REGGIO CALABRIA Può, lì dove, lo Stato dovrebbe mostrarsi più presente che mai, esserci un vuoto, un’assenza tale che si esplicita attraverso incompiute che al contrario dovrebbero rappresentarne la presenza costante? È a Reggio Calabria e Locri che il paradosso prende forma attraverso due mostri in cemento che, sotto gli occhi di tutti, sono diventati la rappresentazione di carenze ataviche che rischiano di frenare irrimediabilmente i processi di cambiamento di territori che sognano e sperano di uscire dal cono d’ombra a cui sembrano essere stati condannati. Una “maledizione” quella dei Palazzi di Giustizia in due luoghi di frontiera, così come vengono spesso definiti da chi per quel cambiamento ci lavora, con tutte le difficoltà che ne conseguono.
Locali assolutamente inadeguati in questo momento “ospitano” la Giustizia reggina. Se ne parla da anni, è stato rimarcato anche in occasione dell’inaugurazione dello scorso anno giudiziario, cerimonia che per il distretto reggino si è svolta nella Scuola Allievi Carabinieri. I lavori per la realizzazione dei nuovi Palazzi di Giustizia erano e rimangono al palo a Reggio così come a Locri, opere differenti per grandezza e costi, ma accumunati dallo stesso presente (e chissà quale destino).
Vent’anni fa la posa della prima pietra a Reggio Calabria, oltre dieci anni fa a Locri. Il rischio concreto è che luoghi simboli della legalità possano trasformarsi in «simbolo del fallimento dello Stato in terra di mafia». Il presidente del Tribunale Maria Grazia Arena nel 2021 utilizzò questa espressione forte ma condivisibile per spiegare e condannare il paradosso che aveva preso lentamente forma in una città come Reggio Calabria dove la lotta alla ‘ndrangheta negli uffici giudiziari la si fa ogni giorno.
Ombre di quella stessa ‘ndrangheta, interessata agli appalti pubblici (compresi i palazzi di Giustizia) sono state registrate in due inchieste della Dda: “Cosmos 2” a Reggio e “Mandamento Jonico” a Locri. E addirittura in una delle ultimissime inchieste, “Atto Quarto”, in una conversazione tra il boss Totò Libri con un imprenditore considerato «sentinella dei clan nell’edilizia” viene menzionato il Palazzo di Giustizia di Reggio.
Una situazione che il giornalista di Avvenire Toni Mira definisce un «cerchio che si chiude»: «Più i tempi si allungano, – spiega – più ci sono cose strane, oscure, lavori non finiti, società che cambiano, e più è facile che entrino personaggi che ovviamente non sono direttamente con nomi e cognomi ‘ndranghetisti, ma poi sappiamo a chi facciano riferimento. La ‘ndrangheta non fa che essere felice di queste situazioni dove i palazzi non si finiscono e più si va avanti e probabilmente riesce a fare ancora più soldi, è gravissimo».
È uno «scandalo clamoroso», afferma Mira «che soprattutto una città come Reggio Calabria abbia ancora il Palazzo di Giustizia in una realtà assolutamente insufficiente. Quando sono andato a incontrare i magistrati della Dda – dice riferendosi ai locali del Cedir – dover passare all’interno dei bagni lo trovo una cosa che non è solo offensiva, ma è il contrario del voler fare la buona giustizia, perché per fare buona giustizia servono sicuramente gli uomini, le forze dell’ordine, i magistrati, ma servono anche i luoghi dove questi operano. Poi ti affacci dall’altra parte della strada e vedi la perenne incompiuta, e ti domandi se si vuole fare davvero giustizia in certi territori. Quello di Locri non è meno importante visto che la Locride non è certo uno dei territori più semplici».
Strutture inadeguate e addirittura a rischio crollo: i vari uffici a Reggio Calabria si trovano dislocati in diversi edifici e le attuali condizioni degli uffici della Procura generale presso la Corte d’Appello ci vengono mostrate dal Procuratore generale Gerardo Dominijanni che ci racconta di «un lavoro immane» in tutto il distretto di Reggio Calabria fatto di contrasto alla criminalità organizzata e ai reati ordinari.
«Noi siamo qui in regime di affitto alla Curia e paghiamo da circa 20 anni circa 35mila euro al mese, in questa situazione. Speriamo che questo soppalco tenga», afferma il Procuratore generale mentre indica la struttura d’emergenza allestita per evitare il crollo del tetto.
