REGGIO CALABRIA I loro nomi sono i primi indicati nel lunghissimo elenco delle vittime della criminalità organizzata in Calabria sul sito di Libera. Uccisi nel 1862 a Ortì, in provincia di Reggio Calabria, don Antonio Polimeni e don Giorgio Fallara sono vittime poco conosciute, quasi dimenticate, simbolo dei primissimi segnali di ribellione nei confronti di un sistema criminale che affonda le proprie radici da tempi lontanissimi e che solo molto dopo avrebbe preso contorni più definiti e sarebbe stato etichettato con il termine “’ndrangheta”.
Fu una lite scoppiata con l’appena ventenne Domenico Chirico a portare a una serie di contrasti che culminarono con un epilogo tragico. Don Antonio Polimeni e don Giorgio Fallara erano i parroci della piccola frazione aspromontana di Ortì. Nel marzo del 1860 don Antonio Polimeni entrò in contrasto con Chirico a causa del pagamento di una tassa sulla contribuzione fondiaria. Nonostante il sacerdote gli avesse versato dei soldi, il giovane ne pretendeva degli altri per conto del suocero Francesco Viterisi. Un’estorsione in piena regola, che don Polimeni non accettò e per questo venne minacciato pesantemente. L’altro sacerdote di Ortì, don Giorgio Fallara, venuto a conoscenza del grave atto intimidatorio subito dal confratello, scrisse immediatamente una lettera al vescovo dell’epoca per informarlo dell’accaduto. Don Fallara verrà minacciato per aver preso le difese di don Polimeni e aver sporto denuncia agli organi di polizia. I due furono uccisi a colpi di fucile la mattina dell’8 ottobre del 1862 in località “Torre” a Ortì.
È lunga la lista dei preti minacciati, vittime di intimidazioni, brutalmente uccisi perché si sono opposti alla ferocia della criminalità organizzata, invitando i propri fedeli a ribellarsi. Da don Pino Puglisi a don Giuseppe Diana. Oggi da Caivano è padre Maurizio Patriciello a denunciare costantemente la violenza camorristica e a essere finito nel mirino dei clan.
Recentemente Papa Francesco, proprio in occasione di un evento in memoria di don Pino Puglisi, ha ribadito «la totale inconciliabilità tra ogni organizzazione criminale, mafia, camorra o ‘ndrangheta, e il Vangelo», un messaggio che ricorda quello lanciato dalla Piana di Sibari durante la sua visita in Calabria di 9 anni fa. «Quelli che non sono in questa strada di bene, come i mafiosi, questi non sono in comunione con Dio, sono scomunicati». «La ‘ndrangheta – aggiunse il Pontefice – è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato, bisogna dirgli di no». Un’opposizione pubblica netta, forse mai così tanto prima, che trova in don Antonio Polimeni e don Giorgio Fallara i primissimi esponenti, «i primi due martiri per mano della mafia», li definì nel 2017 l’allora procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. (m.ripolo@corrierecal.it)
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