Il dibattito sulla città unica risultante dalla fusione dei comuni di Rende, Cosenza e Castrolibero è entrato nella fase più calda. E ben venga l’esercizio democratico del dialogo costruttivo.
Lo studio di fattibilità illustrato in commissione regionale dal professore Luigino Sergio, esperto in direzione e governo degli enti locali e responsabile tecnico del Coordinamento Nazionale Fusione di Comuni, e allegato al disegno di legge presentato dai consiglieri regionali Caputo (qui l’intervista), Gentile, De Francesco, Mannarino, Molinaro, Straface, Graziano e Gallo, ci lascia positivamente colpiti per la capacità di sciogliere dubbi cruciali partendo da dati pubblici.
Innanzitutto c’è da rispondere alla principale delle questioni, quella di chi si scaglia a priori contro il progetto di fusione fermandosi alla questione del bilancio e alla massa debitoria del comune di Cosenza.
È un errore; la norma parla chiaro: in caso di fusione di comuni la questione debiti pregressi è una partita a sè stante che si gioca su un altro piano. Il nuovo centro di governo non partirà con il passivo di 300 milioni ereditati dal comune di Cosenza (tantomeno incideranno i disavanzi di Rende e Castrolibero): all’atto del dissesto si crea una separazione tra la gestione debitoria in capo all’organismo straordinario di liquidazione e quella corrente. E Cosenza ha approvato, post dissesto, un bilancio stabilmente riequilibrato dove non ci sono né i debiti e né i crediti degli anni pregressi, al quale va aggiunto solo l’onere del mutuo contratto per il pagamento dei debiti.
C’è poi chi, invece, si scaglia contro lo strumento del referendum consultivo; e probabilmente senza sapere di cosa parla, perché la consultazione diretta dell’elettorato locale è l’istituto più democratico che esista; e quel parere – se la democrazia rappresentativa significa ancora qualcosa – benché non vincolante è comunque dirimente in quanto sarà proprio con quell’elettorato che la classe politica dovrà fare i conti alle prossime tornate elettorali.
Altra smentita alle tesi di dubbia oggettività proposte dal fronte del no riguarda le carenze strutturali: queste, cosí come quelle relative agli organici di personale dipendente, non aumenterebbero con il nuovo comune istituito a seguito di fusione anzi, verrebbero eliminate grazie alle economie di scala che un comune di 110mila abitanti sarebbe in grado di produrre rispetto ai singoli tre comuni, grazie ai risparmi di spesa attinenti alla gestione di un unico ente e grazie alla notevole diminuzione dei costi della politica (circa due milioni in meno per quinquennio) avendo un solo organo consiliare e amministrativo e un unico organismo di revisione e di valutazione dirigenziale.
Inoltre, l’ottimizzazione dei servizi porterebbe ad ulteriori risparmi e ad un miglioramento qualitativo della loro erogazione: è mai possibile, ad oggi, essere costretti a cambiare due circolari per arrivare dall’Unical a Cosenza o viceversa? Mai possibile dover rinunciare alla condivisione e implementazione di un unico sistema gestione e raccolta rifiuti?
Ed è possibile, addirittura, pensare di poter rinunciare ad un pacchetto enorme di fondi per campanilismi antichi e fuori dal tempo?
Negli ultimi 15 anni, infatti, si è assistito ad un grave calo demografico nei tre Comuni e a una diminuzione complessiva del 40% dei fondi di derivazione statale. Tutto questo ha portato inevitabilmente a una forte riduzione dei servizi e all’impossibilità da parte dei singoli Comuni di garantire livelli di assistenza sufficienti.
La fusione, portando la città unica a superare i centomila abitanti, consentirebbe di accedere per 15 anni ai fondi speciali (10 milioni annui) che non avrebbero vincoli di destinazione e sarebbero fondamentali proprio in considerazione di questa preoccupante spoliazione demografica e conseguente altissima percentuale di tagli nelle devoluzioni finanziarie da parte dello Stato.
Sbagliano i cittadini che temono di confluire nel Comune unico perché considerano la fusione un’annessione tout court al capoluogo: no, Rende non diventerebbe la periferia est della nuova città unica già solo per l’importanza economica e strategica che gli è propria: non è ‘periferia’ il centro cittadino con l’unica vera zona industriale e commerciale dell’intera area urbana e con il polo universitario che vedrá sorgere il nuovo policlinico.
Ma il problema reale, pare evidente, più che tecnico-giuridico è politico.
Nessuno, nel fronte civico del no, può davvero ideologicamente schierarsi contro l’idea della grande Cosenza. Soprattutto perché il progetto fu lanciato piú di trent’anni fa dall’allora sindaca Antonietta Feola in piena golden age del socialismo rendese.
Ma perché, oggi, non se ne assumono la responsabilità? È presto detto: i professionisti della poltrona dei piccoli feudi hanno tutto l’interesse ad ostacolare la nascita della città unica per calcolo elettorale, clientelare e per non staccarsi dall’illusione di essere i padroni politici dei processi decisionali e amministrativi dei singoli comuni.
Le loro posizioni di retroguardia sembrano soltanto la mera difesa dello status quo, in contrasto con una situazione oggettiva di conurbazione che da diversi lustri è sotto gli occhi di tutti: i tre centri sono uniti senza soluzione di continuità ed i cittadini si spostano da sempre, indistintamente, senza neanche rendersi conto di “varcare” il confine di uno o dell’altro comune. La città unica con una sola ed estesa area urbana già esiste nei fatti: la conurbazione di Cosenza, Rende e Castrolibero è il presente e, consacrata dalla legge regionale e dal referendum, sarà anche il futuro.
Per questo, noi – contro di loro e contro la lottizzazione che permea il loro agire politico e amministrativo da decenni – siamo fortemente convinti della bontà del processo di fusione e urliamo a gran voce un secco ‘No’ all’ancoraggio al passato voluto da chi ideologicamente incarna la memoria storica di generazioni di clientelismi cittadini e aree di influenza coltivate a suon di contentini e mancette, figlie di una visione della politica antica e quantomai ripugnante; un convinto e forte ‘Si, invece, alla città unica.
Francesco Catera
vicecoordinatore regionale di Forza Italia Giovani Calabria
Antonio De Marco
coordinatore provinciale Forza Italia Giovani Cosenza
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