«Questa – spiega Dominijanni – secondo me è una grossa miopia di chi non ha capito che questo, indipendentemente dal tetto, non è un edificio idoneo ad ospitare gli uffici giudiziari, e qui si tratta di un’evidente miopia di chi doveva capire che non è possibile che lo Stato spenda tutto questo denaro potendo acquisire altri immobili. Ad esempio – aggiunge – la Procura Generale a mio avviso ha perso una grossa occasione quando sono stati destinati alcuni beni qui al centro dall’Agenzia dei beni confiscati alle forze dell’ordine senza che la Procura Generale ne avesse la minima cognizione. Ecco questa mancanza di dialogo tra apparati dello Stato a mio avviso è deleteria e mi chiedo come nel 2023 possa ancora avvenire». «I locali del Cedir – aggiunge Dominijanni – sono completamente inadeguati, nel corso dell’ultima bufera che c’è stata a Reggio Calabria sono saltati anche dei finestroni».
«Una struttura promessa ma rimasta sempre una chimera», è il 3 marzo 2005 e a parlare è l’allora sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Scopelliti alla presenza del ministro di Grazia e Giustizia Roberto Castelli. Una chimera nel complesso la struttura del nuovo Palazzo di Giustizia a Reggio forse oggi non lo è più, visto che i lavori sono completati per circa il 75%, oggi però una chimera appare il termine di quei lavori. L’approvazione del progetto avvenne nel 2004 con un volume finanziario di circa 88 milioni di euro. L’appalto fu assegnato alla ditta Bentini Spa di Faenza che propose un ribasso di circa il 19%. Il volume dei lavori in termini finanziari, dunque, era di circa 50 milioni di euro. Il quadro economico cambia, i lavori proseguono ma solo fino al dicembre del 2012: trascorse le ferie natalizie, nel gennaio del 2013 ne viene segnalata l’interruzione. Il cantiere si ferma, gli operai messi in cassa integrazione e poi licenziati. Da quel momento in poi si apre un difficile contenzioso tra la Bentini S.p.a. e il Comune di Reggio Calabria. Da allora sostanzialmente i lavori sul cantiere sono fermi allo stesso punto: manca il 25% dell’opera.
Arrivando ai giorni nostri, a spiegaci cosa è stato fatto e quali saranno i prossimi step per arrivare a vedere la riapertura del cantiere è Carmelo Romeo, consigliere comunale di Reggio Calabria con delega proprio al Palazzo di Giustizia: «I prossimi passaggi sono la firma dell’atto notarile, che è il punto più importante, e per questo attendiamo solo l’ok da parte dell’Avvocatura del Demanio. Successivamente alla firma – ci spiega Romeo – possiamo pubblicare la gara. Dalla pubblicazione della gara puntiamo nel giro di 60-90 giorni a poter finalmente vedere partire i lavori che avranno poi una durata di circa tre anni dalla data di inizio».
Inizialmente si prevedeva un importo di circa 32 milioni per completare l’opera, «una volta effettuati i vari sopralluoghi insieme ai tecnici dell’Uta il nuovo computo metrico ha tutt’altra dotazione, si parla di 53 milioni di euro. Il Ministero – spiega Romeo – anche in questo caso ci ha dato ampie garanzie. La difficoltà per il gruppo di progettazione è stata soprattutto quella di adeguare tutto alle normative vigenti che nel frattempo sono cambiate per alcune parti e anche per l’aumento prezzi che c’è stato sui materiali edili negli ultimissimi anni».
Seppur con costi e dimensioni notevolmente ridotti rispetto a quello di Reggio, stessa sorte sembra toccare al nuovo palazzo di giustizia di Locri. L’idea è quella di far diventare l’area su cui oggi sorge lo scheletro dell’opera un vero e proprio presidio di legalità realizzando, oltre alla già esistente struttura del Comando Carabinieri, altre due strutture dedicate alla Guardia di Finanza e ai Carabinieri forestali: una “Cittadella della Giustizia” per la quale la Locride attende da anni con la posa della prima pietra avvenuta oltre dieci anni fa. «E’ una storia che inizia nel lontano 1992, il primo atto di impulso fu dato dall’amministrazione dell’epoca e oggi a distanza di 30 anni stiamo a parlare con grande dispiacere ancora di una opera incompiuta», ci spiega il sindaco di Locri Giuseppe Fontana.
