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LA STORIA

«Uccidete la straniera», Rossella Casini: la condanna a morte emessa dalla ‘ndrangheta

La giovane fiorentina uccisa e fatta sparire a Palmi 44 anni fa. Il processo si è concluso con l’assoluzione di tutti gli imputati

Pubblicato il: 24/02/2025 – 19:05
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«Uccidete la straniera», Rossella Casini: la condanna a morte emessa dalla ‘ndrangheta

PALMI Un amore sbagliato, una morte atroce, l’esistenza segnata dall’incontro casuale e non desiderato con gli ambienti di ‘ndrangheta, una memoria ancora viva e un ricordo che persiste nonostante l’assenza di verità e giustizia. «Rossella Casini è uno straordinario esempio di ribellione» dice il procuratore Giovanni Bombardieri, oggi a Torino ma per anni impegnato a combattere la mala calabrese alla guida della procura di Reggio Calabria. La giovane nata a Firenze il 29 maggio del 1956, ha il viso dolce e negli occhi la voglia di vivere. Suo padre, Loredano, è un dipendente della Fiat e la madre, Clara è casalinga. La giovane ottiene la maturità all’istituto Magistrale “Capponi” di Firenze e poi decide di continuare gli studi e di iscriversi all’Università, al corso di laurea in psicologia

La faida a Palmi, il primo viaggio in Calabria

Rossella Casini vive in una palazzina dove trovano alloggio diversi studenti, ed è li che conosce Francesco Frisina, iscritto al corso di Economia dell’Università di Siena, originario di Palmi. E’ il 1977, quando i due giovani si innamorano sognando una vita felice insieme. L’amore è puro e convince i coniugi Casini a scendere in Calabria per conoscere la famiglia del ragazzo.
A Palmi, le strade sono insanguinate dalla faida tra i clan di ‘ndrangheta rivali, da una parte i Condello – Parrello e dall’altra i Gallico – Frisina. Per oltre dieci anni morti ammazzati, agguati ed omicidi segneranno il centro reggino, un mondo troppo lontano da quei giovani sorridenti e innamorati avranno pensato i genitori di Rossella. Ma il destino era segnato, quell’incontro d’amore sarà macchiato e sporcato dal sangue.

Il 1979

Trascorrono due anni dal primo viaggio in Calabria e nel 1979, Rossella torna a Palmi in compagnia della madre. E’ estate, quando Domenico Frisina, padre del fidanzato di Rossella, viene ucciso mentre si trova in contrada Pirara. L’episodio getta lo sconforto nel cuore della giovane, che nonostante il pericolo decide di rimanere accanto a Francesco. Che il 9 dicembre dello stesso anno rimarrà vittima di un agguato consumato a colpi di pistola. Un proiettile lo raggiunge alla testa e costringe il giovane al ricovero. le condizioni disperate dei primi giorni, lasciano spazio ad una speranza di guarigione ed allora Rossella Casini spinge per il trasferimento all’ospedale di Firenze: un modo per offrire al proprio compagno le migliori cure possibili ma anche e soprattutto per allontanarlo dagli ambienti criminali. Il giovane accetta e addirittura inizia a raccontare dettagli della faida di Palmi ad un poliziotto. E’ il 14 febbraio del 1980, il giorno di Sa Valentino festa degli innamorati, quando Rossella testimonia davanti al procuratore fiorentino Francesco Fleury, rilasciando dichiarazioni pesanti. L’indagine viene trasmessa alla procura di Palmi e la famiglia Frisina viene a conoscenza del fascicolo aperto. Da quel momento la giovane fiorentina sarà destinataria di minacce, ma continuerà a fare la spola tra Firenze e Palmi nonostante il timore dei genitori. Il 21 febbraio del 1981, Rossella si reca dal giudice del Tribunale di Palmi e firma un memoriale, in cui ritratta tutte le confessioni rese. Pensa di poter chiudere la faccenda e i conti con la famiglia Frisina. Ma il tribunale della criminalità organizzata palmese ha già emesso il verdetto: «Uccidete la straniera». Il giorno successivo, Rossella chiama suo padre, gli confessa di trovarsi in compagnia di amici alla Tonnara di Palmi e di essere in procinto di tornare a casa, a Firenze. Sarà l’ultima volta in cui Loredano sentirà la voce di sua figlia, poi di Rossella Casini non si avranno più notizie. Il suo corpo non è mai stato trovato, è sparita nel nulla inghiottita dalla feroce vendetta di criminali senza scrupoli.

Le parole del pentito

Tredici anni di silenzio riempiono le vite sgretolate dei coniugi Casini. Nel luglio del 1994, Loredano legge il quotidiano La Nazione e il cuore si ferma quando incrocia la confessione resa da un collaboratore di giustizia che narra ai magistrati quanto di sua conoscenza sulla scomparsa di Rossella. Il padre apprende dai giornali del triste e drammatico epilogo sua figlia è stata uccisa e fatta a pezzi. La macabra scoperta getta i coniugi nello sconforto. Il processo si apre nel 1997 e giungono puntuali ulteriori dichiarazioni rese da un altro pentito: Vincenzo Lo Vecchio, un siciliano latitante a Palmi e protetto dai Gallico. Riferirà dettagli macabri sulla morta della giovane fiorentina, «torturata, uccisa e il suo corpo fatto sparire». Ma non è tutto. Secondo il collaboratore di giustizia, la famiglia Frisina avrebbe tentato di accusare dell’omicidio il clan Condello e alla condanna a morte della donna avrebbe dato il proprio assenso anche il fidanzato, Francesco. Il processo, segnato da rinvii, si conclude nel maggio del 2006: la Corte d’Assise di Appello del Tribunale di Palmi emette la sentenza di assoluzione di tutti gli imputati per insufficienza di prove.

Il ricordo e la memoria

Oggi Rossella Casini rivive nella memoria di chi non dimentica, quella delle vittime innocenti della mafia, nei presìdi antimafia, in una Università della Ricerca, della Memoria e dell’Impegno a Limbadi, diretta da Don Ennio Stamile, che porta il suo nome e ha sede in bene confiscato alla ‘ndrangheta. Il 2019, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha insignito Rossella Casini della Medaglia d’oro al valore civile. (f.b.)

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