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La via “dolce” per prendersi Milano: la ‘ndrangheta fa network con le altre mafie per fare soldi

Le dinamiche criminali nel capoluogo lombardo delineate dal procuratore Viola in Commissione antimafia: la “pax” mafiosa per i nuovi business

Pubblicato il: 19/08/2023 – 8:34
La via “dolce” per prendersi Milano: la ‘ndrangheta fa network con le altre mafie per fare soldi

Un “network” tra ‘ndrangheta, Cosa Nostra e camorra per fare soldi a Milano, una “pax mafiosa” sottoscritta sui grandi e nuovi business. Lo scrive il Corriere della Sera riportando le risultanze dell’audizioni del procuratore capo di Milano Marcello Viola in commissione parlamentare antimafia (qui). Un’audizione che avrebbe svelato il salto di qualità nell’azione delle cosche calabresi con una «convergenza di interessi” in attività di riciclaggio con le altre organizzazioni criminali: «Anche la meticolosa ‘ndrangheta, sempre attenta ai suoi riti e alla rigida struttura organizzativa, sta edulcorando sé stessa  con una maggiore concentrazione verso il solo, unico, obiettivo della sua presenza al Nord: fare soldi. Così la pax mafiosa non è conseguenza di mutati equilibri ma necessità per avviare nuovi sistemi, quasi federativi, tra le organizzazioni.  Finora, secondo Viola, avevamo assistito a «forme di collaborazione estemporanea ma antagoniste nella spartizione del territorio», mentre le recenti indagini stanno evidenziando «l’esistenza di accordi anche stabili e duraturi tra calabresi siciliani e criminalità di stampo camorristico». Viola parla di un vero e proprio network,  un «network criminale evoluto espressione di accordi che si saldano su interessi concreti», un «sistema di cointeressenze, con l’apporto comune di capitali, la predisposizione di mezzi, la messa a disposizione di risorse umane, la creazione di società, tutti elementi funzionalmente aggregati dal fine comune di trarre profitto da molteplici attività apparentemente lecite che sostituiscono la fonte delle entrate di queste organizzazioni criminali».

La mafia “dolce”

Una «mafia dolce» che alla violenza ormai predilige la compenetrazione nel tessuto economico milanese: «Oggi – prosegue il Corriere della Sera – clan palermitani e aspromontani, campani e trapanesi, siedono allo stesso tavolo. Sforzandosi (senza neanche troppa fatica) di andare d’accordo. Non per amicizia ma per soldi. Insieme hanno creato network di riciclaggio dove ciascuno ha messo a disposizione il proprio capitale sociale (commercialisti, avvocati, professionisti) per moltiplicare gli affari». Questo il meccanismo descritto dal “Corriere della Sera”:  «Si parte dai soldi del narcotraffico, soldi veri, in contanti. Tanti soldi che però hanno la necessità di essere ripuliti per essere protetti da sequestri e confische. L’uovo di Colombo è, incredibilmente, quello dell’economia legale. Attraverso una rete comune di aziende e cooperative (che spesso esistono solo sulla carta) inizia un vorticoso scambio di fatture che alla fine del giro (magari anche all’estero) si traduce in crediti fiscali che lo Stato versa direttamente alle aziende mafiose. In pratica si fingono operazioni commerciali e imprenditoriali che generano crediti Iva. Il paradosso è che così è lo Stato che finanzia la mafia. Quanto sia grande questo network lo dimostrano le inchieste in corso e i movimenti di contanti a sei zeri… La “mafia 3.0”  — che mantiene le caratteristiche strutturali delle singole organizzazioni ma ne aumenta esponenzialmente l’efficacia consorziandole — sfrutta i settori che producono fatture. Cooperative e logistica, dove l’esternalizzazione è la regola e le imprese chiudono prima di presentare bilanci e pagare i contributi ai lavoratori. Ma anche l’automotive, i noleggi di auto, i parcheggi  e il food and beverage. L’ultima frontiera, quanto mai attuale, è il petrolio: il commercio di carburanti attraverso i depositi fiscali, non proprio robetta». (redazione@corrierecal.it)

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