REGGIO CALABRIA Dissepolture eseguite con un uno scavatore, senza alcuna attenzione alla rottura dei feretri, con il materiale di risulta mischiato a resti umani, poi risotterrato. È un dettaglio tra i più agghiaccianti quello emerso dall’inchiesta della Procura di Palmi coordinata e diretta dal Procuratore Emanuele Crescenti e che, questa mattina, ha portato all’arresto di 16 persone.
I militari, dopo i primi sospetti, hanno installato due videocamere sia all’interno che all’esterno del cimitero comunale di Cittanova. Già il 10 gennaio 2020 i militari riescono a comprendere l’avvio delle operazioni preliminari all’esumazione “collettiva”. Le prime conversazioni intercettate vedono come protagonisti Francesco Deraco, indagato nell’inchiesta, e Salvatore Foti, responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Cittanova, finito agli arresti domiciliari. I due si mettono d’accordo per incontrarsi al cimitero e iniziare i lavori in compagnia di un operaio e iniziare a scavare qualche tomba al fine di “accordarsi” col medico sulle procedure da seguire per le esumazioni future. «(…) no e pure che iniziamo con un operaio… scava… portati un paio di cassette vediamo se ne cacciamo una, due… quanto che il medico… in modo che vediamo la procedura, capito?».
«(…) vedi che lunedì sicuramente ci sono pure io, quindi se non ci siamo noi…» «alle 10 viene l’impresa ma inizia a lavorare sicuramente martedì, lunedì viene e gli faccio la ripresa». Nella stessa mattinata gli inquirenti captano un’altra conversazione tra Foti e l’allora Comandante della Polizia Locale del Comune di Cittanova, ora deceduto. I due si danno appuntamento al 13 gennaio, quando il medico legale avrebbe potuto prendere parte insieme a loro ai lavori nel cimitero. Dell’accordo sarà informato poco dopo anche Deraco. Nel gruppo c’è fibrillazione, anche perché la mattina del 13 gennaio Deraco informa il gruppo di un guasto meccanico al suo escavatore, chiedendo di rimandare le operazioni al 15 gennaio. L’informazione non arriva però al medico legale Antonio Russo, Dirigente medico dell’Asp di Reggio Calabria, Comprensorio di Polistena U.O. di medicina legale finito ai domiciliari. Sarà lui, infatti, a contattare il comandante per riferirgli di essersi recato al cimitero di Cittanova ma di non aver trovato nessuno. Un inconveniente, insomma, che non frena affatto le operazioni che, come da accordi, partono la mattina del 15 gennaio.
«(…) allora se passate voi allora gli dico alla ditta che state passando magari se si deve iniziare ad impostare un verbale…». Il comandante e Foti si aggiornano telefonicamente già alle 7.42 con lo stesso Foti che invita l’interlocutore a «fare con calma». Foti poi chiama Francesco Deraco per dirgli di aver ottenuto il permesso dal Comandante dei Vigili e poter iniziare i lavori. «(…) tu inizi magari a scavare» spiega Foti a Deraco «e li lasci, senza che le metti nelle cassette» riferendosi ai resti umani. I lavori, dunque, iniziano ma senza la presenza del medico legale Antonio Russo. «(…) mezzogiorno e qualcosa, non ce la faccio perché abbiamo ancora diversi bambini da vaccinare» «domani posso venire tranquillamente». Poi, dal comandante, l’agghiacciante rassicurazione: «Si abbiamo scavato ma solo pochi resti, pochissimo».
Dopo una prima operazione di esumazione, i lavori verranno poi sospesi fino al 14 febbraio 2020. Ma, anche in questo caso, i lavori riprenderanno ancora una volta in assenza del medico legale. I carabinieri riescono ad intercettare una conversazione tra Francesco Deraco e un’altra persona non indagata. «Dipende dagli imprevisti perché ci sono per esempio dei posti che stiamo cacciando tre morti… Però li metto tutti in una cassetta! Hai capito?» dice Deraco all’interlocutore che replica: «meno ne servono e meglio è… perché mi sembra che costano dieci euro ognuna… roba di questa…». Il riferimento, in questo caso, è alle “casette di zinco” ovvero quelle che servivano per la raccolta dei resti mortali derivanti dalle esumazioni nel cimitero di Cittanova.
Tre giorni dopo, ad operazione in corso, Deraco fa una chiamata al proprio dipendente per chiedere aggiornamenti. «(…) che stai facendo? stai sistemando li?» chiede al dipendente che spiega: «no, non sto scavando, sto facendo un po’ lì dietro che non ci siano ossa e cose, che non ci siano ossa ancora piedi piedi…». Insomma, il dipendente di Deraco stava a tutti gli effetti rastrellando la zona oggetto degli scavi per verificare se, in quelle aree, fossero rimaste delle ossa ancora da “raccogliere”. C’era, infatti, un po’ di preoccupazione perché, come ricostruito dagli inquirenti attraverso le immagini di videosorveglianza, l’impresa, anziché procedere a scavo di ogni singola tomba per procedere all’esumazione del singolo feretro, ha proceduto ad uno scavo meccanico indiscriminato, distruggendo i feretri sepolti e facendo riemergere resti mortali, con pezzi di bara e di vestiti dei defunti alla rinfusa, con sostanziale vilipendio dei cadaveri sepolti. (g.curcio@corrierecal.it)
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