LAMEZIA TERME «Oltre ai temi della povertà economica del Sud, oggi dobbiamo soffermarci sui temi di attualità. La Cgil continua la lotta alla precarietà, al lavoro povero, per un fisco più equo e solidale e per la sanità». Lo ha detto il segretario regionale di Cgil Calabria, Angelo Sposato, a Lamezia Terme all’iniziativa “Quale sviluppo per il Mezzogiorno e la Calabria. Lavoro-Istruzione-Sanità-Ambiente-Infrastrutture”. Un momento di confronto su temi nevralgici per il Paese, ma ancora di più per il Sud, specie ora che si fa sempre più concreto il pericolo dell’approvazione dell’autonomia differenziata che andrebbe a infierire drammaticamente su un Meridione già indietro rispetto al resto d’Italia. L’analisi del segretario regionale, parte dal ritardo sulla spesa del Pnrr in Calabria che «è lenta, su 12.5 miliardi di euro abbiamo messo a terra circa 200 milioni. Questo governo non sta aiutando le regioni del Mezzogiorno».
«Tim ed Enel lasciano la Calabria – ha detto ancora Sposato – Tim lascia 1000 lavoratori senza occupazione. Poi abbiamo i tirocinanti che non riescono ad avere certezze sul futuro. I cinque milioni previsti dal Governo non sono bastevoli. Lavoro fa rima con sicurezza e il tema rovente è quello legato alle morti bianche, c’è una precisa responsabilità perché non si interviene nella prevenzione, i subappalti stanno favorendo il lavoro nero e favoriscono i risparmi sugli investimenti in sicurezza». La nostra proposta è semplice, dice Sposato: «Dobbiamo creare protocolli sulla tracciabilità della spesa per aiutare le imprese sane a partecipare ai bandi». Dal lavoro alla sanità, Sposato si sofferma sulla mobilità sanitaria passiva «che cresce» e «dove gli ospedali non arrivano, costringiamo i pazienti a spostarsi verso i privati e non tutti hanno i denari per curarsi. Così rischiamo di espellere tante persone dal diritto alle cure».
Il segretario regionale della Cgil cita i dati Svimez sullo spopolamento. «Abbiamo proiezione di uno spopolamento radicale in Calabria, perdiamo circa 10.000 persone all’anno, 5 mila sono giovani. E perderemo 500mila persone nei prossimi 40 anni. E per questo serve un grande piano sul lavoro soprattutto per trattenere i più giovani». Poi l’affondo sul Ponte sullo Stretto: «Invece di investire su una infrastruttura simile avremmo potuto sistemare tutta la Ss106».
Lo sforzo intrapreso dalla Regione Calabria, da quando si è insediato Roberto Occhiuto, è legato ad una nuova narrazione della Calabria. Sul punto, il direttore generale Svimez, Luca Bianchi si mostra pessimista. «Possiamo raccontare a tutti che questa è una terra bellissima, ma se tanti giovani vanno via vuol dire che la narrazione non serve». «Ci sono elementi di cambiamento – ha spiegato – ma ci sono limiti sui diritti che vengono negati. Alcuni cittadini che vivono nel Mezzogiorno non si lamentano, ma sono vittime di servizi assenti». Bianchi intravede uno spiraglio di luce. «Nel 2021-2023 la Calabria è cresciuta, per un momento il Paese è cambiato e si è iniziato a pensare che, insieme, si potesse uscire dalle difficoltà. Serve un cambio di passo, ci sono amministratori preparati che possono farlo».
All’incontro tenuto a Lamezia Terme, presente anche il presidente di Confindustria Calabria Aldo Ferrara. «Le multinazionali investono in Calabria, abbiamo grandi pensatori che vengono nella nostra regione come Gottlob. Siamo in grado di intercettate grandi imprese internazionali, penso ad esempio a Baker Hughes pronta ad investire a Corigliano Rossano dopo Vibo Valentia». Per il numero uno degli industriali calabresi «iniziamo a vedere cosa di positivo può produrre la Calabria». Sulle infrastrutture e sulla costruzione del Ponte sullo Stretto, Ferrara ha un punto di vista decisamente diverso rispetto alla Cgil. «E’ un attrattore di infrastrutture e non un elemento distruttivo», ma la «nostra vera sfida è l’Alta Velocità mentre la Zes è una nota dolente». Perché? «La vecchia Zes garantiva migliori condizioni alla Calabria, stava funzionando bene. Il governo ha cambiato idea ed è stato proposto un modello diverso, orientato all’accentramento a differenza di quanto invece propone il modello pensato per l’autonomia differenziata», dice Ferrara. Che chiosa: «Creare una Zes unica nel Mezzogiorno comporta una diversa attrattività sui territori, i fondi sono insufficienti, le risorse si sono ridotte». (f.b.)
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