Riceviamo e pubblichiamo la lettera di una paziente diretta al dg dell’AO di Cosenza, Vitaliano De Salazar:
«Avrei fatto a meno di scriverle se non fosse per la rabbia che tanti pazienti, anche come me, oncologici, debbano provare subendo scelte aziendali.
Dall’esterno sembrano incomprensibili, in un contesto dove siamo già penalizzati per tempi di attesa eccessivi, anche per un esame diagnostico, per la mancanza di comunicazione tra reparti, per deficit organizzativo dei servizi, in gran parte causato dal poco personale medico e infermieristico presente. Le scrivo per portare alla Sua attenzione le gravi difficoltà che io e molti altri pazienti oncologici siamo costretti a subire nel nostro percorso di cura. La mia esperienza personale, purtroppo, riflette una realtà che non dovrebbe esistere in un sistema sanitario che si prefigge di tutelare la salute e il benessere dei cittadini. Sono consapevole delle difficoltà che il sistema sanitario calabrese sta attraversando, ma ritengo che sia indispensabile trovare soluzioni concrete per garantire a noi pazienti fragili, anche oncologici, un percorso di cura dignitoso ed efficace. Chi come me che ha deciso anni fa di curarsi in Calabria e ha toccato con mano anche l’efficienza del sistema sanitario di regioni del centro nord, comprende bene che spesso si sceglie di andare fuori dalla Calabria per la disorganizzazione dei servizi e non perché qui da noi non ci siano bravi medici. È l’organizzazione gestionale che fa la differenza e si fa fatica a capire alcune decisioni, prese dall’alto, senza una verifica dell’impatto sui pazienti, soprattutto ripeto, fragili. Da due mesi sono costretta a curarmi al Centro Trasfusionale dell’Annunziata. Qui, medici, infermieri e ausiliari, gestiscono ogni giorno un continuo viavai di pazienti provenienti da pronto soccorso ed esterno. Ci sono mattinate talmente piene di casi da curare, gestire, trasfondere, che il personale non ha un attimo di tregua, garantendo sempre e comunque un servizio adeguato e professionale. L’assistenza nei confronti dei pazienti è stata sempre attenta e precisa, vista la delicatezza trasfusionale praticata. Tra questo, non di minore importanza, l’organizzazione burocratica degli appuntamenti, per la gestione del gran numero dei pazienti, condotto fino a pochi giorni fa da Alessandro. Ricordo il nome perché era la persona che si prendeva in carico il paziente per la parte burocratica, verificava impegnative, codici fiscali, tessera sanitaria e, non ultima, la gestione degli appuntamenti. In sostanza l’interfaccia del reparto appena mettevamo piede nel Centro. Sempre gentile, professionale e disponibile a dare risposte a ogni nostra domanda sulla gestione dell’accesso. Un lavoro meticoloso, preciso e garbato che permette di gestire varie tipologie di prenotazioni provenienti dall’interno e dall’esterno dell’ospedale, e possiamo facilmente immaginare cosa significhi fare ciò per un nosocomio come il nostro, storicamente complesso, affollato e spesso in affanno per gli innumerevoli problemi che la nostra sanità affronta da sempre. Ieri mi sono recata al Centro Trasfusionale e la sua porta era chiusa. I pochi infermieri e i pochi medici erano già oberati di lavoro, in evidente difficoltà a gestire anche la parte burocratica dell’accesso e la gestione degli appuntamenti. Alla richiesta di spiegazioni, insieme ad altri pazienti, ci è stato detto che è stato trasferito per decisione dei vertici aziendali. Non so quali siano le ragioni di tale scelta, immagino ci siano altre emergenze, ma credo che quel servizio di segreteria tecnica che tutti i reparti sanitari fuori dalla Calabria con cui mi sono interfacciata hanno, sia essenziale. Non comprendo la decisione di sopprimerla causando difficoltà, disagio e mancata organizzazione per i pazienti e loro familiari e poi per medici e infermieri».
Lettera firmata
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