L’idea di trovare la “tavola apparecchiata” per sedersi e nutrirsi con nuove “pietanze elettorali” è un programma che non attecchisce al Sud del Paese, tanto che Salvini, padre putativo del Ponte che s’intendere realizzare sullo Stretto di Messina per unire stabilmente l’Italia e la Sicilia, poco potrà servire senonché per ingrandire il suo “campo di battaglia politico” sperando di conquistare consensi a destra e a manca.
Sembrerebbe che il Nord (sua patria politica e “culla” elettorale) lo abbia messo all’indice tanto che ha dovuto eliminare la dicitura “Salvini premier” dal simbolo del Partito.
Un gesto questo che l’esponente del Carroccio non aveva messo in conto, ritenendo impossibile che i suoi compagni di “cordata” gli potessero tirare un colpo mancino, mettendolo da parte. Fatto sta che il suo nome verrebbe tolto dal simbolo, nonostante sia stato, finora, “incoronato” leader e portato al Governo del Paese grazie alla messe di suffragi che ha ricevuto sin dalla sua prima scesa in campo. Gli rimarrà solo il ricordo del “boom” elettorale del 2018.
Salvini avrebbe dovuto capire che nel Partito si stava lavorando per metterlo da parte. Avrebbe dovuto capire che l’invito a “ritornare” a parlare del Nord e, segnatamente, della “questione settentrionale” fosse il campanello d’allarme che non ha “sentito”. E dire che aveva suonato più e più volte, soprattutto nel mese di dicembre scorso.
Che quello fosse l’inizio del dissenso era più che mai naturale. Che potesse essere l’inizio della “fine”, Salvini avrebbe dovuto capirlo sin da quando ha subito l’ennesimo “colpo” dalla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che gli ha detto di “no” per il suo ritorno al Ministero dell’interno, richiesta fatta dopo l’assoluzione nel caso “Open Arms”.
Quale sarà il futuro di Salvini visto che Giorgia Meloni ha escluso un rimpasto nei ministeri?
Forse godersi la vita da pensionato politico.
Il Corriere della Calabria è anche su Whatsapp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato
x
x