CATANZARO «Mi approccio a questo incarico cercando di avere come obiettivo quello di assicurare la continuità ad un ufficio che già viaggia a ritmi serrati, prescindendo dalle contingenze delle persone. Questi sono uffici virtuosi ma c’è da assicurare quella coesione anche interna tra i magistrati, rimanendo sempre un passo davanti a loro per difendere la loro autonomia e indipendenza». Visibilmente emozionato per un ritorno negli uffici della Dda di Catanzaro dopo 8 anni, il nuovo Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Salvatore Curcio, è pronto oggi ad insediarsi ufficialmente. Presenti questa mattina anche l’ex capo della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri, e poi il nuovo procuratore di Crotone, Domenico Guarascio, il capo della Procura di Vibo, Camillo Falvo. Ci sono anche il prefetto di Catanzaro, De Rosa, il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto e il sottosegretario all’Interno, Wanda Ferro.
E, in attesa della cerimonia, parlando con i giornalisti al suo ingresso, Salvatore Curcio ha rimarcato l’impegno delle Dda nella lotta contro la ‘ndrangheta. «Sono stato in questo ufficio alla Distrettuale per 20 anni, ho masticato la ‘ndrangheta in tutte le parti del mondo e in ogni stagione. È una problematica che ormai affligge la popolazione di tanti paesi su scala planetaria e la procura di Catanzaro ha avuto modo di compiere attività investigative e di collaborare con le autorità giudiziali di mezzo mondo, dalla Colombia all’Australia, dal Venezuela a tutti i paesi dell’Unione Europea all’area balcanica. La ‘ndrangheta è dappertutto ed è un qualcosa di cui tutti ne sono consapevoli».
Tema caldo di queste ultime settimane, il tema della giustizia con la riforma Nordio e la discussa separazione delle carriere. Secondo il procuratore Curcio tra politica e magistratura «non c’è nessuna lotta intestina, semplicemente la magistratura ritiene che separare la figura del pubblico ministero da quella del giudice sia un arretramento sotto più profili. Perché separare il pm dalla cultura della giurisdizione, dalla cultura della prova e del rispetto delle garanzie, secondo me, non rappresenta un buon investimento. Bisogna difendere l’autonomia e l’indipendenza del pubblico ministero. Questa riforma non ha nemmeno una spiegazione o una causa logica se andiamo a verificare poi quelli che sono i numeri. Il passaggio di funzioni dalla giudicante alla requirente e viceversa rappresenta meno dell’1%, quindi è una riforma che, presa così com’è, di per sé è del tutto inutile e che sicuramente non risolverà la problematica connessa alla speditezza dei processi e alla celerità della definizione dei procedimenti penali, sono altri i profili e le prospettive su cui forse si dovrebbe intervenire».
Il procuratore Curcio ammette che, in questi anni, c’è stata «una criticità e un gap di comunicazione tra i magistrati, le rappresentanze anche i sindacali della magistratura e la gente che ha difficoltà a capire determinate situazioni, ed è per questo che io auspico che, nel corso del mio mandato, riesca a mettere in piedi un ufficio che sia aperto alla cittadinanza, che comunichi e che sia vicino alla gente comune che soprattutto sia in grado di ascoltare, specialmente le voci dei più vulnerabili, perché la capacità di ascolto, oltre a garantire una giustizia efficiente a tutti, significa anche sapersi mettere in discussione». «Penso che i magistrati debbano rispondere con i fatti, facendo quotidianamente il loro lavoro non perdendo mai di vista la propria autonomia e indipendenza, rimanendo sempre vicini alla gente perché noi dobbiamo ricordare innanzitutto che, più che un potere, esercitiamo una pubblica funzione al servizio del popolo». (a.c.)
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