REGGIO CALABRIA Una indagine che ha toccato vari aspetti delle attività criminali messe in atto dagli esponenti delle cosche Borghetto e Latella operanti nei quartieri di Modena e Ciccarello, e che ha fotografato l’alleanza con esponenti criminali della comunità rom di Ciccarello.
Scattata all’alba di questa mattina, l’operazione “Garden”, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, è stata eseguita dalla Guardia di Finanza ha portato all’arresto di 27 persone (qui i nomi) e al sequestro di beni per 500mila euro. Trecento i militari in campo. Il blitz è scattato all’alba nelle province di Reggio Calabria, Agrigento, Cosenza, Messina, Milano e Roma.
I finanzieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dell’aggiunto Walter Ignazitto. I reati contestati, a vario titolo, agli indagati sono associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco, spaccio e traffico di sostanze stupefacenti e usura. Per 25 indagati è stato disposto il carcere mentre per uno gli arresti domiciliari e per un altro l’obbligo di firma.
I dettagli sono stati illustrati nel corso della conferenza stampa presso il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria a cui hanno preso parte il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, il procuratore aggiunto Walter Ignazitto, il comandante regionale, Gen. D. Gianluigi d’Alfonso, il comandante Provinciale, Gen. B. Maurizio Cintura, e il comandante del Nucleo Polizia Economico-Finanziario di Reggio Calabria, Col. t.SPEF Mauro Silvari.
«Gli indagati rinvenendo una cimice in un giardino dissero: “Qui va a finire che fanno l’operazione Garden”. Il nome se lo sono dato da soli», ha spiegato nel corso della conferenza stampa il procuratore Bombardieri. Tanti gli spunti investigativi illustrati, a partire da attività che venivano svolte all’interno dell’associazione criminale, come il controllo delle piazze di spaccio, l’assegnazione delle doti di ‘ndrangheta: «Nelle conversazioni si parlava di assegnazioni da parte dei vertici della cosca di doti che facevano riferimento a vecchie qualificazioni». Significativo inoltre il rinvenimento di materiale esplosivo ed armi da guerra, un vero e proprio arsenale: «L’esplosivo – ha detto Bombardieri – è di alto potenziale distruttivo. Gli indagati facevano riferimenti ad armi in grado di bucare auto blindate». E poi, i rapporti strettissimi con esponenti della comunità Rom, che, secondo gli inquirenti, non è più manovalanza al servizio dei clan ma si sta trasformando in una vera e propria cosca: «È un modo di relazionarsi nuovo della ‘ndrangheta perché fino ad oggi noi avevamo verificato e avevamo accertato anche in via giudiziaria l’appartenenza di singoli soggetti provenienti dalla comunità rom. Oggi noi qua verifichiamo invece un relazionarsi dalla cosche di ‘ndrangheta con gruppi di criminalità organizzata che non sono cosche di ‘ndrangheta, ma gruppi di criminalità organizzata di soggetti provenienti dalla comunità rom che operavano in maniera illegale, in maniera illecita, in attività di spaccio, gestendo il traffico di armi, in accordo con le cosche di ‘ndrangheta». Un altro elemento importante, ha aggiunto Bombardieri, è «quello che è emerso in relazione alla disponibilità delle varie cosche a fornire supporto finanziario ai detenuti anche di altre cosche nell’ambito di un patto federativo. Ci sono le conversazioni che sono molto eloquenti su questo».
E poi le estorsioni e la paura per le denunce degli imprenditori: «In una conversazione esponenti di spicco fanno commenti sulle denunce degli imprenditori, viene detto che era necessario cambiare approccio, trovare metodi diversi per imporre le proprie attività estorsive, per evitare le denunce degli imprenditori. Questo ci fa capire quanto denunciare sia importante, e che gli imprenditori non sono soli».
«C’è stato un ampio dispositivo di finanzieri militari messi in campo», ha detto il comandante regionale D’Alfonso, che ha evidenziato l’importanza di una indagine che ha messo in luce «il connubio stretto tra comunità rom e ‘ndrangheta. Non erano mai stati rilevati prima legami così stretti. Questo dimostra la capacità della Ndrangheta di stringere alleanze, di allearsi per raggiungere i propri scopi». Secondo D’Alfonso, il ritrovamento di armi da guerra ed esplosivi «contraddice la vulgata comune secondo cui la ‘ndrangheta sarebbe silente, qui c’è la potenzialità di commettere omicidi e attentati». (redazione@corrierecal.it)
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