«Al commissario europeo Raffaele Fitto, persona stimata e perbene, è stato affidato un portafoglio importante, da oltre mille miliardi di euro. Posso dire, quindi: “Missione compiuta”». E poi: «La nomina di Fitto è adeguato al peso della nostra Nazione in Europa, è un risultato che conferma la centralità dell’Italia». Così esordisce la premier Giorgia Meloni nel suo intervento alla Camera, prima del Consiglio europeo del 19 dicembre. «La nostra straordinaria condizione di stabilità» rispetto «alle turbolenze politiche» di varie nazioni in Europa è «un importante capitale» ed è «interesse nazionale» sottolinearlo.
«L’Italia è più che interessata a contribuire al dibattito sul futuro ruolo dell’Europa come gestore delle crisi e partendo non tanto da proposte legislative che sarebbero premature ma dalla necessità di massimizzare gli sforzi nazionali ed europei in linea con il principio di sussidiarietà: l’Italia non è disposta a rinunciare a una eccellenza nazionale da Protezione civile ma possiamo condividere la nostra esperienza e il nostro saper fare con i nostri partner».
«Un’Europa che abbia la pretesa di essere più forte e autonoma non può prescindere dal comune impegno per rafforzare la sua difesa costruendo finalmente un pilastro Ue della Nato, da affiancare a quello americano con pari peso e pari dignità», ha detto ancora la premier Giorgia Meloni. «Il nostro impegno nei confronti dell’Alleanza atlantica rimane la pietra angolare della nostra sicurezza ma certamente – ha aggiunto – l’Europa deve puntare ad avere un ruolo maggiore al suo interno».
«L’accordo Ue-Mercosur deve offrire garanzie concrete e opportunità di crescita anche al mondo agricolo europeo, la cui redditività e competitività è stata in questi anni minata da una devastante deriva ideologica». «L’Italia – precisa Meloni – condivide la priorità geopolitica di tornare a investire su una forte presenza europea in America Latina, un continente di cultura molto simile alla nostra che rischiamo di abbandonare alla penetrazione politica ed economica di attori globali non occidentali, una prospettiva già in atto che indebolisce l’Europa e l’Occidente in un contesto globale in cui le crisi regionali e la forte spinta del Sud globale e dei BRICS+ portano a ridiscutere gli assetti di un mondo non più soltanto multipolare ma profondamente frammentato. Il problema che si pone oggi non è quindi l’opportunità geopolitica di procedere verso una nuova stagione di accordi di cooperazione politica e commerciale con i Paesi Terzi, quanto la sostenibilità dell’impatto di questi accordi su alcuni settori come l’agricoltura che hanno spesso pagato il prezzo più alto con l’apertura del mercato europeo a prodotti realizzati in Paesi Terzi nei quali non vengono rispettati gli stessi standard ambientali di sicurezza alimentare che imponiamo ai nostri produttori».
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