COSENZA Non manca mai di offrire momenti ed elementi di imprevedibilità il processo Bergamini. L’udienza di oggi è stata dedicata per intero al professore Pietrantonio Ricci, ex direttore di Medicina legale all’Università Magna Graecia di Catanzaro. Una escussione la sua per certi versi inattesa, decisa dopo un’ora di camera di consiglio della Corte presieduta da Paola Lucente.
Ricci, consulente della famiglia Bergamini dal 2017, è stato inserito tra i testimoni di oggi dalla difesa di Isabella Internò (oggi assente in aula), unica imputata del processo per concorso in omicidio volontario dell’ex calciatore del Cosenza. Appena iniziata l’udienza, l’avvocato di parte civile Fabio Anselmo aveva evidenziato l’incongruenza (leggi qui) della testimonianza di Ricci, definendo inutilizzabile e non ammissibile la consulenza prodotta dal professore per la difesa. «Ricci – ha spiegato il legale – non è mai stato revocato come consulente da Donata Bergamini (sorella di Denis, presente in aula, ndr) né lui ha rinunciato all’incarico, quindi al momento risulta consulente della parte civile e della difesa. Un caso più unico che raro». Alla fine, però, la Corte ha ammesso la testimonianza di Ricci come «teste qualificato».
Ricci, che pur essendo stato chiamato in causa dai legali della difesa Angelo Pugliese e Rosanna Cribari, ha confessato di sentirsi ancora un consulente della famiglia Bergamini, ha ripercorso la sua attività nella vicenda, da quando è stato scelto dalla famiglia Bergamini e dai suoi legali come consulenti medico legale. «Sono stato nominato dall’avvocato Anselmo – ha detto –, ho seguito le fasi della riesumazione del cadavere del povero Bergamini nel 2017, ma dal 2019 non ho più avuto notizie su questo processo». A proposito della riesumazione del cadavere di Bergamini, Ricci ha ammesso di avere un ricordo ancora vivo di quella lunga giornata a Ferrara. «La salma – ha evidenziato – si presentava in uno stato di conservazione molto buono, per certi versi impressionante. Fu sottoposta ad autopsia (la seconda dopo quella del 1990, ndr) e ricordo che rimasi colpito dalla presenza di Donata Bergamini, soprattutto per la sua determinazione. Erano presenti la dottoressa Carmela Buonomo (anatomopatologa, ndr), il professore Antonello Crisci, la dottoressa Neri come consulente della procura di Castrovillari, io e la dottoressa Innamorato per la difesa e la parte civile. L’attività fu molto lunga, andò avanti fino alle due di notte. Ci fu un problema con la Tac multistrato, risolto utilizzando quella del pronto soccorso di Ferrara. Dopo l’autopsia, vennero fatti tutti i prelievi sulla salma, sul corpo sembrava che ci fossero aree più scure che si pensava fossero di natura emorragica. A quel punto, visto che il nostro scopo era arrivare a processo e fare di tutto per conoscere la verità, abbiamo chiesto ulteriori accertamenti sulla base di nuove tecniche scientifiche, su tutti l’esame della glicoforina come strumento di natura istologica e istochimica in grado di dare indicazioni sulla vitalità delle lesioni». Ricci ha affermato che furono effettuati dei campionamenti sui reperti prelevati dalla dottoressa Buonomo presso l’ospedale di Caserta. «Lei disse che non li aveva mai fatti – ha ricordato Ricci – ma la cosa non mi stupì considerato che si trattava di una attività rara. In ambito morfologico, abbiamo trovato un’imponente lesività da schiacciamento su addome e bacino. La parte sinistra del bacino sembrava segata o asportata».
Dopo gli accertamenti effettuati nel 2017 a seguito della riesumazione del cadavere di Denis Bergamini, era stato evidenziato come le ferite fossero concentrate solo a livello del bacino. Grazie all’esame della glicoforina, una proteina presente nei globuli rossi, si è arrivati alla conclusione che l’ex calciatore del Cosenza sia stato ucciso, soffocato con un sacchetto di plastica o un cuscino. Una conclusione confermata un anno fa nel corso del processo anche dai periti Vittorio Fineschi (professore di medicina legale alla Sapienza di Roma), Giorgio Bolino (che effettuò la consulenza medico legale nel 2011), Roberto Testi e Margherita Neri che hanno affermato che Bergamini morì per asfissia meccanica violenta e la sua morte arrivò prima di essere investito dal camion guidato da Raffaele Pisano.
