COSENZA “Il mio posto è qui” sbarca in Calabria. Ma sarebbe il caso di dire torna in Calabria visto che buona parte del film tratto dal libro di Daniela Porto (dal titolo omonimo, edito da Sperling & Kupfer) è stata girata a Gerace. La pellicola verrà presentata questa sera proprio a Gerace (oltre che a Siderno e a Locri), mentre domani, venerdì 10 maggio, arriverà al cinema San Nicola a Cosenza. Sabato sarà la volta di Catanzaro, al Cinema The Space. Saranno presenti gli attori e i due registi (nella foto di copertina) e compagni nella vita, Cristiano Bortone (vincitore di un David di Donatello nel 2007 con “Rosso come il cielo”) e Daniela Porto, autrice del testo, per la prima volta dietro una macchina da presa.
La storia è ambientata appunto in Calabria alla fine della Seconda guerra mondiale. Marta, interpretata da Ludovica Martino, è una ragazza madre promessa sposa di un uomo di cui non è innamorata. L’incontro con Lorenzo (Marco Leonardi, il Salvatore di “Nuovo Cinema Paradiso”), omosessuale conosciuto nel suo paese come “organizzatore di matrimoni”, farà nascere tra i due una profonda amicizia che li porterà a sfidare i pregiudizi della loro comunità. «Nonostante questo sia un film ambientato nel passato – afferma il regista romano Cristiano Bortone – le tematiche che affronta ci rimandano a un presente molto bruciante. Oggi leggiamo continuamente di varie forme di femminicidi e di crimini in famiglia che poi non sono altro che la punta dell’iceberg. La posizione della donna nella società non è mai stata messa veramente sullo stesso livello dell’uomo. Gli ultimi anni ci stanno mostrando come ci sia il rischio concreto di fare dei passi indietro, ecco perché ritengo sia importante fare dei film che tengano acceso il dibattito e la riflessione collettiva della società».
Emancipazione femminile, patriarcato e omosessualità, temi trattati con un grande successo di pubblico (e di premi: sei David di Donatello) anche nel film di Paola Cortellesi “C’è ancora domani”.
«Sì, un film che per certi versi ha fatto da apripista ma non faccio assolutamente paragoni. Però è vero che certi temi spesso si dimenticano per poi tornare in auge. Questa è la miopia dei nostri produttori, è la storia del cinema. Tutti inseguono la moda del momento ma spesso non ci si concentra sull’essenza delle storie che si raccontano. Quando noi abbiamo iniziato a preparare questo lavoro tutti ci dicevano che nessuno avrebbe voluto vedere un film sulle donne, per giunta ambientato in Calabria negli anni ’40. Invece poi è uscito il film della Cortellesi che ha attirato su di sé tanto interesse. Certo, la Cortellesi è un’attrice molto famosa e brillante, ma anche la sua è stata una sfida complicata. Dobbiamo capire che il pubblico è più intelligente di noi, va oltre, vuole vedere storie che lo toccano da vicino. Ci sono donne che vogliono vedere la loro condizione rappresentata sullo schermo con la dovuta delicatezza ma anche con determinazione».
Il suo è un film ambientato in Calabria ma è privo di retorica. Una vicenda che supera i confini nazionali.
«Le do una chicca: a Cannes tra due settimane il film inizierà ad essere presentato ai compratori esteri e sono già tante le proiezioni prenotate. Questo vuol dire che l’aspettativa è grande. Tutto ciò è interessante perché ci dimostra, come accaduto più volte in passato con il nostro cinema, che le storie italiane, i luoghi e la cultura hanno ancora un grandissimo fascino per il pubblico estero. Io sono molto felice di aver portato un’immagine della Calabria antica e al tempo stesso contemporanea in tutto il mondo. Far conoscere posti affascinanti come Gerace per me è motivo di orgoglio».
A questo punto la domanda è d’obbligo: com’è stato lavorare in Calabria?
«La Calabria è nota ai più per gli aspetti negativi e denigranti che, per carità, sono importanti. Però questa è anche una regione fantastica, sorprendente, che ha tanto da raccontare. In fondo come tutto il meridione. Noi abbiamo fatto un lavoro di location scouting in varie cittadine meravigliose più o meno conosciute al grande pubblico, poi siamo arrivati a Gerace e ci siamo innamorati. Gerace è un museo a cielo aperto che è riuscito a mantenere incontaminata la propria architettura e già questo per chi fa cinema è un regalo pazzesco, perché riesci a immergere la tua storia in una ambientazione di verità. Poi c’è stato un supporto locale della comunità a dir poco straordinario, sia da parte delle istituzioni che della popolazione locale, senza dimenticare gli artigiani. Sono sincero, sogno di tornare a girare in quel luogo un’altra volta. Quando ti trovi bene in un posto, ti riesce facile immaginare lì altri dieci film».
Oltre al protagonista Marco Leonardi, il cast del suo film è composto da numerosi talenti calabresi.
«È vero, molti attori, professionisti e non, sono locali. Penso ad Anna Maria De Luca di Spezzano Albanese, Saverio Malara di Reggio Calabria, Francesco Aiello di Cosenza, Giorgia Arena di Crotone, giusto per citarne qualcuno. Sono attori magari meno conosciuti al grande pubblico ma veramente bravissimi. Io sono convinto che questo film farà venire fuori tantissime suggestioni grazie agli attori che ne hanno fatto parte. Le loro performance sono davvero notevoli».
Il film è la trasposizione cinematografica del libro di Daniela Porto, che oltre a essere sua moglie, insieme a lei è la regista. Come mai questa scelta?
«Si tratta di un romanzo molto bello e quando Daniela mi ha dato l’idea del film, ho pensato che fosse giusto avere accanto a me il suo sguardo femminile. Ovviamente (ride, ndr) tutti ci hanno detto: ma no, è una follia, divorzierete sicuramente. Invece è stato bellissimo, io e Daniela condividiamo gli stessi valori, abbiamo lo stesso sguardo sul mondo e diamo molta importanza alla famiglia, aver fatto un film insieme è stata una avventura familiare intensa. Mi piace pensare che proprio questa energia abbia portato al successo del film».
Non resta che lanciare un appello al pubblico calabrese per venire a vedere “Il mio posto è qui”.
«Dico ai calabresi di venire al cinema perché la storia è molto bella, emozionante, ho visto gente che piangeva dopo aver visto il film in anteprima. Da decenni c’è un pregiudizio del pubblico verso i prodotti italiani. Io credo che si debba scegliere senza preconcetti, questo è un film per tutti e rappresenta la cultura calabrese, la sua lingua, i suoi luoghi e i suoi attori. È sempre molto importante vedersi rappresentati sullo schermo». (f.veltri@corrierecal.it)
(Foto Angrisano)
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