«Alle cinque della sera / sulla piazza di Matera / da una millecento lusso / scende Giovanni Russo, / redattore viaggiante / del Corriere della Sera / Che successo! Che carriera!». Questa filastrocca la compose Ennio Flaiano dedicandola al giornalista Giovanni Russo. Giovannino per gli amici e per tutti, per via della statura e per quell’aria da eterna mascotte.
Nacque a Salerno nel 1925 da genitori cilentani (padre di Sala Consilina, madre di Padula) ma crebbe e visse sempre a Potenza. Morì nel 2017 all’età di 92, ma nel 2012, qualche anno prima, incontrò gli studenti del liceo Nicola Pizi di Palmi, ebbe un infarto e fu ricoverato d’urgenza al Policlinico di Roma. Sopravvisse, ma fu un campanello d’allarme. Morì nel 2017 all’età di 92 anni nella sua abitazione di piazza Grazioli a Roma
Come scrisse Mario Avagliano sul “Il Foglio” Giovannino Russo fu l’ultimo dei meridionalisti, ma non un sudista. Spiegò allo stesso Avigliano il senso di questa affermazione: «Oggi se si parla di meridionalismo, si rischia di passare per vecchi bacucchi. Esiste ancora un divario enorme tra Nord e Sud dell’Italia, però il meridionalismo è passato di moda, a destra e purtroppo anche a sinistra. Il governo è nordico e il potere di contrattazione del Meridione è assai diminuito. La responsabilità è in gran parte dei politici meridionali, sia della Casa delle libertà che dell’Ulivo, che riempiono la gente di paroloni e non concludono niente di concreto. Dopo la stagione dell’intervento straordinario, non esiste alcuna presenza né culturale né politica del meridionalismo». Su questo tema scrisse diversi saggi poi raccolti nel “Sud specchio d’Italia”, edito da Liguori nel 1993.
Sempre lo scrittore Avagliano ha riassunto l’esperienza di Russo al Corriere della sera: «Nel Corrierone di Missiroli, di Ostellino, di Ottone, di Spadolini, di Di Bella e, nei giorni nostri, di Mieli e di De Bortoli, dal 1955, ovvero da quarantasette anni, ininterrottamente, è di casa il salernitano Giovannino Russo, che è stato uno dei padri del meridionalismo moderno, e insieme a La Malfa e a Francesco Compagna, uno degli ispiratori, a livello culturale, della politica di intervento straordinario nel Mezzogiorno. “Ora parlare di Sud è passato di moda”, borbotta amareggiato nella sua casa romana. Russo ha conosciuto ed è stato amico dello storico sindaco di Salerno Alfonso Menna, del quale – nel nostro colloquio – tesse le lodi ma mette in rilievo anche le ombre (“ha favorito uno sviluppo urbanistico disordinato”), e dal suo osservatorio privilegiato ha sempre seguito da vicino e con partecipazione emotiva i mutamenti e le vicissitudini della sua città nativa, nonostante la lontananza».
Il primo approccio di Russo col giornalismo lo ebbe nientemeno con Pannunzio al quale, timidamente, consegnò un pezzo che raccontava un viaggio nel Sud fatto col giornalista americano Theodor White del “New York Times”, diventato famoso al pubblico italiano perché autore del pamphlet “Come si fa un presidente”.
La sua carriera in pillole: nel ’43 è stato uno dei fondatori del Partito d’Azione in Lucania. Laureato in giurisprudenza, ha cominciato la carriera giornalistica nel ’48, al quotidiano “L’Italia Socialista” di Roma, quindi ha collaborato a “Il Mondo” diretto da Mario Pannunzio, quando Ennio Flaiano era redattore capo, fino ad entrare nella redazione del “Corriere della Sera” di Missiroli, del quale è stato per lunghi anni inviato speciale. Autore di molti reportage sul Sud, ha pubblicato diversi libri che ritornano con partecipazione su vari aspetti della società meridionale e della politica e cultura italiana, tra cui: Baroni e contadini (1955, Premio Viareggio); L’Italia dei poveri (1958); L’atomo e la Bibbia (1963); Chi ha più santi in Paradiso (1964); Università anno zero (1966); Il fantasma tecnologico (1968); I Bambini dell’obbligo (1971); I figli del sud (1974, Premio Basilicata), Terremoto (1981); Il paese di Carlo Levi (1985, Premio Basilicata); Flaianite (1990); I nipotini di Lombroso (1992); Sud Specchio d’Italia (1993, Premio Mezzogiorno); Perché la sinistra ha eletto Berlusconi (1994); I re di carta (1996); Il futuro è a Catania (1997); È tornato Garibaldi (2000, Premio Carlo Pisacane); Lettera a Carlo Levi e Le olive verdi (2001); Oh, Flaiano! (2001). Per il giornalismo ha vinto tra l’altro il Premio Marzotto 1965 e il Premio Pannunzio 1991.
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