Ricci, nel corso della sua escussione, pur affermando di avere grande stima del professore Fineschi che ha sempre affermato come non sia impossibile contestare l’attendibilità degli esami della glicoforina sui cadaveri putrefatti, ha ammesso di non essere d’accordo con lui su questo aspetto. Una convinzione maturata di recente e modificata rispetto a quanto affermava nel 2017. «Ad oggi – ha provato a chiarire il professore – non ci sono sviluppi sull’attendibilità della glicoforina in casi come questo, la valutazione su un cadavere putrefatto si deve valutare su più fattori. Dalla positività alla glicoforina può emergere un sospetto, ma non può essere l’unica prova perché possono esistere dei falsi positivi. L’esame della glicoforina insieme ad altri elementi può far nascere risposte certe. Nonostante questo – ha precisato ancora Ricci – ritengo ancora che le conclusioni del collegio peritale sulla morte di Bergamini abbiano un serio fondamento. Sono d’accordo con Crisi e non ho elementi nuovi che mi permettano di cambiare idea. Sulla base dell’evidenza scientifica, dico che c’è stato un sormontamento con il corpo che aveva ancora qualche segnale di vita, che ci sia stata una morte asfittica meccanica violenta è fuori discussione».
Il pm Luca Primicerio ha fatto notare al testimone di giornata come nel 2017, tramite uno scambio di mail con la dottoressa Neri, aveva valutato positivamente le conclusioni sulla consulenza effettuata in cui si diceva che Bergamini era morto per asfissia meccanica violenta e che le lesioni al bacino non erano vitali. Ricci aveva scritto a Neri che le sue valutazioni erano «praticamente simili» alle sue, che presto le avrebbe inviato. «Mi dispiace, ha detto oggi Ricci – che ci sia questa falsa interpretazione della mia presenza qui. Come consulente della famiglia Bergamini, il mio obiettivo era quello che si arrivasse a un processo e in quel momento ero convinto che le conclusioni delle perizie effettuate sul cadavere fossero soddisfacenti. Ripeto, l’unico elemento che mi fa dubitare a distanza di sei anni da quelle conclusioni, riguarda l’attendibilità della glicoforina, perché da allora non ci sono stati evoluzioni scientifiche in tal senso. All’epoca pensavamo che la glicoforina avesse aperto una importante porta nello sviluppo futuro, oggi devo ammettere che lo sviluppo non c’è stato». Primicerio ha mostrato a Ricci un articolo di giornale con una sua intervista in cui sosteneva che «chi ha parlato di suicidio mente» e che Bergamini è morto soffocato. «Non ricordo di aver rilasciato mai interviste – ha affermato il professore – ma leggendo l’articolo dico che potrei aver detto quelle cose. In quel momento ne ero assolutamente convinto».
Anche l’avvocato Fabio Anselmo ha puntato sulle dichiarazioni precedenti di Ricci rispetto a quelle attuali, inoltre ha chiesto al professore a che periodo risaliva l’ultimo contatto con Donata Bergamini. «Le ho mandato un messaggio di Whatsapp nel 2021 – ha rivelato – in cui le esprimevo il mio dispiacere per non essere stato indicato nella lista dei testimoni per il processo. Mi aspettavo una telefonata da parte sua. Ma non ho risentimenti personali». Donata Bergamini e Pietrantonio Ricci prima dell’udienza di oggi si erano incontrati in aula. La sorella di Denis lo aveva salutato stringendogli la mano e Ricci le aveva ricordato del messaggio Whatsapp.
Anselmo ha riproposto anche una mail ricevuta nel 2017 da Ricci in cui il professore chiedeva al legale di insistere sul fatto che Bergamini fosse già morto quando fu sormontato dal camion. La presidente della Corte Paola Lucente, ha concluso, dopo aver chiesto conferma a Ricci, che gli studi sull’attendibilità dell’esame della glicoforina al momento né confermano né smentiscono le conclusioni a cui si era arrivati nel 2017.
Anselmo ha chiesto a Ricci anche come abbia fatto a diventare consulente della difesa. «A luglio – ha detto il teste – l’avvocato della difesa Pugliese mi ha contattato per avvisarmi che sarei stato citato come testimone e ho ritenuto di anticipargli via mail due note su quello che avrei potuto dire sulla glicoforina. Ammetto di essermi sentito in imbarazzo e mi rimprovero – ha detto Ricci rivolgendosi ad Anselmo – di non averla contattata. Probabilmente oggi non lo rifarei, ma era la prima volta che mi capitava una cosa del genere. Mi dispiace». «Anche a me», ha replicato Anselmo. La testimonianza del professore Francesco Maria Avato, prevista per oggi (era presente in aula) è stata rimandata al prossimo 9 gennaio 2024. Avato effettuò la prima autopsia sul corpo di Bergamini nel 1990.
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