CATANZARO La Corte di appello di Catanzaro ha assolto Antonio Catania, di 48 anni, già presidente della Camera di commercio di Vibo Valentia, e il fratello Luca dai reati di tentata estorsione e turbativa d’asta, entrambi aggravati dalle modalità mafiose. Gli imputati erano stati condannati in primo grado dal Tribunale collegiale di Vibo Valentia, in quanto, secondo l’accusa sostenuta dal pm della Dda di Catanzaro Annamaria Frustaci, avrebbero posto in essere una serie di minacce e ritorsioni al fine di indurre gli aggiudicatari ad abbandonare l’asta pubblica relativa alla vendita di un immobile al Tribunale di Vibo Valentia, «per impedirne l’aggiudicazione, allontanando gli offerenti così da conseguire un indebito profitto derivante dal fatto che, successivamente, l’ulteriore ribasso del prezzo di vendita avrebbe consentito loro di rientrare in possesso dell’abitazione a condizioni economicamente più vantaggiose». In particolare, i fratelli Catania, nel porre in essere le minacce e ritorsioni, secondo quanto indicato in sentenza dal Tribunale, avrebbero evocato l’intervento di soggetti legati alla criminalità organizzata locale, «sfruttando la vicinanza di alcuni componenti della famiglia Catania alla cosca Lo Bianco-Barba di Vibo Valentia». La Corte d’appello, accogliendo il ricorso dell’avvocato Salvatore Sorbilli, ha invece escluso la sussistenza dell’aggravante mafiosa ed ha perciò prosciolto gli imputati dalle accuse di tentata estorsione e turbativa d’asta, dichiarando l’estinzione degli stessi. Antonio Catania, all’indomani della condanna di primo grado, si era dimesso dalla carica di presidente della Camera di commercio di Vibo Valentia, per ragioni di opportunità, annunciando però sin da subito di voler appellare la sentenza di condanna e dichiarando pertanto di confidare nella giustizia.
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