Il finanziamento iniziale era di circa 12 milioni di euro, fino ad oggi sono stati spesi circa 6 milioni di euro. «Per portare a compimento il nuovo Palazzo di Giustizia – afferma Fontana – sono stati previsti circa 25 milioni di euro. Il problema è che bisogna arrivare a un’accettazione da parte dell’impresa di una perizia di variante e sulla precedente perizia che era stata predisposta dal Provveditorato alle Opere Pubbliche della Sicilia e della Calabria purtroppo la Corte dei Conti ha dato un parere negativo e quindi la procedura è dovuta ripartire. Mi baso sulle parole che mi sono state dette dall’ingegnere Sorrentino, il nuovo provveditore, auspichiamo nel più breve tempo possibile una ripresa dei lavori perché da quello che mi ha detto il provveditore l’impresa ha accettato e ha dato il proprio consenso alla perizia di variante, alle opere complementari necessarie per il completamento della struttura. Siamo alla fase degli atti propedeutici necessari alla firma del contratto e quindi conseguentemente alla ripresa dei lavori». «Parlare di tempi sarebbe inopportuno – aggiunge Fontana – ma confido che nell’arco del 2023 si possa arrivare al completamento dell’iter amministrativo burocratico e poi con l’anno nuovo possano ripartire i lavori».
«La giustizia non ha autorevolezza se non viene esercitata in una struttura che sia idonea», è l’amara considerazione di Rosario Infantino, presidente dell’Ordine degli avvocati di Reggio Calabria, che aggiunge: «Una giustizia esercitata in aule che non sono idonee o una giustizia esercitata in aule che chiaramente sono solo adibite a fare i processi, ma non nascono per questo, in una società come quella attuale in cui soprattutto la legge Cartabia ha previsto un riammodernamento di tutte le strutture, è chiaro che lì si vede la debolezza della giustizia, la disfunzione della giustizia, una giustizia che non ha autorevolezza». «Per noi – spiega l’avvocato Infantino – il tribunale era la casa. Il tribunale era un luogo di ritrovo, un posto dove incontravi i colleghi, dove con i colleghi parlavi delle cause. C’era una famiglia che oggi si è dispersa».
A parlare delle difficoltà che si vivono in locali inadeguati è anche l’avvocato Antonio Alvaro, presidente della Camera penale di Locri: «Abbiamo delle aule, o perlomeno una parte di queste aule, che non sono assolutamente funzionali ma che soprattutto non sono dignitose né per l’avvocatura né per i magistrati che tengono udienza. Io immagino tutti quelli che non hanno la possibilità di salire le scale». Il tribunale di Locri infatti è addirittura privo di un ascensore.
«Viviamo in un momento storico particolare, soprattutto a livello regionale, nel senso che la politica attuale regionale calabrese ci sta insegnando una cosa: che quando la politica entra in sinergia con quelle che sono le istituzioni locali e quando riesce a raccogliere quelli che sono i bisogni reali della collettività, che poi è il compito prioritario che dovrebbe avere la politica, le risorse economiche si trovano, i progetti si fanno con una certa rapidità e i cantieri riusciamo seriamente ad aprirli», afferma Mariaelena Senese, segretario generale FenealUil Calabria.
«Un esempio – aggiunge Senese – è la storica incompiuta che è la trasversale delle Serre, che di incompiuta oggi non si può parlare perché sono stati finanziati tutti e cinque lotti. L’ultimo finanziamento di 128 milioni di euro per il quinto lotto l’abbiamo avuto pochi giorni fa per un valore complessivo di più di 500 milioni di euro e questo dimostra semplicemente una cosa: che se la politica vuole le cose sul territorio si riescono a realizzare e anche in tempi abbastanza celeri».
Completare i lavori – spiega il prefetto di Reggio Calabria Massimo Mariani – significherebbe «soprattutto fornire dei servizi più efficienti alla comunità, porre a disposizione di tutte le componenti del sistema giustizia degli spazi adeguati e commisurati all’importanza di Reggio Calabria e del suo territorio».
Un territorio che – come emerso sin dal principio – con i suoi abitanti e con i tanti che lavorano in prima linea, si trova nelle condizioni di lottare ogni giorno con strumenti assolutamente inadeguati per cercare di emergere. Così come in altri settori – tanti a dire la verità in Calabria – anche per la Giustizia è difficile. Ma questo, a Reggio Calabria più che in altri territori, dovrebbe essere considerato assolutamente inaccettabile: «uno scandalo clamoroso».
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