Metti che Leonardo Apache La Russa, figlio dell’attuale presidente del Senato, venga condannato per violenza carnale ai danni della ventiduenne milanese che lo denunciò tempo fa. Metti che il padre Ignazio La Russa – quello che colleziona busti di Mussolini e si rifiuta di festeggiare il 25 aprile – venga eletto Presidente della Repubblica dopo Mattarella (il che non è improbabile vista l’aria che tira). Metti che Ignazio La Russa grazi il figlio per come gli consentirebbe la Costituzione. Cosa accadrebbe in Parlamento e nelle piazze del Paese? Cosa direbbero gli esponenti della sinistra italiana? Immagino scenari distopici di guerriglie urbane, ritirate aventiniane, interi talk show dedicati all’evento, paginone di giornali traboccanti di indignazione. E i protestatari avrebbero ragione da vendere. Ora, mi domando, come mai neppure un’esile voce degli esponenti della sinistra italiana si è levata contro Joe Biden, che, pochi giorni fa ha graziato preventivamente – ossia prima che lo condannassero (negli U.S.A. è possibile) – il figlio Hunter, accusato per l’acquisto illecito di un’arma da fuoco e per frode fiscale. Né il Corriere della Sera o Repubblica o la Gruber o Floris, nei loro talk, hanno dedicato qualche minuto alla furbata di quel Joe Biden che, ricordiamolo, ci ha splendidamente “teleguidati” verso le due guerre che stanno cambiando il mondo. Quello che ha appena ri-scatenato la guerra in Siria. Quello dei missili contro la Russia e del falso cessate il fuoco in Libano. Quello, che durante i fatti di Piazza Maidan del 2014 in Ucraina e la deposizione del presidente filo-russo Yanukovic, era vice di Obama con delega alla gestione della crisi in quel paese. Quello, infine, che fece insabbiare lo scandalo del figlio Hunter, suo emissario nell’Est Europa, protagonista di episodi di corruzione e di speculazione in Ucraina, Russia e Cina, denunciati prima dal New York Post e poi confermati dal New York Times. Perfino il Corriere della Sera è stato costretto a riesumare queste perle del campione dei democratici occidentali in un articolo del 3 dicembre scorso. E pensare che, quando il 9 novembre del 2020, all’indomani della risicatissima vittoria di Joe Biden alle presidenziali U.S.A. contro Trump, mi permisi di scrivere sul Corriere della Calabria che Biden era, in realtà, più gradito dello stesso Trump all’establishment americano di sinistra e di destra ed a quei poteri finanziari che sono i veri padroni della “più grande democrazia occidentale”, dovetti sorbirmi gli strali di una mia amica giornalista di sinistra (da quel momento in poi ex amica), che mi accusò sgarbatamente di lesa maestà.
Quel che Biden ha fatto durante il suo mandato presidenziale lo abbiamo visto e sono certo che anche la mia ex amica giornalista non lo abbia giudicato con il fervore che dimostrò nell’immediatezza della sua elezione. Mi piacerebbe però che i miei distratti amici di sinistra mi spiegassero cos’ha, il comportamento di Joe Biden, dei principi più elementari di una democrazia e, ancor più, dell’etica politica della sinistra. Forse si convincerebbero che avevo ragione a diffidare – da persona di sinistra ma deluso dalla sinistra – di quell’anziano uomo di potere americano che non è affatto un “deficiente” come sostiene l’ineffabile Federico Rampini, ma incarna, invece, la peggiore mutazione antropologica – direbbe Pasolini se fosse vivo – dei progressisti ed è stato il principale facilitatore, insieme ai suoi imitatori europei (compresa la mia ex amica giornalista), dell’avvento delle destre in tutto l’Occidente. Determinando quello che mi piace definire come la demenza senile, spero non irreversibile, della sinistra occidentale.
*Avvocato e scrittore
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