ROMA «Se un giorno entrerà un killer nella mia camera da letto, ricordati che a mandarmelo è stata sicuramente mia madre». Parole che colpiscono come un pugno nello stomaco. A pronunciarle Anna, la donna protagonista del libro “Libera”, scritto dalla giornalista Alessandra Ziniti, con la postfazione di don Luigi Ciotti e presentato nello spazio ExtraLibera, la sede nazionale dell’associazione a Roma. A impreziosire il volume, che racconta una storia di ribellione alla ‘ndrangheta, ci sono anche le parole di Papa Francesco: «Non siete sole, continuate a lottare». Un messaggio di speranza alle tante donne che con i loro figli sono costrette a condurre una vita di privazioni, sofferenze e paure, inglobate in contesti mafiosi da cui sembra quasi impossibile allontanarsi.
Un racconto di coraggio, resistenza e libertà. Il vero nome di Anna non lo sapremo mai, per la sua sicurezza e quella delle sue due figlie. Una donna più volte in fuga perché ha deciso di ribellarsi alle logiche della ‘ndrangheta. Dopo l’assassinio del marito – vittima di lupara bianca in Calabria – decide di chiedere aiuto proprio a don Ciotti e all’associazione Libera perché il suo desiderio più grande era far crescere le figlie in un contesto in cui potessero essere pienamente libere di seguire la propria strada e proteggerle così da un destino già scritto. Una testimonianza potente che viene raccontata nelle pagine scritte da Alessandra Ziniti. «Questo è un libro che parla e che grida, qui c’è la carne e la vita. Un libro che dà forza e speranza», ha spiegato nel corso della presentazione don Ciotti, che ha raccontato il primo incontro con Anna: «Mi ha chiesto una mano per lei e per le sue figlie. La loro storia ha cambiato la vita anche a me, così come l’ha cambiata e la può cambiare a tante donne». E’ una «storia di liberazione perché è una scelta libera nello spirito, – ha proseguito il fondatore di Libera – ma prigioniera di fatto perché impossibilitata a fare scelte diverse da quella della famiglia. Abbiamo la responsabilità di liberare la loro libertà. Questo ci spinge a fare tanto di più per altre donne». Il pensiero è andato inevitabilmente a Lea Garofalo, una donna il cui destino è stato diverso, e anche alla necessità di istituire una legge per tutelare tutte le donne che decidono di ribellarsi alle logiche criminali. Don Ciotti ha parlato del progetto “Liberi di scegliere” nato a Reggio Calabria con il magistrato Roberto di Bella, e ancor prima pensato da Ilario Pachi: «Quello che chiediamo è legge per tutelare queste donne che chiedono un cambiamento anagrafico, che vorrebbero potersi liberare da queste situazioni in modo definitivo, senza dover continuamente scappare».
«Non c’è una sola parola inventata in questo libro”, ha spiegato l’autrice Alessandra Ziniti, che ai microfoni del Corriere della Calabria racconta: «E’ la storia di una donna che era impigliata in una sistema familistico di ‘ndrangheta e che ha reso se stessa libera, con grande coraggio, determinazione e forza, nonostante la solitudine in cui lo Stato lasci le donne che vogliono liberarsi dal giogo delle mafie in questo Paese, e soprattutto ha reso libere le sue figlie». E la famiglia di appartenenza in questi casi riveste un ruolo fondamentale, da cui sembra impossibile affrancarsi: «La sua famiglia è stata il primo oppressore e grazie all’aiuto di don Luigi Ciotti, che per caso ha incontrato in Calabria, Anna ha avuto la forza e il coraggio di scappare con queste bambine piccolissime, ma da 15 anni vive una vita in fuga perché purtroppo in Italia non c’è un sistema di protezione per chi, e sono ormai tante le donne che in Sicilia, Calabria e Campania, vogliono sottrarre se stesse e soprattutto i propri figli a un destino che passa dal carcere al cimitero». Nella maggior parte delle storie sono i figli il motore di questa ribellione, un amore che va oltre la paura: «Le figlie di Anna – racconta Ziniti – oggi sono delle ragazze ormai grandi e si sentono delle donne libere, sono perfettamente consapevoli di quello che sarebbe stato il loro destino in Calabria, del grande atto di amore che ha fatto la madre per loro e si stanno costruendo una vita da donne normali». Una storia che dovrebbe arrivare a quante più donne possibili, per far capire che un’altra via ci può essere: «Questo libro vuole essere anche una testimonianza civile, c’è allo studio un disegno di legge in Parlamento, basterebbe un solo articolo per queste donne per consentire loro di cambiare identità. Solo questo. Non vogliono soldi, non vogliono case, non vogliono lavoro. Vorrebbero soltanto poter avere un nuovo nome per poter ricominciare una vita da un’altra parte». (m.ripolo@corrierecal.it)
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