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Overture, la presunta «unitarietà della associazione» e la «configurabilità del metodo mafioso»

Sette ore di requisitoria del pm, poi le richieste di pena. Lo spaccio e le estorsioni della mala cosentina e gli «effetti a catena»

Pubblicato il: 21/03/2024 – 15:06
di Fabio Benincasa
Overture, la presunta «unitarietà della associazione» e la «configurabilità del metodo mafioso»

COSENZA Un processo «intercettivo» che raccoglie due macro contestazioni: l’associazione a delinquere dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti e l’attività posta in essere dal presunto gruppo guidato Gianfranco Sganga (la pena richiesta nei suoi confronti è di 12 anni) – non oggetto di contestazione – ma protagonista di singole vicende estorsive». E’ questo il quadro delineato nel corso della lunghissima requisitoria del pm della Dda di Catanzaro, Corrado Cubellotti, ieri in aula dinanzi al Tribunale di Cosenza in composizione collegiale (presidente Carmen Ciarcia). Il pubblico ministero, dopo sette ore di discussione – interrotta per il saluto al procuratore uscente di Cosenza Mario Spagnuolo – ha concluso invocando pene pesanti nei confronti degli imputati. Nelle prossime udienze toccherà agli avvocati del Collegio difensivo rispondere alle tesi dell’accusa.

La requisitoria

Nel lungo elenco degli episodi contestati – una sessantina i capi di imputazione – compare anche la presunta violenza privata perpetrata nei confronti dell’ex pentito Alberto Novello. Che nel corso del processo, chiamato a testimoniare, ha negato qualsiasi dichiarazione asserendo di essere «sprovvisto della protezione» e di essere stato «picchiato e minacciato». Novello, in passato, era considerato appartenente alla cosca “Rango-Zingari” e dedito all’attività di spaccio. Singoli casi specifici a parte, il pm Cubellotti ha illustrato – richiamando le dichiarazioni dei pentiti, rivisitando ogni singolo episodio oggetto di presunto reato – la tesi accusatoria che si basa sostanzialmente su due diverse variabili criminali: l’asserita «unitarietà della associazione» e «configurabilità del metodo mafioso». In premessa, il pubblico ministero della Distrettuale Catanzarese ha individuato come episodio cardine l’arresto di Vincenzo Laurato (richiesta pena di 18 anni) e quello di Alberto Novello che «producono effetti a catena, come un sasso gettato nello stagno». Una serie di reazioni che si sarebbero intersecate fino a creare un nodo gordiano.

Lo spaccio di stupefacenti

Nel corposo registro delle intercettazioni autorizzate dalla Procura, sono finite alcune captazioni che riguardano proprio Alberto Novello. Il capitolo è quello dello spaccio di droga. Circostanze che hanno portato alla costruzione del “Sistema Cosenza” poi finito anche nel mirino degli investigatori che hanno portato a termine l’operazione “Reset“. Del presunto “Sistema” hanno parlato soprattutto i pentiti di nuova generazione: Luca Pellicori, Francesco Noblea, Celestino Abbruzzese, Giuseppe Zaffonte e Luciano Impieri. Sono loro a riferire come, nel caso dello spaccio delle sostanze stupefacenti, tutto dovesse passare da Alfonsino Falbo, per il quale il pm ha richiesto la pena di 30 anni di carcere. Ma oltre a quest’ultimo, secondo gli investigatori a rifornire la città di sostanza stupefacente, sarebbe stato anche Sergio Raimondo (in Appello la pena nei suoi confronti è stata rideterminata a sei anni per quanto attiene la cessione di droga mentre è stato assolto per il capo d’accusa legato all’associazione dedita allo spaccio). Da lui invece si sarebbe rifornito Riccardo Gaglianese (richiesta pena di 30 anni), indicato da Alberto Novello come «persona autonoma» capace di «provvedere da solo al rifornimento di cocaina costituendo un canale di vendita alternativo rispetto a quello di Falbo».

Le estorsioni

Secondo l’accusa, alcuni degli imputati avrebbero tentato di mettere le mani sui lavori di ampliamento dell’ospedale “Annunziata” di Cosenza, sugli interventi di ammodernamento del sistema di illuminazione del campus universitario Unical di Rende e sulle opere di restauro del Convento di San Francesco di Paola a Spezzano della Sila, attuando una intensa attività estorsiva nei confronti delle imprese assegnatarie dei lavori. A tal proposito, si ricorda la testimonianza in aula resa dal direttore tecnico dell’azienda “Tommaso De Nisi”, l’ingegnere Francesco De Nisi. Che ha denunciato ai Carabinieri di Cosenza la richiesta estorsiva ricevuta da due soggetti presentatisi nel cantiere aperto a Cosenza. Secondo l’accusa, coinvolti nell’episodio oggetto di contestazione sarebbero: Gianfranco Sganga «promotore e organizzatore, percettore del provento illecito derivante dalla richiesta estorsiva, in virtù della sua presunta appartenenza criminale al gruppo “Lanzino-Cicero”», Emanuele Apuzzo (ha scelto il rito abbreviato) e Pietro Mazzei (per lui il pm ha chiesto la condanna a 6 anni) «quali soggetti deputati alla intimidazione e riscossione del denaro frutto dell’estorsione». La ditta “Tommaso De Nisi” è assegnataria dei lavori di ampliamento all’interno dell’ospedale Annunziata di Cosenza e nel febbraio 2017, un dipendente avrebbe ricevuto la visita di due persone accompagnata da una richiesta, «quella di metterci a posto». Francesco De Nisi, ascoltato il racconto del dipendente si è recato dai Carabinieri di Cosenza, riferendo i fatti accaduti.
(f.benincasa@corrierecal.it)

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