LAMEZIA TERME Migliaia di progetti congelati in attesa di comprendere se e quando potranno riprendere il loro iter. Misure che sarebbero dovute servire a strutturare soprattutto la resilienza di Comuni e garantirne la capacità di tenuta socio-economica dopo lo “tsunami Covid” che si è abbattuta sulla già fragilissima rete di enti locali calabresi. Fornendo strumenti per rigenerare i centri urbani attraverso lavori di messa in sicurezza del territorio, dell’adeguamento degli edifici e di efficientamento energetico delle strutture. Ma anche per contrastare il degrado sociale o potenziare i servizi e le infrastrutture delle aree interne. Cercando così di ridurre la marginalità di queste zone che stanno conducendo ad una vera e propria emorragia di popolazione.
Tutti obiettivi contenuti nelle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza che il Governo Meloni – per tramite del suo ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione ed il PNRR Raffaele Fitto – ha deciso di “cancellare”.
Una scelta che, stando ai dati, finisce per demolire quegli interventi programmati soprattutto nel Mezzogiorno.
In particolare, secondo la proposta di revisione del Pnrr, inoltrata alla Commissione europea dal governo italiano, si prevede di definanziare 9 misure a cui erano destinati complessivamente 17 miliardi di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza. E ben 12,3 miliardi erano stati già assegnati per realizzare 42.786 progetti in Italia. Ebbene 5,6 miliardi (pari al 45,53%) che l’esecutivo Meloni intende mettere fuori lista Pnrr, riguardano interventi nel Sud Italia già programmati e finanziati dal Piano.
Mentre un terzo riguarda progetti previsti per il Nord (in soldoni 4,1 miliardi di euro) ed infine 2,3 miliardi erano stati programmati e già destinati alle regioni del Centro Italia (18,7%).
Un taglio delle misure già contemplate dal Pnrr sulla carta lineare, che però nella sostanza finisce per penalizzare proprio quelle aree che avrebbero avuto maggiore necessità di recuperare il terreno perso, durante la crisi economica generata dalla pandemia e il gap storico infrastrutturale, economico e sociale rispetto al resto del Paese.
In linea anche con quanto richiesto da Bruxelles che della coesione economica, sociale e territoriale ne ha fatto un vero e proprio mantra.
Ed invece l’esecutivo ha deciso in direzione opposta non considerando che tagliare risorse al Centro-nord non equivale assolutamente a ridurle al Mezzogiorno, per le ricadute immediate in termini di ritardo degli interventi che possano essere messi in campo per consentire ai territori di competere alla pari con altre aree più ricche del Paese.
Un assioma che vale ancor di più per regioni in ritardo di sviluppo come la Calabria. Per giustificare la decisione di “rimodulare” il Pnrr, il governo ha addotto le criticità riscontrate nel mettere a terra i progetti e le criticità nei ritardi accumulati su queste misure. Inoltre lo stesso ministro Raffaele Fitto, nel corso delle comunicazioni alla Camera sul Piano di ripresa e resilienza, ha rassicurato che non ci saranno interruzioni agli interventi programmati con le risorse del Pnrr perché «ne stiamo garantendo il finanziamento». Nel progetto del capo del dicastero al Sud e alla Coesione territoriale, c’è di finanziare quei progetti con risorse provenienti da altre programmazioni come i fondi di Coesione e il Fondo di Sviluppo e Coesione. Una rassicurazione che però lascia un punto di domanda: se quelle somme erano state giù stanziate per altri interventi e dovranno sopperire ai “buchi” lasciati dal Pnrr, alla fine le risorse complessive destinate sempre ai territori saranno inferiori?
E a pagarne le conseguenze, anche in questo caso, sarebbero le aree più deboli e gli enti territoriali più prossimi alla popolazione: i Comuni. Sono loro che subiranno i contraccolpi più forti da questa decisione. Gran parte dei progetti già avviati con le risorse Pnrr che saranno congelate riguardano proprio i Comuni. E per la Calabria che si trova con gran parte degli enti territoriali in default o in procinto di scivolare, questa scelta rischia così metterli ancora più in difficoltà.
