RENDE «Ho ringraziato il giudice che mi ha condannato a 13 anni, anzi avrei preferito 15 così questo scandalo avrebbe fatto ancora più rumore. Lo ringrazio perché sono stato eletto anche sulla scia di questa notorietà»: la vicenda giudiziaria è una ferita ancora aperta per Mimmo Lucano, che torna al Dam dell’Università della Calabria da europarlamentare di AVS per la presentazione del libro di Luca Casarini “La cospirazione del bene”. Anche per l’ex leader dei Disobbedienti si tratta di un ritorno, a 22 anni esatti dai giorni della grande mobilitazione no global seguita agli arresti che coinvolsero diversi attivisti cosentini per gli scontri al G8 di Genova nel 2001.
«La prima volta che mi sono candidato ho preso 3 voti, ora a Bruxelles voglio dimostrare che esiste un’alternativa alle destre e alla politica della cattiveria – ha aggiunto Lucano difendendo il “modello Riace”, centro di cui è tornato a essere sindaco per la quarta volta – Non ho ucciso nessuno né rubato, ho solo un conto corrente postale a Riace perché con le banche non ho mai voluto avere niente a che fare, anche se adesso in Europa mi hanno obbligato ad aprire un altro conto…». Sull’origine della sua ida di accoglienza ricorda – rivolgendosi all’arcivescovo metropolita di Cosenza-Bisignano, monsignor Giovanni Checchinato – di quando ai primi sbarchi sulla costa ionica un vescovo poteva arrivare su un’auto scassata per proporre ai «compagni» di accogliere i profughi in un convento. «Ecco – ha detto Lucano – non c’è nessuna invasione, l’accoglienza può avere anche una sua utilità per ripopolare i nostri borghi anziché creare tendopoli e baraccopoli: le case vuote, riabitate, riacquistano un senso. Riace in questo è stata un’avanguardia politica, un modello di speranza contro le leggi dal senso punitivo che si sono succedute in Italia, dalla Turco-Napolitano alle deportazioni disumane in Albania. E anche il centrosinistra ha le sue colpe» ha aggiunto raccogliendo l’applauso della folta platea del Dam, composta anche da tanti studenti. Ma ha riconosciuto all’allora governatore Loiero la «sfida al mondo» lanciata nel 2009 con la legge regionale 18 che disegnava un sistema integrato di accoglienza e inserimento socio-lavorativo di rifugiati e richiedenti asilo, «mi piace definirlo il modello Bregantini-Lucano».
«Da gennaio ad oggi sono morti nel mare Mediterraneo oltre 1.500 migranti, il 20 per cento dei quali bambini. Questa è la contabilità della morte e noi invece vorremmo narrare la vita. Vorremmo parlare di un’Italia che accoglie e che salva. Di un’Italia che diventa, grazie a questo, un grande Paese», ha detto Casarini, fondatore nel 2018 dell’organizzazione non governativa Mediterranea Saving Humans.
Nel suo libro – edito da Feltrinelli e scritto insieme a Gianfranco Bettin, con un testo di Papa Francesco – il racconto delle politiche sulla cosiddetta “emergenza immigrazione”: «Il nostro – ha aggiunto Casarini – è un messaggio di speranza perché tanta gente vede nei più deboli l’aspetto umano e la loro sofferenza. Certo c’è una narrazione di certi fenomeni funzionale al potere e questo non è un fatto nuovo. Da sempre il potere ha utilizzato la costruzione di un nemico esterno per non parlare dei problemi interni. Uno dei quali, per esempio, è che ci sono sei milioni di italiani che vivono sotto la soglia di povertà o che i giovani sono costretti ad emigrare. Questo è il grande tema dell’Italia, l’emigrazione dei nostri giovani all’estero, soprattutto dal Sud, per poter lavorare. Sono questi i grandi numeri che andrebbero considerati».
All’incontro moderato dalla giornalista Tiziana Barillà ha partecipato anche la docente Unical Mariafrancesca D’Agostino, che ha illustrato una approfondita casistica di esperienze legate al mondo dell’accoglienza, una «pratica del conflitto» che si scontra con politiche repressive e punitive.
Secondo monsignor Checchinato, per tutti l’amato “don Gianni” prima che l’arcivescovo, «abbiamo bisogno tutti di aprirci alla storia. La storia sì è sempre presentata, ma siamo noi quelli che fanno finta di non ricordare. E la storia, soprattutto nel Mediterraneo, parla di incontri di persone che emigrano. Abbiamo bisogno di fare memoria e riconoscere che anche noi siamo migranti, io stesso sono figlio di migranti… Chiudere gli occhi di fronte alle migrazioni significa chiuderli davanti alla storia. Il fatto è che i fenomeni migratori andrebbero gestiti in maniera intelligente e umana».
Nel corso del dibattito che è seguito alla presentazione, Casarini ha raccontato l’esperienza della Mediterranea: «Siamo in mare da 6 anni, le navi erano 2 e ora sono 18, noi ci siamo inseriti dove la sovranità nazionale confligge con il diritto internazionale». Poi ha attaccato le politiche di accoglienza («celebriamo ancora oggi il crollo del muro di Berlino ma di muri in Europa ne abbiamo costruiti altri 39») e ironizzato sulla sua attuale condizione di “immigrato”: «Da 15 anni ho scelto di vivere a Palermo e in un certo senso mi sto purificando dall’idiozia della contrapposizione nord-sud: ma ricordo che negli stadi d’Italia i veneziani venivano apostrofati come “terroni del nord” e io, di Porto Marghera, ero considerato inferiore rispetto ai veneziani del centro. C’è sempre qualcuno più a nord di te…». (e.furia@corrierecal.it)
Foto copertina: Deborah Naccarato
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