LAMEZIA TERME Era indicata come la “suora che lavora al carcere”, una religiosa che, all’interno dei penitenziari di Milano e Brescia riusciva a veicolare informazioni in virtù di un patto «siglato con Stefano Tripodi». È quanto scrive il gip del Tribunale di Brescia che ha firmato l’ordinanza di arresto nei confronti 25 soggetti, tra cui anche una suora, Anna Donelli (cl. ’66) di Cremona, finita agli arresti domiciliari.
Secondo quanto emerso dall’inchiesta della Distrettuale antimafia, infatti, la vicinanza della religiosa alla famiglia Tripodi «non appare né occasionale né insignificante» anche perché gli stessi capi del sodalizio avevano di fatto «la capacità di veicolare messaggi, tramite la stessa suora, all’interno degli istituti penitenziari di Milano e Brescia». A fare il nome della religiosa era stato anche Rosario Marchese, riferendo una «confidenza fattagli da Vincenzo Iaria secondo cui Tripodi, all’interno del carcere, riusciva a veicolare informazioni tramite una religiosa che operava». Una tesi che ha poi avuto un riscontro oggettivo, almeno secondo gli inquirenti. Ci sono, ad esempio, intercettazioni in cui Tripodi avrebbe chiesto alla suora Donelli di incontrare Francesco Candiloro (detenuto per reati di criminalità organizzata) nel carcere di Brescia e di stare con lui «fino al momento in cui non fosse presente nessun altro, per comunicargli che lei era “l’amica di Stefano”», annota ancora il gip nell’ordinanza.
L’accusa per la religiosa è di concorso esterno. In un incontro avvenuto negli uffici di Tripodi, in compagnia del figlio, i due indicavano Donelli come la «suora che lavora al carcere» e ancora, in tono rassicurante: «… se ti serve qualcosa dentro è dei nostri…». Un rapporto che Tripodi illustrava anche ad un altro soggetto, «rivendicando un’ampia collaborazione prestata dalla stessa per i rapporti di Tripodi con persone detenute», annota ancora il gip. «La stessa Donelli» annota ancora il gip nell’ordinanza «esprime la propria personale consapevolezza del potere della famiglia Tripodi quando descrive a Stefano Tripodi l’incidente avuto da una nipote» alla quale avrebbe riferito di «aver tranquillizzato la ragazza, dicendo che avrebbe pensato lei alla vicenda tramite i suoi “amici”». (g.curcio@corrierecal.it)
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