LAMEZIA TERME La presenza di un presunto libro mastro con annotati i nomi e i debiti di alcuni soggetti e un summit di ‘ndrangheta per discutere del mantenimento dei detenuti. Queste, alcune delle vicende affrontate con dovizia di particolari nel corso di una delle ultime udienze del processo scaturito dall’inchiesta denominata “Reset” contro la ‘ndrangheta bruzia. Il rito ordinario si celebra dinanzi al tribunale di Cosenza, in aula bunker a Lamezia Terme. E’ ancora il maresciallo Alfredo Lucanto, attualmente in servizio al Nucleo Investigativo di Agrigento, chiamato a testimoniare e relazionare sull’attività di indagine svolta e dopo un lungo esame (ne abbiamo parlato qui), la parola passa alle difese per il controesame.
E’ l’avvocato Luca Acciardi a chiedere al teste una serie di chiarimenti su alcuni passaggi ricostruiti dal maresciallo in aula. Ha parlato dell’incontro, che poi definisce summit, e in questo incontro lei ha detto che è emersa la circostanza che si parlava della cosiddetta cassa comune del mantenimento dei difensori. «Cassa comune con riferimento alla bacinella della cosca denominata Lanzino-Ruà-Patitucci». Della cosca denominata Lanzino-Ruà-Patitucci, cioè solo di quel gruppo? «Sì». Avete parlato pure del mantenimento dei cosiddetti detenuti. Di quante persone parlano? «Di nove detenuti». Dopo i tre incontri avete mai avuto modo di captare, verificare, accertare se vi sono stati accordi tra Mario Piromallo e Adolfo D’Ambrosio per la commissione di qualche reato? Hanno commesso qualche reato insieme? «No». Sostenete pure che vi sia una sorta di Confederazione nel territorio cosentino, voi vi siete occupati del cosiddetto gruppo D’Ambrosio. Prima di questa vostra indagine è mai emersa l’esistenza del cosiddetto gruppo D’Ambrosio? «Nel 2013, con la sentenza “Vulpes” il coinvolgimento di D’Ambrosio Adolfo». Avete avuto modo di censire i rapporti, ad esempio, tra Piromallo Mario e Di Puppo Michele? «Nella nostra attività no».
Vi erano rapporti di contrasti tra Piromallo e Di Puppo? «C’erano dei dissidi. E’ Piromallo che ne parla, sì». C’erano dei contrasti tra Piromallo e Francesco Patitucci? «Si». Francesco Patitucci è considerato il cosiddetto capo di questo gruppo confederale. Avete censito rapporti tra Francesco Patitucci e qualsiasi componente del gruppo D’Ambrosio? «Non direttamente e neanche indirettamente, dalle attività non è emerso».
E’ l’avvocata Amelia Ferrari a prendere la parola per la posizione di Massimo D’Ambrosio. Il tema affrontato è quello del presunto libro mastro trovato in casa dell’imputato. «Non c’era una corrispondenza tra la telefonata intesa come sollecito di pagamento e la data che veniva inserita, che era inserita nel libro mastro», dice il teste. In questa agendina, avete potuto rinvenire altrove il nome delle parti offese che sono state menzionate finora nel procedimento, anche nella rubrica telefonica che è altra rispetto a quella che è facente capo al presunto libro mastro? «Nella rubrica del telefonino l’ho detto durante l’esame». Rispetto ai presunti personaggi di spicco che questa operazione da un punto di vista criminale, quindi Di Puppo, Salvatore Ariello, Piromallo, ha trovato numeri di telefono afferenti a queste persone? «No». L’attenzione si sposta sui presunti finanziamenti illeciti. Ha spiegato che la suddivisione del denaro che proveniva dai finanziamenti apparentemente illeciti potesse avere una eventuale suddivisione, mistificando un finanziamento apparentemente lecito, ma che poi in realtà conteneva i presupposti addirittura di un rapporto a carattere di usura. Avete effettuato verifiche sul passaggio del denaro alle persone interessate a cui ha fatto riferimento? Sa se questo denaro è stato effettivamente consegnato con la scansione che ha potuto ascoltare nelle intercettazioni alle persone preposte? «No». Le chiedo avete fatto la verifica? «La verifica durante le intercettazioni non l’abbiamo fatta». (f.b.)
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