esercitassero «correttamente la professione medica, la ripiegavano – si legge nelle pagine dell’ordinanza firmata dal gip Federico Casciola – a vantaggio dei privati per fargli conseguire pensioni miracolose agendo come veri deus ex machina, ognuno dei due trattando la sanità locrese come fosse cosa “sua”».
«Che volete che gli mettiamo?», chiede il dottore a un uomo che si era recato nel suo studio per un certificato psichiatrico da rilasciare a una donna, questa volta presente ma che non viene sottoposta a visita. «Il massimo», risponde il suo interlocutore, che va ancora più nel dettaglio: «Dovete fare tutto bello pulito, non ha patente e vi dovete sbizzarrire… potete “picchiare con la croce”… la signora è un rinnovo assegno ordinario». E ancora, è lo stesso specialista che anziché fare una propria diagnosi chiede: «Depressione maggiore gliela mettiamo?”, mentre l’uomo chiederà anche la terapia per rendere il tutto ancora più credibile: «mettetegli pure pillole pesanti». Lo specialista non si sottrae, e anzi propone: «…vi metto il timbro mio così non vi dicono niente… così ve la danno sicura. Ecco qua…». Una conversazione intercettata che non sembra lasciare dubbi e che si conclude con una richiesta di denaro dallo specialista: 200 euro per un certificato falso. «Quanto al solito – spiega lui ai suoi interlocutori – duecento… quanto abbiamo fatto con gli altri… duecento signora come mi prendo con gli altri», «con gli altri che conosco eh! – specifica – Senno mi prendo assai vi dico la verità. Grazie signora».
La signora in questione risulterà all’Inps invalida per il 60%, tra la documentazione medica presentata verrà trovato proprio il certificato rilasciato da Bombara presso il proprio studio privato ma su carta intestata dell’ospedale di Locri e dell’Asp di Reggio Calabria, attestante che la visita fosse avvenuta «Presso l’ambulatorio di Psichiatria», si legge nelle carte dell’inchiesta in cui si parla di un vero e proprio «tariffario». «Dottò quanto è?», si legge in un’altra conversazione. «100 vedi come un amico e ti sto trattando al cento per cento e che mi prendo minimo 200», spiega Bombara. Ma a una donna che si era recata dallo specialista per un certificato che attestasse (falsamente) la necessità di effettuare un parto cesareo, il primario di psichiatria fa un ulteriore sconto: «Datemi 80. ma vedete che vi sto rispettando al 100 per 100, potete domandare in giro di quanto mi prendo». Nessun dubbio sulla validità del certificato, a detta del primario: «è fatto dell’ospedale questo… – spiega Bombara – vedete psichiatria dell’ospedale, voi vedete qua Struttura complessa Psichiatria direttore dottore Antonio Bombara, non l’abbiamo fatta privata… le cose o si fanno bene, o se si fanno a metà, a metà non servono… questo è rilasciato dall’ospedale e qua avete la firma mia…». (redazione@corrierecal.it)
x
x