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Cosenza calcio, la rassegnazione e l’indifferenza

I tentativi deboli della politica e l’impotenza della tifoseria la cui passione è stata nuovamente calpestata

Pubblicato il: 26/02/2025 – 10:47
Cosenza calcio, la rassegnazione e l’indifferenza

COSENZA Rassegnazione. È il sentimento che avvolge da tempo, troppo tempo, l’ambiente cosentino. Il Cosenza calcio è a un passo dal baratro, la retrocessione in serie C sembra ormai inevitabile e ciò che emerge maggiormente è che non si sia fatto nulla per provare ad evitarla.
La rassegnazione ha colpito soprattutto la tifoseria, ormai impotente di fronte a chi muove i fili del gioco. Le proteste verso una proprietà sorda e indifferente, si stanno facendo col tempo fiacche, anacronistiche, inutili. Perché si è compreso che continuare a sbraitate contro un muro di gomma, rovina il fegato e non risolve il problema. L’ultima, in ordine di tempo, è quella del Centro Coordinamento Club che ha chiesto a malincuore alla città di abbandonare gli spalti del “San Vito Marulla” per lanciare un segnale di dolore che, come al solito, non verrà ascoltato da chi dovrebbe essere ascoltato.
La rassegnazione è anche una conseguenza della consapevolezza che persino la politica cittadina, a partire dal primo cittadino Franz Caruso, può fare poco. L’intervento “trionfale” dello scorso 6 febbraio di quest’ultimo (ci riferiamo all’incontro con il patron rossoblù Eugenio Guarascio), si è rivelato un flop, una passerella di autoesaltazione neanche troppo camuffata, che non ha portato ad alcuna svolta. Anzi, da allora, cioè da quando l’imprenditore lametino ha promesso, senza volerlo veramente, che cederà la società, sulla Cosenza pallonara è sembrato calare un buio pesto, inquietante.
La rassegnazione per un destino che sembra ormai scritto da mesi, la si legge nella fragilità del direttore sportivo Gennaro Delvecchio, protagonista qualche settimana fa di una conferenza stampa evanescente, in cui si è compresa, una volta per tutta, la sua totale inefficacia all’interno del club. E allora perché – gli è stato chiesto in quella circostanza – non dimettersi come ha fatto Giuseppe Ursino? Una domanda retorica a cui è stata data una risposta altrettanto retorica: «perché non abbandono la nave».
La rassegnazione oggi è stampata sul volto dell’eterno sfiduciato Massimiliano Alvini, le cui conferenze stampa, anche per smarrimento e resa collettiva dei giornalisti, ormai durano una manciata di minuti e sono prive di slanci credibili, di parole nuove, di speranza supportata da fatti evidenti. Come tutti i suoi predecessori, circondato dal vuoto societario e dirigenziale, ha finito per perdere la bussola, ma, come è quasi giusto che sia (il calcio è questo e bisogna accettarlo), anche per lui lo stipendio prevale sulla dignità delle dimissioni che a questo punto favorirebbero soltanto la società.
La rassegnazione riguarda anche la squadra, non più in grado di lottare per più di venti minuti a partita.
La rassegnazione, infine, pervade persino il patron Eugenio Guarascio, l’uomo delle frasi e delle decisioni improvvisate, che oggi più che mai rende chiara, cristallina, la sua uscita di qualche anno fa, quando definì il Cosenza calcio solo un passatempo, un hobby rispetto ai suoi molteplici e più rilevanti interessi. Ecco, proprio oggi quegli stessi interessi extracalcisti sembrano aver affondato ulteriormente la barca rossoblù che Guarascio ha condotto alla meno peggio in questi ultimi 14 anni. Il Cosenza calcio non può competere con i pensieri ingombranti dell’inchiesta della Dda di Catanzaro che vede indagato l’imprenditore insieme ad altre persone per smaltimento illecito di rifiuti. E ne rifiuti è stata gettata proprio la passione di una città, forse non solo sportiva, ormai da tempo abbandonata al suo destino. (fra.vel.)

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