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Da Pino Scriva ad Emanuele Mancuso, Badolati racconta “i figli traditori” della ‘ndrangheta

Il giornalista e scrittore: «La ‘ndrangheta è indebolita nel suo nucleo centrale e fondante, la famiglia»

Pubblicato il: 22/05/2024 – 20:21
Da Pino Scriva ad Emanuele Mancuso, Badolati racconta “i figli traditori” della ‘ndrangheta

COSENZA Ci sono rampolli decisi a recidere la catena di sangue con la famiglia mafiosa, tagliando il cordone ombelicale che li lega a mamma ‘ndrangheta. E poi parlano, vuotano il sacco e raccontano di quanto la loro famiglia sia più o meno influente nella galassia criminale calabrese. Arcangelo Badolati li chiama “Figli Traditori“, protagonisti dell’ultimo libro del giornalista e scrittore calabrese. Il libro, presentato a Cosenza alla presenza – tra gli altri – del procuratore f.f. di Catanzaro Vincenzo Capomolla, è uno scrigno prezioso di informazioni e racconti, storie e narrazioni. «C’è la ‘ndrangheta che viene indebolita nel suo nucleo centrale e fondante, la famiglia. Uomini destinati a diventare i boss del domani, dopo l’incarcerazione, i guai giudiziari scelgono di collaborare. Lo fanno per le loro famiglie, per cambiare vita, per avere un futuro diverso. Qualcuno lo fa proprio perché è inebriato dalla cultura», dice Badolati al Corriere della Calabria. «C’è la storia di Domenico Agresta, che è figlio di un Agresta importante in Piemonte, originario di Platì, nipote del suo omonimo Domenica Agresta e viene indicato come il fondatore del locale di Volpiano che dopo aver fatto almeno otto anni di carcerazione decide di collaborare perché incontra in carcere la cultura: Dante, la filosofia, è uno che recita a memoria quattro canti della Divina Commedia», aggiunge lo scrittore. Il libro racconta «la storia di queste persone, ne sviscera i retroscena, i profili psicologici». Ma c’è un altro pentito eccellente che cattura l’attenzione di Badolati. «Emanuele Mancuso, diventa il pentito di una famiglia che non ha mai avuto un collaboratore di giustizia nella sua storia criminale. Questo colpisce molto, colpisce anche il figlio di un boss della criminalità nomade che decide di collaborare con la giustizia, Celestino Abbruzzese, detto “Micetto”, di Cosenza». E’ un fenomeno nuovo raccolto, messo insieme e spiegato «che parte col pentimento di Pino Scriva, fino ad arrivare ai giorni nostri». E poi ci sono le donne pentite, le “onorate”. «Sì, certamente quella che più colpisce è Giuseppina Pesce, una donna legata ad un casato di mafia riconosciuto giudiziariamente, che sceglie di tradire tutto il suo passato e di ipotecare il suo futuro, poi fa un finto ravvedimento, ma in effetti continuerà a collaborare pienamente».
(redazione@corrierecal.it)

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