A fare i conti su quanto peserà quella decisione sulle progettazioni future in Calabria ci ha pensato Openpolis che ha stilato redatto uno studio specifico sulle 9 misure che il Governo Meloni intende stralciare.
Stando ai numeri redatti, quasi la metà delle risorse già assegnate ai Comuni (47%) verrebbero congelate. Si tratta di 871,9 milioni di euro sulle misure dirottate dal Governo.
In particolare sono 6 le misure che impatterebbero fin da subito sugli interventi già programmati per il territorio calabrese. Complessivamente i progetti che finirebbero nel limbo sono 2.544 di cui la stragrande maggioranza a conduzione comunale (2.540).
Ad essere penalizzati soprattutto gli interventi programmati per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei Comuni. Questa voce prevede 2.278 progetti presentati da Comuni per un totale di risorse impegnata di 479,2 milioni di euro.
Si tratta di progetti finalizzati alla messa in sicurezza del territorio, alla sicurezza e all’adeguamento degli edifici, all’efficienza energetica ed ai sistemi di illuminazione pubblica.
Così come finirebbero nel “freezer” gli 86 interventi progettati dai Comuni di rigenerazione urbana, volti a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale. In questo caso se dovesse passare la linea del Governo occorrerà rintracciare 166,1 milioni per rifinanziare questi lavori. Mentre sono 91 gli interventi dedicati alle Aree interne per il potenziamento dei servizi e delle infrastrutture sociali di comunità che resterebbero senza paternità. Un’opzione che lascerebbe un “buco” di 36,9 milioni da recuperare.
Poi ci sono i 28 progetti presentati da Comuni (24) e Province (4) calabresi per realizzare Piani urbani integrati. Qui le somme congelate dalla decisione del Governo sono 123,4 milioni di euro. Ed ancora, ci sono anche i 59 interventi previsti dai Comuni per creare le condizioni per un’economia di mercato trasparente mediante la riqualificazione a favore della comunità e un uso più efficace ed efficiente dei beni confiscati per fini economici, sociali ed istituzionali. Per questa misura depennata dal piano di rimodulazione del Governo le somme già stanziate erano 58,4 milioni di euro. Ed infine ci sono i due progetti per un totale di 7,9 milioni anch’essi optati da Comuni calabresi per tutelare e valorizzare il verde urbano ed extraurbano.
A livello territoriale le perdite maggiori si registrerebbero nel Reggino che si vedrebbe sottratti 334 milioni di euro già assegnati, segue il Cosentino con 275 milioni, la provincia di Catanzaro con 136 milioni. Mentre il Vibonese si vede congelati 100 milioni di finanziamenti già impegnati ed il Crotone se ne vedrebbe bloccati 61 milioni.
Per completezza di informazione ci sarebbero anche altri tre finanziamenti previsti dal Pnrr – Misure per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico (1,3 miliardi), Utilizzo dell’idrogeno in settori hard-to-abate (2 miliardi) e Promozione impianti innovativi (incluso offshore) da 700 milioni – che nelle intenzioni del Governo verranno accantonati o totalmente o parzialmente ma di cui ancora non c’erano progetti associati.
A parte queste ultime tre voci, così la Calabria rischia di perdere quasi 900 milioni di euro senza avere contezza né dei tempi né delle risorse che andrebbero a compensarli. Con una certezza: l’allungamento della tempistica necessaria a realizzare gli interventi che viceversa erano già stati incanalati grazie all’iter previsto dal Pnrr.
Senza contare che le eventuali fonti di finanziamento di quei progetti non sarebbero aggiuntivi, ma sostitutivi e dunque verrebbero sottratti ad altre programmazioni pensate per creare le condizioni di sviluppo della Calabria. Una possibilità che da sola suona come l’ennesimo schiaffo impresso alle ipotesi di rilancio dell’economia complessiva e conseguentemente al riscatto sociale dei territori. (r.desanto@corrierecal.it)
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