LAMEZIA TERME La prima giornata della memoria delle vittime di errore giudiziario, organizzata a Lamezia Terme, si apre con il documento firmato dai penalisti calabresi e «bloccato» dalle Corti di Appello di Reggio Calabria e Catanzaro. «Non hanno consentito la lettura del nostro comunicato», sottolinea il presidente della Camera penale di Cosenza, l’avvocato Roberto Le Pera, «perché i temi delicati trattati non erano adatti alla discussione in quella sede». Tornando alla giornata della memoria, l’apertura dei lavori è stata affidata al Presidente dell’Unione Camere Penali Italiane Francesco Petrelli. «Ricordo quanto le Camere penali raccoglievano le firme negli spazi interni ai tribunali, alcuni presidenti impedivano che l’attività di svolgesse. Io scrissi un articolo che prendeva spunto dalla costruzione del tribunale di Roma. I pavimenti di piazzale Clodio con i sanpietrini rappresentano un forte richiamo simbolico alla natura del tribunale che avrebbe dovuto essere uno spazio aperto».
In collegamento, sollecitato dalle domande del presidente della Camera penale di Catanzaro Francesco Iacopino, Francesco Greco figlio di Rocco Greco: imprenditore siciliano morto suicida. «Devo andare affinché siate liberi», questo il biglietto che – cinque anni fa – lasciò alla sua famiglia scossa dalla decisione dell’imprenditore di farla finita. La storia di Greco è quella di una «ostinazione accusatoria» sorretta dalle dichiarazioni rese da alcuni pentiti. Un uomo coraggioso ed onesto che denuncia i picciotti impegnati a chiedergli il pizzo. Greco impegnato nei settori della costruzione e della raccolta dei rifiuti, vince una gara di appalto a Gela. «Erano gli anni ’90 – racconta il figlio – gli anni di piombo con i ragazzini ammazzati nelle sale gioco».
Un clima rovente che spinge i malandrini a tentare di piegare i commercianti e gli imprenditori onesti. «Un giorno tornando da scuola trovai i nostri cani appesi a dei pali del capannone, mio padre tentò di tranquillizzarmi dicendomi che si trattava dello scherzo di cattivo gusto di qualche ragazzino». Ma quando i picciotti alzano il tiro e incendiano alcuni mezzi della ditta Greco, il piccolo Francesco intuisce che qualcosa non va. Rocco Greco denuncia tutto, ma da vittima di intimidazioni e richieste estorsive diventa uomo ritenuto vicino alla mafia. «Subì un processo perché accusato dai suoi stessi estortori di essere vicino agli ambienti criminali. Venne assolto in primo grado, ma il pm in appello decise di mantenere la propria tesi accusatoria e dopo sopraggiunse l’interdittiva antimafia». Rocco Greco sarà assolto da tutte le accuse, oggi suo figlio ha deciso di istituire una fondazione «per la formazione dei giovani sul lavoro». In ricordo di un uomo schiacciato dal peso di «due fogli di carta».
Cosa si prova a trascorrere 33 anni in carcere da innocente? Beniamino Zuncheddu, ex pastore oggi 59enne, è stato ingiustamente accusato della “strage di Sinnai” nella quale persero la vita tre allevatori uccisi. Zuncheddu venne arrestato l’8 gennaio del 1991 e da quel giorno la sua vita cambiò, fino alla scarcerazione (da innocente) dopo depistaggi, ritrattazioni e false testimonianze. Il racconto della sua incredibile ed assurda vicenda giudiziaria è stato affidato alle avvocate cosentine Antonella Rizzuto e Erika Rodighiero. «Ero un ragazzo, oggi sono un anziano. Il giorno dopo l’arresto pensavo di uscire perché ero innocente. Mi hanno preso perché c’erano degli accertamenti da fare e poi sono rimasto in carcere per 33 anni». Zuncheddu poi aggiunge: «Mai perso la fiducia nel mio avvocato, ma sono stato abbandonato dallo Stato». Crede ancora nella giustizia? «Ho fiducia in una giustizia giusta». E sul futuro, Zuncheddu risponde così: «Sto cercando di rientrare nella società, è un mondo diverso e bisogna riabituarsi. Non ho fatto previsioni per il futuro». (f.b.)
x
x