Dalla Lombardia a Roma: l’ascesa criminale del clan Mazzaferro, con diramazioni in Europa e Sud America
Nella Locride la “guerra dei contrabbandieri”. I rapporti in Liguria e Piemonte. In Lombardia la creazione di 16 “locali”

ROMA Da Marina di Gioiosa Ionica, nella Locride, al Nord Italia, con “locali” in Lombardia e interessi criminali in Piemonte e Liguria, fino all’inchiesta che ha fatto luce sul controllo nel settore della commercializzazione all’ingrosso di prodotti petroliferi a Roma. Ma l’influenza del clan di ‘ndrangheta Mazzaferro va oltre i confini nazionali, con diramazioni scoperte, attraverso le indagini, in Europa e Sud America. Tra le principali attività illecite svolte risultano, fin dalle origini, il contrabbando delle sigarette, i furti, le truffe, la fabbricazione e lo spaccio di banconote false, le rapine, le estorsioni, il traffico di sostanze stupefacenti e di armi. Una rete criminale che viene dipanata nelle oltre 300 pagine dell’ordinanza della Procura di Roma, in cui viene ripercorsa la storia che ha portato all’ascesa criminale del clan.
Nella Locride la “guerra dei contrabbandieri”
Negli anni ’70 i Mazzaferro entrarono nel contrabbando delle sigarette, alleandosi con i Vrenna di Crotone e un gruppo di napoletani. Il traffico dei tabacchi, in quegli anni, costituiva una delle prime attività criminali del clan della Locride che, verso la fine di quel decennio, si contendeva il settore con gli Aquino, con i quali si scontrarono in quella che fu denominata la “guerra dei contrabbandieri”. Al vertice, quali centro decisionale della famiglia, c’erano i fratelli Giuseppe, Vincenzo e Francesco Salvatore Mazzaferro (rispettivamente classe ’37, ’42 e ’40), indicati nell’ambito del conflitto esploso per il controllo del contrabbando di sigarette, come mandanti dell’omicidio di Antonio Macrì (cl. 1904), capo mafia di Siderno, e del ferimento del suo braccio destro, Francesco Commisso (cl. 1913).
In Lombardia la creazione di 16 locali. Le diramazioni anche in Sud America
Negli stessi anni esponenti della cosca Mazzaferro soggiornavano in Liguria, terra nella quale avevano attivato stabili relazioni con altri calabresi. In particolare, il boss Giuseppe Mazzaferro – nonno di Nicolò Sfara (arrestato a Roma) – in quel periodo scontava un soggiorno obbligato a Riva Ligure, in provincia di Imola, dove, anche dopo aver terminato gli obblighi giudiziari, aveva mantenuto rapporti con altri calabresi, tra cui Antonio Raguseo, già presente a Sanremo e coinvolto in traffici di stupefacenti controllati dalla ‘ndrangheta. Al contempo, anche il Piemonte e la Lombardia erano oggetto di infiltrazione. Negli anni ‘90 il boss Giuseppe Mazzaferro, mandato in soggiorno obbligato a Cornaredo, a Milano, s’insediò stabilmente in Lombardia dove, investito del ruolo apicale di “capo regionale ” della ‘ndrangheta, intraprese un rapporto di natura criminale con Cosa Nostra che gli consentì di potenziare il controllo di tutte le attività illecite nel territorio lombardo, con particolare riferimento al traffico di droga. Sulla base degli atti dell’operazione “Notte dei fiori di San Vito” la cosca Mazzaferro in Lombardia era articolata in ben 16 locali di ‘ndrangheta presenti a Como, Varese, Fino Mornasco, Senna Comasco, Appiano Gentile, Cermenate, Mariano Comense, Lenate sul Seveso, Monza, Pavia, Lumezzane, Seregno, Rho e Milano (mediante 3 “locali’’). E poi le diramazioni nel mondo: e precisamente in Germania (Mannheim, Monaco, Stoccarda), in Belgio (Bruxelles), in Argentina, Perù, Brasile e Colombia. Dagli atti dell’operazione “Circolo formato” emerge che il gruppo mafioso, dopo aver subito una fase meno florida, dovuta alla leadership della famiglia Aquino dominante a Marina di Gioiosa Ionica, riuscì a riaffermare la propria supremazia attraverso la figura di Rocco Mazzaferro (cl. ’64), figlio del boss Giuseppe Mazzaferro, che, investito del ruolo di “capo società” cedutogli dallo zio ha operato un ringiovanimento generazionale della cosca, avviando nuovi interessi criminali.
Gli affari a Roma
Ed è a Roma che gli investigatori hanno individuato gli interessi del clan, rappresentato da Nicolò Sfara (classe ’94), detto “Leone-Francesco-Silvio-Bruno”, e da Vincenzo e Salvatore Mazzaferro (padre e figlio, rispettivamente classe ’71 e ’97). Un controllo nel settore della commercializzazione all’ingrosso di prodotti petroliferi che il clan era riuscito a conquistare attraverso un sistema ben collaudato e con la connivenza di professionisti del settore e imprenditori. (m.ripolo@corrierecal.it)
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