PALERMO Nega di aver minacciato Giuseppina Passanante, figlia di un prestanome di suo padre, per farsi restituire un terreno di famiglia. Sostiene di aver solo rivendicato un diritto. Non ammette nulla il boss Matteo Messina Denaro che, in un interrogatorio inedito del 21 febbraio scorso, depositato oggi, risponde alle domande del gip che gli contesta il reato di estorsione nei confronti della donna. «Ognuno risponde con la propria dignità di quel che fa», dice rivendicando la legittimità delle sue azioni.
«Ascolti, questo terreno è stato comprato da mio padre nel 1983 – dice -. Mio padre era amico del padre della signora Passanante, che oggi è pure morto, e allora ha chiesto ad Alfonso Passanante, che conoscevo pure io, se poteva fare il favore di intestarsi questo bene, e il Passanante ha detto sì. Si intestò il bene, cioè si fece l’atto e lui conduceva le operazioni in campagna e aveva a che fare con me per i conti che dovevamo fare. Ad un tratto succede tutto quello che succede, e cioè che il tempo passa, passano gli anni, si arriva agli anni ’90, mio padre è latitante, il Passanante è in carcere. Io sono pure latitante».
«E ad un tratto so, per vie traverse, non tramite la signora Passanante, né tramite il papà che era ancoro vivo anche se in carcere – prosegue il boss – che tutti i loro beni sono stati ipotecati da alcune banche, per vicende loro che a me non interessano e nemmeno so, quindi questo terreno fu pure ipotecato, però io non dissi nulla e non feci nulla, perché lui era in carcere, quindi che dovevo dire? Andava cosi. Naturalmente la signora Passanante, in tutti questi anni di mia assenza, si tenne sempre tutto il profitto di questo terreno, e mai nessuno le chiese nulla».
Poi il boss spiega la decisione di scrivere alla donna per riavere il terreno. «Ad un tratto, negli ultimi anni, vengo a sapere che lei stava vendendo il terreno. Tra parentesi avevano l’affare concluso sotto prezzo, perché lei che cosa voleva fare, prendersi questi soldi di questo terreno, cioè lo rubava, e pagarsi il mutuo. E avrebbe pagato tutto con i miei beni». «Arrivati a un dato punto, questi sono discorsi per me non onesti, – conclude – perché le persone agiscono come vogliono, ma va bene cosi, ognuno poi risponde con la propria dignità delle cose che fa, nel bene e nel male. E allora che cosa ho fatto, l’ho contattata, con una lettera, e gliel’ho firmata, non ho detto pseudonimi, firmato con Matteo Messina Denaro, perché io credevo di essere nella ragione dei fatti».
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