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Gli affari tra Cosa nostra e la ‘ndrina Longo: la cocaina in Sicilia, la marijuana in Calabria

Dall’inchiesta coordinata dalla Dda di Caltanissetta emergono i legami tra la famiglia di Polistena e quella di Gela. E la rotta per il trasporto di ingenti quantità di droga

Pubblicato il: 12/03/2024 – 14:23
di Giorgio Curcio
Gli affari tra Cosa nostra e la ‘ndrina Longo: la cocaina in Sicilia, la marijuana in Calabria

REGGIO CALABRIA La droga viaggiava sulla stessa rotta, seguendo due direzioni opposte: in Sicilia dalla Calabria arrivavano i carichi di cocaina e hashish mentre dall’Isola arrivava la marijuana. È quanto hanno ricostruito gli inquirenti della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta nel corso dell’inchiesta ribattezzata “Ianus” e che ha portato, questa mattina, all’arresto di 54 persone, in un blitz eseguito dagli agenti della Polizia di Stato su ordine del gip del Tribunale nisseno. L’attività investigativa, dunque, ha acceso i riflettori sui rapporti – molto solidi – tra Cosa nostra di Gela (nella provincia di Caltanissetta) e soggetti calabresi legati alla ‘ndrangheta e, nello specifico, alla ‘ndrina Longo di Polistena, nel Reggino.

I rapporti tra Tasca e Longo

Secondo gli inquirenti sarebbe stato in particolare Giuseppe Tasca, classe ’72 di Gela, finito oggi in carcere, ad aprire il canale di approvvigionamento con la famiglia Longo. E l’occasione sarebbe stata la detenzione comune nel carcere “F. Salsone” di Palmi, quando Tasca avrebbe avuto modo di conoscere il boss Vincenzo Longo, considerato esponente di spicco dell’omonima ‘ndrina polistenese. Un periodo di co-detenzione quantificato in quasi tre mesi. E se Tasca e Longo erano a tutti gli effetti gli organizzatori di questo nuovo affare sulla rotta Gela-Calabria a «gestire poi materialmente i vari approvvigionamenti erano, da un lato, Giuseppe Borgese, per conto della ‘ndrina calabrese e, dall’altro, Giuseppe Pasqualino per conto del clan Rinzivillo di Gela», scrive il gip nell’ordinanza. Borgese classe 1996 di Cinquefrondi, Pasqualino classe ’91 di Gela, entrambi finiti in carcere.

La ‘ndrina Longo

Inoltre, Pasqualino «avrà un importante ruolo di intermediazione nella gestione del traffico di stupefacenti, mettendo in contatto Giuseppe Borgese sia con la famiglia Rinallo di Canicattì che con il clan Cappello di Catania». Quello di Borgese non è un nome qualunque, ma è il genero di Giovanni Longo (cl. ’66) sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno, nonché fratello di Vincenzo, figlio del defunto Rocco e nipote di Luigi Longo (cl. ‘18), carismatico capo bastone dell’omonima ‘ndrina. La famiglia Longo rappresenta una delle principali cosche del territorio di Polistena, operativa sia dagli anni ’70, sia nella Piana di Gioia Tauro che al di fuori dei confini calabresi.  

Gli affari con Peppe Tasca

«…burdellu c’è… cumpà…». se t’arrivanu a incagghiari virica i chiavi ti iettanu…» «…incensurato sugnu… nesciu… m’abbianu ai domiciliari…». È questo il dialogo intercettato dagli inquirenti e ritenuto significativo perché si riferisce proprio ai traffici avviati tra i Longo e i gelesi. A parlare sono Mirko Rapisarda – finito oggi in carcere – e un altro soggetto non indagato. Rapisarda fa intendere al suo interlocutore che «in giro ci sono troppe Forze dell’Ordine», esortandolo a stare attento, dicendogli che, se lo dovessero arrestare, butterebbero le chiavi. «…ma un pezzu di merda chiddru… tu dissi… a prima vota vinti chila però i vulia scinniri… no i sordi cà… ma dammi u timpu da arrivari au paisi… ci dissi no?» dice ancora Rapisarda. «Ma chistu cu è cu è ca u canusci a chistu?» chiede l’interlocutore. «Peppe, Peppe Tasca». 
Secondo gli inquirenti e quanto confermato dal gip, i racconti di Rapisarda sono da ritenersi «la base di partenza che pone in evidenza la circostanza secondo cui Giuseppe Tasca, subito dopo la scarcerazione, abbia approfittato delle sue relazioni criminali con la ‘ndrangheta reggina per assicurarsi la fornitura di significativi quantitativi di cocaina». (g.curcio@corrierecal.it)

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