Nel 2023, il 22,8% della popolazione italiana è a rischio di povertà o esclusione sociale: valore in calo rispetto al 2022 (24,4%) a fronte di una riduzione della quota di popolazione a rischio di povertà, che si attesta al 18,9% (da 20,1% dell’anno precedente), e di un lieve aumento della popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale (4,7% rispetto al 4,5%). Lo rileva l’Istat nell’ultima indagine sulle condizioni di vita e il reddito delle famiglie.
Il calo dell’incidenza di persone a rischio di povertà è legato al contributo dell’insieme delle misure di sostegno alle famiglie, quali l’Assegno unico universale per i figli, i bonus una tantum per contrastare l’aumento nei costi dell’energia e le modifiche intervenute nella tassazione, sottolinea l’Istituto di statistica.
A livello regionale si osserva una riduzione del rischio di povertà o esclusione sociale in particolare in Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, e Campania, dovuto alla diminuzione di tutti e tre gli indicatori (rischio di povertà, grave deprivazione e bassa intensità di lavoro). Inoltre, rileva l’Istat, il rischio di povertà o esclusione sociale diminuisce in Lombardia con una riduzione marcata degli individui in famiglie a bassa intensità di lavoro ma con un aumento della grave deprivazione. In Calabria, invece, peggiorano i tre indicatori e aumenta soprattutto la grave deprivazione. Nel 2023 l’incidenza del rischio di povertà o esclusione sociale si riduce per tutte le tipologie familiari e in particolare per gli individui che vivono in famiglie con quattro componenti (21,8% rispetto al 24,8% del 2022) e per le coppie con due figli (20,6% rispetto a 23,4% del 2022) e con un figlio (19% rispetto a 21,3%) che hanno beneficiato del nuovo Assegno unico universale per i figli. Tuttavia per le famiglie numerose aumentano gli individui in condizione di bassa intensità di lavoro, in particolare aumentano se vi sono cinque e più componenti (6,6% rispetto a 5,1% dell’anno precedente) e in caso di coppie con tre o più figli (6% rispetto al 3,5% dell’anno precedente), presumibilmente per una maggiore difficoltà nella conciliazione delle attività di lavoro e cura. Inoltre, avverte lo studio, il rischio di povertà o esclusione sociale rimane alto per coloro che possono contare principalmente sul reddito da pensioni e/o trasferimenti pubblici (31,6%) sebbene in riduzione rispetto al 2022 (34,2%), mentre diminuisce per coloro che vivono in famiglie in cui la fonte principale di reddito è il lavoro dipendente (15,8% rispetto al 17,2%del 2022). Il rischio di povertà o esclusione sociale peggiora per coloro che hanno come fonte principale il reddito da lavoro autonomo (22,3% rispetto al 19,9% nel 2022), per effetto dell’ampliamento della distanza tra i livelli di reddito di questo tipo di percettori, con una crescita dei redditi nella coda alta della distribuzione. Infine, il rischio di povertà o esclusione sociale si riduce per gli individui in famiglie con solo italiani e aumenta leggermente per i componenti delle famiglie con almeno un cittadino straniero (40,1% rispetto al 39,6% del 2022).
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